HOOPS PORTRAITS - Sterling, il crollo del palazzinaro


Sedici giugno 1981: Donald T. Sterling, palazzinaro di Chicago che negli anni sessanta ha fatto fortuna a Beverly Hills, per 12,5 milioni e mezzo di dollari acquista i San Diego Clippers. Come, San Diego? Sì, e dopo la prima vittoria, impazzito di gioia, attraversa di corsa il campo per andare ad abbracciare coach Paul Silas, pelle nera, nerissima.

Tempo tre stagioni, nell’84 Sterling trasferisce i Clippers a Los Angeles. Come, Los Angeles? Sì. In tanti pensavano veleggiassero ad Anaheim, ma Sterling aveva un sogno: sfidare i Lakers, e il loro pubblico di celebrities, sul loro terreno. Vip di Hollywood che erano anche amici suoi e che mai avrebbero tradito i gialloviola, col Forum di Inglewood lì, a dieci miglia da L.A.

Trent’anni dopo, oggi, la rivista economica Forbes valuta l’ex barzelletta della lega 575 milioni di dollari. Chissà quanto si è deprezzata dopo il polverone mediatico che ha condannato senza processo Sterling per le frasi razziste che il sito di gossip Tmz ha rubato da una sua presunta telefonata privata alla compagna Vanessa Stiviano (vero nome María Vanessa Perez, alias Monica Gallegos, Vanessa Perez o Maria Valdez, nda). Magic Johnson, amico della Stiviano oltre che imprenditore di successo, è stato uno dei più duri. E forse non è un caso che sia lui uno dei papabili a rilevare la franchigia. Anche se l’ex leggenda Lakers ha già smentito ogni interessamento.

L’NBA è liberissima di sanzionare Sterling ma non intimargli di vendere i Clippers. E la lega stessa rischia, da Sterling, di imbarcarsi in una causa milionaria. Contro il magnate poi c’è il suo passato, raccontato in tempi non sospetti da Federico Buffa in telecronaca su Sky Sport: “In tribunale ce lo hanno portato varie femmine oppure gente che si riteneva razzialmente discriminata, perché non sempre lui ha affittato le tante case che ha, diciamo così, alle minoranza etniche e di colore”.

“Ripugnanti”, così il proprietario dei Dallas Mavericks, Mark Cuban, ha definito le parole attribuite a Sterling. Lo stesso Cuban però in punta di diritto ha centrato un aspetto che in troppi hanno trascurato: “Se la questione è condannare qualcuno per qualcosa che è stato detto in privato, e poi registrato, be’, questo è un terreno scivoloso sul quale io non voglio addentrarmi”.

Prima ancora di conoscere la decisione della NBA, hanno preso il volo sponsor importanti. Dollari sonanti che su quel “terreno scivoloso” non vogliono metter piede. Per Sterling, probabilmente, non c’è insulto peggiore.
Sky Sport 24, 29 aprile 2014

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