Haile dice addio. New York scopre un altro Gebre
AP
In alto: il vincitore, l’etiope Gebre Gebremariam, 26 anni.
Sopra: Haile Gebreselassie, 37, sulle strade di New York prima del ritiro
Gebrselassie abbandona e (forse) si ritira Gebremariam vince all’esordio sulla distanza
8 Nov 2010 - La Gazzetta dello Sport
PIERANGELO MOLINARO
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New York nel segno dei Gebre. Gebre Gebremariam, il 26enne etiope della regione del Tigrai che all’esordio sulla distanza ha vinto la maratona della Grande Mela, Gebre come Haile Gebrselassie, 37 anni, che dopo essersi ritirato al 25˚ km per problemi al ginocchio destro, ha annunciato a sorpresa anche il ritiro dalle competizioni dopo una carriera leggendaria durata 18 anni. Una cascata di emozioni.
L’attesa
Haile Gebrselassie alla vigilia aveva lanciato propositi battaglieri: «Sono venuto a New York per vincere. E’ la mia prima volta in questa classica che non può mancare dalla mia storia». Haile non è mai stato uno sbruffone, aveva lavorato duro rinunciando a molte altre gare e relativi ingaggi per arrivare preparato, ma già era arrivato nella metropoli statunitense con qualche problemino al ginocchio destro.
Il dramma
Forse quel dolore l’ha sottovalutato. Giovedì per promuovere una scarpa del suo sponsor avrebbe dovuto correre con alcuni giornalisti. Aveva rinunciato e tutti pensavano per evitare la pioggia, invece era quell’articolazione che lo preoccupava. Ieri è partito con il gruppo di testa con tutti i migliori di questa maratona senza lepri. Tante volte è stato lui a dettare il ritmo, sino al 18˚ km. Poi ha cominciato a sfilare nelle retrovie mentre davanti soprattutto i keniani Emmanul Mutai e Moses Kigen Kipkosgei cominciavano a tirare i primi colpi di fioretto. Sceso dal Queensboro bridge, al 25˚ km all’ingresso della First Evenue Gebre si è fermato.
Le parole
L’hanno portato in auto sino alla sala stampa di Tavern of tre Green, lì Haile si è seduto su una sedia e si è messo a piangere. «E’ successo, non posso cambiare quello che è stato — ha detto fra le lacrime— Mi fermo qui. Mi sono allenato molto per vincere questa corsa, ringrazio tutti, mi avete aiutato molto. Mi fermo qui. Non avevo mai pensato al ritiro, maoggi mentre correvo ho capito che il momento è arrivato. E’ dura combattere con questi ragazzi, èmeglio fare una scelta». Parole che, ore più tardi, il suo manager Jos Hermens in qualche modosfumava: «La decisione non è definitiva».
La gara
Chi stava lottando per la vittoria non conosceva il dramma di questo monumento dell’atletica. Gebre Gebremariam, campione mondiale di cross nel 2009, esordiva sulla maratona e non ha fatto altro che seguire il ritmo che soprattutto Mutai imponeva davanti. Ha lanciato l’attacco quando era già in Central Park, un attacco deciso, che ha mostrato quanto questo atleta, bravo in pistamanon eccelso, può dare su questa distanza, un potenziale enorme, considerando la velocità che ha costruito in anni di militanza fuori dalla strada. Ha tagliato il traguardo con un minuto e 4 secondi di vantaggio. « Ho aspettato il finale per attaccare ed è stato il momento giusto. Nessuno pensava potessi vincere e farlo ha New York ha un sapore particolare», ha detto il vincitore dopo il traguardo. Fra le donne si è imposta la keniana Edna Kiplagat in 2h28’20" con 20" di vantaggio sulla statunitense Shalane Flanegan, bronzo olimpico dei 10.000 pure lei all’esordio sulla distanza.
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