FOOTBALL PORTRAITS - Wolstenholme, IL telecronista British
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di CHRISTIAN GIORDANO, UK Football Please (26 settembre 2016)
«And here comes Hurst, he’s got…
some people are on the pitch…
they think it’s all over…
it is now! It’s four!»
L’ha coniata lui la frase forse più celebre nella storia del giornalismo televisivo britannico, e non solo sportivo. «Credono sia finita, lo è ora», disse al triplice fischio della finale mondiale vinta in casa dall'Inghilterra contro la Germania Ovest nel 1966. E forse non è un caso che sia stato lui a pronunciarla, perché Kenneth Wolstenholme è stato molto più che il decano dei telecronisti di calcio UK.
Per innata modestia, di rado parlava del suo coraggioso servizio prestato come pilota dei cacciabombardieri nella RAF. Le oltre cento missioni già compiute a 23 anni gli valsero la Distinguished Flying Cross and Bar, decorazione militare del Regno Unito e del Commonwealth assegnata agli ufficiali della Royal Air Force e Fleet Air Arm distintisi durante il servizio in tempo di guerra per «atti di valore, coraggio o devozione al dovere mentre volava in operazioni contro il nemico».
Assunto dalla BBC nel 1948 senza aver mai visto un programma tv in vita sua, debuttò con un servizio da Romford, nell’Essex, coprendo una controversia legale di calcio tra le contee Southern e Northern. Di lì in poi non mollerà più il microfono per 23 finali di FA Cup consecutive e cinque Mondiali, spesso sdoppiandosi sia da conduttore sia da telecronista, per poi essere messo da parte, senza tanti complimenti, in favore di David Coleman dopo Messico ’70. Vincendo per una volta la sua innata modestia, il buon Ken ammetterà poi di sentirsi «a bit miffed», un tantino irritato, dalla decisione della BBC.
Tornò a commentare il calcio negli anni Settanta, come conduttore del calcio italiano su Channel 4, ma senza mai condividerne troppo una linea editoriale che enfatizzava troppo analisi e commenti. «Invece di concentrarci sul gioco, abbiamo un’infinità di gente seduta in studio a vivisezionare ogni minimo episodio. Esagerano, come se gli avessero detto di uniformarsi tutti allo stesso stile. Mi annoia. Sembrano non rendersi conto che mentre in radio il silenzio è la morte, in televisione può essere oro».
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