FOOTBALL PORTRAITS - Pelé 70, sette volte 10 (2010)


Dieci. Nel calcio, il numero perfetto. Settanta, sette volte dieci. Tanti auguri, "O rei". Il calciatore perfetto. Se oggi abbiamo Messi, l'evoluzione della specie, lo dobbiamo a lui: Edson Arantes do Nascimento. Il più grande? Pelé, per chi lo ha visto giocare. Maradona per chi Pelé lo ha visto solo in qualche granuloso filmato, magari in bianco e nero. 

Già, o bianco o nero: Maradona o Pelé. Da qui non si scappa: il sogno, il mito, la poesia del Dieci moderno comincia ma non finisce con loro. Ma è stato Pelé il primo a ridefinire il ruolo. Un non-ruolo, perché il dieci è soprattutto estro, fantasia, irrazionalità. Libertà di inventare calcio.

Prima di lui il 10 era il genio irregolare di Meazza e Sivori, la classe pura di Valentino Mazzola e Di Stefano, la lucida follia di Schiaffino e Rivera, la potenza di Puskas e i ricami di Kubala, monumento a cui il Barcellona ha dedicato la statua davanti al Camp Nou.

Poi c'è stato lui, Pelé. Un fisico compatto nato, e costruito, per il calcio. Il pacchetto completo: tecnica, atletismo, forza , velocità e resistenza, visione di gioco, ambidestro perfetto. Un talento infinito, infinito come il suo hang time: un tempo di sospensione da Jordan ante litteram, ma su un prato verde.

Dopo, negli anni 70, Cruijff - che giocava col 14 ma pensava da dieci - e Zico, l'idolo di Baggio; negli ottanta Maradona e Platini e Matthäus, un carrarmato che lasciò l'amato "8" solo perché fu Trapattoni a imporglielo.

Negli anni 90 la crisi del ruolo ha fatto degenerare in seconda punta o nove e mezzo come Platini definì Baggio. Il trequartista/rifinitore ed ecco allora Mancini, un acerbo Ancelotti che a Parma rifiuta Baggio e Zola, Boban e Savicevic piegati al 4-4-2. E mentre all'estero spopola il genio ribelle di Hagi e Michael Laudrup, Rivaldo e Ronaldinho, quello "vero", da noi resistono solo Del Piero, Totti e Zidane: "un elefante coi piedi da ballerina", secondo Valdano. L'evoluzione della specie. Fino a Sneijder e Messi, l'ultima stella e l'astro nascente.

Ma il Sessantotto che ha rivoluzionato il ruolo, il "Woodstock" capace di portare il Dieci sulla luna è stato lui, Pelé. La battuta più bella e insieme cattiva gliel'ha riservata quel perfido izquierdo di Rivelino. Un giorno, insieme in ritiro con la Seleção, gli fa: "Di', la verità: ti sarebbe piaciuto essere mancino, eh?". Come a dire, nessuno è perfetto, neanche uno che in carriera ha segnato oltre mille gol. Ma se c'è qualcuno che c'è andato vicino, quello sei tu.

Buon compleanno, "O rei". E settanta volte grazie. Sette volte... dieci. 
Il calciatore perfetto.
PER SKY SPORT 24, CHRISTIAN GIORDANO
23 ottobre 2010

Commenti

Post popolari in questo blog

Dalla periferia del continente al Grand Continent

Chi sono Augusto e Giorgio Perfetti, i fratelli nella Top 10 dei più ricchi d’Italia?

I 100 cattivi del calcio