IL LADRO DI BAMBINI



Il rapitore di Patrizia Tacchella: «Ho sbagliato, ora aiuto i poveri»
Valentino Biasi è libero: «Ero disperato, volevo morire». 
Sequestrò la figlia del patron della Carrera. Ora studia teologia: «Ho scoperto la fede»

di Andrea Priante
Corriere del Veneto, 11 settembre 2010

MONCALIERI (Torino) — Ci sono criminali che non cambiano mai. Altri che promettono di farlo. E altri ancora che invece diventano persone nuove. Valentino Biasi è uno di questi, un «redento », assicura chi gli sta intorno. «Ora cerco di recuperare alle cose brutte che ho fatto mettendomi al servizio degli altri», dice. Ha 72 anni, i capelli grigi, un presente tra casa e chiesa, scandito dalle visite agli anziani che assiste, l’aiuto ai senzatetto e al parroco di Moncalieri (Torino) al quale dà una mano. E un passato da ladro di bambini. 

La «libertà» 

Biasi è stato il rapitore di Patrizia Tacchella, la figlia di Imerio, il patron della Carrera, e di altri tre bambini: Pietro Garis di cinque anni, Giorgio Garbero, di quattro, e Federica Isoardi di otto anni. Era un insospettabile geometra che per diventare ricco si inventò, con altri due complici, quella sorta di «Anonima subalpina» che seminò il terrore nel nord Italia. Già da qualche tempo gli è stata concessa la liberazione condizionale, e a distanza di vent’anni da quel sequestro che tenne il Paese intero con il fiato sospeso continua a vivere nel paesino del Piemonte. Se avesse scontato la pena per intero sarebbe uscito a ottant’anni. 

La redenzione 

Parla da fervente cattolico. «Ho fatto - assicura - un percorso personale e spirituale. Ora, attraverso la parrocchia, aiuto i senzatetto e faccio servizio notturno di emergenza per gli anziani. È la fede che mi ha fatto cambiare. Dio ci salva in cielo e in terra, se si impara a vivere e a sorridere ». L’ex rapitore in cella leggeva Platone, studiava (si è laureato in sociologia) e pregava assieme al cappellano Leandro Caldera, la sua guida spirituale. «Valentino Biasi è cambiato - assicura il sacerdote - è una brava persona che ha capito i suoi sbagli e chiesto perdono». 

Il carcere 

Don Leandro racconta di un percorso spirituale lungo e sorprendente. «In prigione voleva suicidarsi - rivela - ma abbiamo parlato a lungo e ha capito che c’è sempre tempo per redimersi». Era la fase più buia della sua vita. «Ero disperato - racconta Biasi - perché quando hai trent’anni da scontare non fai che piangere e pregare Dio che ti tolga la vita». 

Il rapimento 

La piccola Tacchella aveva otto anni quando venne rapita, il 29 gennaio del 1990, dalla banda della quale facevano parte, oltre a Biasi, l’imprenditore Bruno Cappelli e il titolare di una radio piemontese, Franco Maffiotto. Presero la bimba quando uscì dalla sua casa a Stallavena per andare a comprare delle caramelle e la trasferirono in un rustico a San Lorenzo della Costa, sopra Santa Margherita Ligure, di proprietà della moglie di uno dei sequestratori. Per liberarla chiesero alla famiglia di Patrizia 5 miliardi di lire. Furono giorni terribili, scanditi dagli appelli di Imerio Tacchella e dalle manifestazioni di piazza, con i bambini in prima fila. Perfino il Papa implorò i rapitori di liberarla. La svolta arrivò il 17 aprile, quando gli investigatori, coordinati dall’attuale procuratore aggiunto di Verona, Angela Barbaglio, individuarono il nascondiglio. Polizia e carabinieri si appostarono davanti all’abitazione. Vennero raggiunti dai Nocs e dagli uomini della Criminalpol. Arrivò l’ordine di agire: i Gis, con il volto coperto da calzamaglie e le mitragliette in pugno, accerchiarono la casa e liberarono la bambina. Solo in seguito i tre rapitori confessarono di essere gli autori di altri tre sequestri, messi a segno tra Torino e Cuneo. 


Il perdono «Ho chiesto perdono ai famigliari di quei bambini - ricorda Biasi - e me l’hanno concesso. Il papà di Patrizia Tacchella scrisse una lettera a un giornale, mentre il padre di Garbero è venuto a trovarmi due volte, dal Sudafrica dove vive. Abbiamo parlato a lungo e ci siamo stretti la mano». Anche il suo avvocato di allora, Michele Polleri, assicura che «è un uomo nuovo, sinceramente pentito per quello che ha fatto». A 72 anni Biasi continua il suo percorso di redenzione. Nel 2008 ha chiesto la grazia a Giorgio Napolitano, che l’ha respinta. «Continuo a studiare teologia - spiega - nella speranza di poter diventare Diacono, un giorno. Ma dubito che il vescovo me lo conceda, a meno che il presidente della Repubblica non ci ripensi e decida di darmi la grazia». 

Andrea Priante

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