FOOTBALL PORTRAITS - John Terry, Natural Born Leader

Guerin Sportivo ©

Alla sua prima partitella al Chelsea, un sedicenne dai capelli a spazzola lascia interdetti i veterani Gianluca Vialli e Mark Hughes. Non per il talento o per come ci dà dentro per far vedere quanto vale, ma per quanto l’imberbe ragazzino grida. A loro. Lungi dal debutto, Terry già urlava cosa fare a due che, insieme, sommavano 131 caps e 24 trofei. Quando si dice leader nato.

«Se serviva dire che sbagliavano o che non si sforzavano abbastanza, lo facevo», dirà Terry otto anni dopo, nel maggio 2005, fra un sorriso e un’alzata di spalle. «Sin dagli inizi non mi è mai importato di quanto io fossi alle prime armi e gli altri superstar. Per come la vedo io, in campo siamo tutti uguali e devo dire le cose come stanno. Che senso ha scodinzolare dietro i campioni? Non serve a nessuno». 

Fuori del campo, sbavava ancora per un autografo come un tifoso qualsiasi, ma una volta varcata la linea bianca, timori e soggezioni sparivano. «E sa una cosa? Credo mi rispettassero, per questo. All’inizio erano spiazzati, ma presto apprezzarono la mia propensione ad assumermi le responsabilità, a essere leader». Era sempre stato così, sin dai primi calci.

John George Terry è nato il 7 dicembre 1980 a Barking, nell’Essex, East End londinese. Piena zona-West Ham United. 

A dieci anni, WHU e Millwall lo chiamano per un provino. La spunta il club claret and blue, ma a differenza dei concittadini Bobby Moore e Trevor Brooking, perenni idoli Hammers, il ragazzo prodigio della Comet e della rappresentativa scolastica alla Eastbury Comprehensive finisce al Chelsea, dove è sempre rimasto tranne i mesi, da marzo a maggio 2000, trascorsi in prestito al Nottingham Forest (5 presenze, una dalla panca). 

Ai Blues arriva a quattordici anni dal Senrab, squadretta vincitutto della Sunday League nella quale era arrivato dopo due stagioni nella Comet e in cui militano Bobby Zamora e Paul Konchesy (oggi entrambi al West Ham Utd), Ledley King (Tottenham Hotspur) e Jlloyd Samuel (Aston Villa). Aggregato alle giovanili a 16, firma il primo contratto da pro’ a 17 e passa da 184 a 1000 sterline al mese.

E pulisce le scarpe da gioco a Dennis Wise, Eddie Newton e David Lee. Un paio di centrali malati convincono Bob Dale ad arretrarlo dalla mediana alla terza linea. E da lì John non s’è più mosso. 

In prima squadra debutta il 28 ottobre 1998 rilevando nel finale Dan Petrescu nel 4-1 all’Aston Villa in Coppa di Lega e da titolare la stagione dopo, nel terzo turno di FA Cup: 2-0 esterno sull’Oldham Athletic. 

Il primo gol data 1999-2000, nel 5-0 sul Gillingham in FA Cup. Dall’agosto 2004, partito Desailly, Ranieri lo nomina capitano. Due anni dopo, conclusi i sei anni di Beckham, lo è anche della nazionale maggiore, nella quale ha debuttato il 3 giugno 2003, 2-1 alla Serbia-Montenegro al Walkers Stadium. 

La prima da titolare è il 3-1 alla Croazia nell’amichevole al Portman Road, il 20 agosto, gara finita da terzo capitano dopo una miriade di sostituzioni.

La fascia al braccio la portava già nella Under 21 nel 2001-02, ed è a quei tempi che risalgono i suoi primi guai fuori del campo. 

Nel gennaio 2002, eluso il coprifuoco del club, col compagno Jody Morris e Des Byrne, difensore del Wimbledon, viene arrestato per la rissa al Wellington Club, locale notturno di Knightsbridge, Londra ovest. Scottata dal caso Bowyer-Woodgate, la FA lo sospende da tutte le nazionali. Nell’agosto 2002 viene scagionato dall’accusa di aggressione ma intanto addio Mondiale nippocoreano.

Splendido negli inserimenti e nelle chiusure, forte di testa, Terry non è l’atleta più elastico del pianeta e non è veloce nello stretto, ma ha fisico (185 cm x 88 kg) e tempismo eccezionali, sa leggere le situazioni di gioco e in quanto a “presenza” - non solo difensiva - ha pochi eguali. Quanto alla grinta, basti il recente scontro con Boa Morte del West Ham Utd: quello mette un piedino maligno contro il portiere Cudicini in uscita. Alex, l’altro centrale, il portoghese se lo è mangiato, Terry lo ha preso per il collo. Alla lettera.

Titolare a Euro 2004 e al Mondiale tedesco, è - con il sodale Lampard e Gerrard - l’anima dell’Inghilterra che lui più di ogni altro vorrebbe fosse guidata dal suo ex tecnico al Chelsea. «Mourinho fa la differenza - dice JT - È un grande, tatticamente è molto preparato e legge benissimo la partita». 

Prima di scegliere il successore di McClaren, la FA ha avviato delle ‘consultazioni’: oltre a Terry sono stati ascoltati, fra i tanti, Platini, Beckenbauer, Ferguson e Wenger. «José è la persona giusta, devono contattarlo. Ho incontrato il presidente Brian Barwick, ma sono questioni private. Abbiamo parlato del nuovo Ct e di molte altre cose. Fa bene ad ascoltare vari pareri prima di decidere. Sarei felice di lavorare di nuovo con Mourinho, con lui non ho mai avuto problemi. Mi ha scritto qualche giorno fa per chiedermi come stavo [dopo l’infortunio a un ginocchio occorsogli in allenamento prima del match con la Russia, ndr]. Siamo in ottimi rapporti. Al Chelsea ci ha portati a un livello superiore. Sono stato molto fortunato ad aver lavorato con lui». Stima ricambiata, visto che “The Special One” lo considera il «giocatore perfetto».

Dopo l’apprendistato all’ombra di Rio Ferdinand e di Sol Campbell, finiti in concorrenza per giocargli al fianco, fin qui non si è dimostrato tale anche in nazionale. E certo non gli ha giovato il festino hot da 75.000 euro per il 26º compleanno di Shaun Wright-Phillips. 

Il 27 ottobre, nel weekend pre-Croazia, l’infortunato Terry, ubriaco perso, ha urinato sul pavimento del Wardour Club di Londra e in una tazzina di plastica. Il tutto alla presenza della moglie Toni Poole e con contorno trasgressivo - fra altri nazionali e ballerine di lapdance - che vi risparmiamo.

Comportamento poco da capitano, figuriamoci se sei la stella più pagata nella storia della Premier League: 810.000 euro mensili fino al 2012. «Ingaggio osceno», lo ha definito il ministro dello Sport, Gerry Sutcliffe. L’esplosivo mix tra party, paga e pruriti ha riesumato, di Terry, scheletri che parevano seppelliti. 

Il più spaventevole, il 12 settembre 2001: al Posthouse hotel di Heathrow, quando con Gudjohnsen, Lampard e Morris – come lui sbronzi marci - diede scandalo dinanzi a centinaia di americani disperati e bloccati in aeroporto per l’attentato alle Twin Towers del giorno prima. I quattro pagarono con il massimo della pena, due settimane di stipendio (195.000 euro complessivi, poi devoluti alle vittime del World Trade Center), la «condotta irresponsabile e del tutto fuori controllo». Era un altro Terry, ma il passato, a volte, ha un brutto vizio: ritorna.

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