FOOTBALL PORTRAITS - Llorente, gigante buono per davvero
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Il gigante buono è buono per davvero. Tifosi juventini non temete: Fernando Llorente Torres non somiglia né all'ex fenomeno smarritosi al Chelsea né all'oggetto misterioso Nicklas Bendtner. L'ormai ex centravantone del Bilbao è un attaccante moderno e completo che sa fare tutto, specialmente i gol. E a parametro zero, è molto più che un gran colpo di mercato.
Immarcabile sui palloni alti, ha nella rapidità di piedi, nella progressione e nel gioco spalle alla porta i suoi autentici punti di forza. Insieme alle spizzate sul pelotazo, la palla lunga. Fino a un paio di stagioni fa era il carattere, in apparenza molle, uno dei suoi pochi punti deboli. Le liti col Loco Bielsa e la querelle per il non-rinnovo con l'Athletic hanno spazzato via anche gli ultimi dubbi. A 28 anni "el Rey Leon" è pronto anche per la giungla delle aree e delle sale stampa italiane.
Navarro di Pamplona, ma solo per nascita, Llorente è cresciuto a Rincon de Soto, nella regione di La Rioja, una terra famosa per le pere. Facili le battute quando "Madari" (pera in spagnolo), dopo il debutto da predestinato, sembrava non maturare mai. "Non ha il carattere", dicevano del potenziale erede di Dani e Urzaiz, storici numeri nove bilbaini tra gli anni Settanta e Duemila. Dani ha segnato alla media di un gol ogni due partite per dodici stagioni. Urzaiz è stato forse il più forte colpitore di testa dopo il madridista Santillana.
Nella scorsa Liga, con Soldado del Valencia, ha vinto il trofeo Zarra come miglior marcatore spagnolo, dietro i fenomeni Messi e CR7; e dietro la Pulce argentina nel 2005 ha vinto la Scarpa d'argento al mondiale Under 20.
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