Pallone e bicicletta. Tu vedevi lontano



Addio, signor Hoonved - Erminio Dall’Oglio se ne è andato: silenzio e inchino


In una vecchia intervista degli anni 80 del grande Natale Cogliati si legge: «Calcio e ciclismo sono per lui come due donne che non si possono amare allo stesso modo». Cogliati stava parlando del commendatore Erminio Dall’Oglio, all’epoca successore dell’indimenticabile Cumenda Giovanni Borghi come finanziatore del Varese.


«Dalla valle delle nebbie»

Dall’Oglio si è spento ieri, ad 87 anni. Nella sua vita è stato un imprenditore di successo, e un irriducibile innamorato dello sport. 

Uno dei suoi più stretti amici e collaboratori, nel mondo dello sport, Orlando Merlin, lo ricorda così: «Abbiamo passato assieme 55 anni. Una vita intera, si può dire. Erminio era un uomo eccezionale, come pochi se ne trovavano, se ne trovano e se ne troveranno al mondo. Partito dal basso, senza una laurea, si è costruito un impero con la sola forza delle sue mani e delle sue idee». 

Già, perché “Il Commendatore”, come lo chiamavano tutti, arrivato a Venegono dalla «valle delle nebbie, nel mantovano con famiglia a carico e dei formaggini da vendere - scrive Cogliati -, fece il venditore ambulante per diversi anni». 

Era uno di quelli che un giorno è al mercato di Varese, l’altro a Luino, e quello dopo a Laveno. Ma la forza di Erminio Dall’Oglio è sempre stata quella di credere in ciò che faceva, e nelle sue idee, come ricorda Merlin: «Sapeva vedere oltre quello che vedono le persone. Aveva delle idee innovative... e soprattutto amava il rischio: se credeva in qualcosa che tutti gli dicevano fosse impossibile da realizzare, allora lui la rendeva possibile e la faceva. 

Come quando credette in Andrew Hampsten vittorioso al Giro d’Italia. Contro ogni pronostico l’americano vinse, grazie anche alla forza di Erminio». Perché Dall’Oglio amò il calcio e il ciclismo. E proprio dalle due ruote arrivarono quelle che considerava le sue più grandi vittorie: «La più bella gioia, per lui, arrivò da Hampsten: primo americano a vincere la corsa rosa. Mi raccontava sempre che a sera lui stesso arrivava stanco morto, come se sui pedali della bicicletta di Hampsten ci fosse lui. Diceva sempre che, per colpa di quel Giro, aveva perso almeno tre anni della sua vita, tanto lo aveva vissuto con passione e trasporto».


«Quelle due ore con Marotta»

Era il 1988, quello. Ma il cuore di Erminio Dall’Oglio, dicevamo, è sempre stato diviso tra ciclismo e calcio. Siamo nel 1981, il 21 luglio, quando alla porta della sua casa di Venegono bussa Beppe Marotta. Due ore di parole. Due ore per conoscersi meglio. Due ore e basta, per convincersi a diventare sponsor del Varese, presentato il giorno prima alla Schiranna. Due ore per entrare nella storia di quei colori, al fianco dell’avvocato Mario Colantuoni. Con quella chiacchierata il Varese ebbe per la prima volta uno sponsor sulla maglia: quella scritta (che oggi è leggenda) “Hoonved” sul petto dei giocatori guidati da Eugenio Fascetti ci rimase per 4 anni.

«Erminio ebbe uno splendido rapporto con Marotta e con il presidente Colantuoni - racconta Orlando Merlin -. Assieme lavorarono per avere un grande Varese. Assieme costruirono quella che definiva: “la grande luce del Varese”. Strinse un ottimo rapporto anche con l’allenatore dell’epoca, Fascetti: una persona che considerava dotata di una carica incredibile; una persona che ti fa vincere in qualsiasi situazione». Uno sponsor, la Hoonved, che non poteva essere più azzeccato per le maglie del Varese. Perché la fabbrica di lavastoviglie del Commendatore prese il nome da una sua idea, come scrive Natale Cogliati: «Hoonved derivò da una sua idea geniale e giovanile: andò a San Siro a vedere la grande squadra ungherese dell’Esercito, la Honvéd di Puskás appunto. Si ricordò di quella grande squadra quando costruì il suo primo “battagliero” lavabicchieri, aggiunse una “o” e risolse un altro problema».


L’ultimo grande amore

Così, dalla grande Honvéd degli anni 50, nacque la piccola Hoonved anni 80: quella biancorossa. Quella piccola grande squadra che fece sognare una generazione in serie B. Una generazione che dovette aspettare Riccardo Sogliano e 25 anni per tornare a quel sogno. 

La sua passione per il calcio non finì nel 1984, quando lasciò i colori biancorossi, ma continuò fino all’ultimo: perché quello per il pallone era un amore senza fine: «Legatissimo alla Varesina, la squadra della sua Venegono, fino alla fine», conclude commosso Orlando Merlin.



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