Roche, il festival della discesa e il tradimento di Sappada



Nel Giro d'Italia del 1987 Vincenzo Torriani inserì per la prima volta una cronometro per premiare il miglior discesista. La vinse il corridore irlandese che due settimane dopo attaccò il proprio capitano Roberto Visentini e gli strappò la maglia rosa

di Giovanni Battistuzzi, Il Foglio, 5 aprile 2017
foto di Anders via Flickr

Le cronometro sono esercizi di pignoleria e cocciutaggine, dove ci vogliono muscoli sulle gambe certo, ma soprattutto concentrazione, cura dei dettagli, ritmo. Sono prova per asceti della bicicletta, perché si è soli, perché la mente deve trovare l’assenza di pensieri, perché non ci sono punti di riferimento e metri di paragone. Sono contrappeso e contrappasso, bilanciano le ascese montane. Ogni tanto lo diventano pure: cronoscalate. Sono pacieri tra chi sbuffa per le prove contro il tempo e chi ne loda l’importanza, tra amanti della salita e mediatori della bicicletta. Come se fossero solo pianura e montagna le uniche dimensioni della bicicletta. Come se la discesa non esistesse. Almeno sino a Vincenzo Torriani.

Il 22 maggio 1987 il Giro d’Italia per la prima volta diede una dimensione anche alla discesa. Il patron della corsa Rosa decise che era venuto il tempo anche per la cronodiscesa, esercizio per gente ardita, testarda, senza timore. Dal Poggio a Sanremo, una riedizione abbreviato dell’epilogo della Milano-Sanremo, una prova di destrezza su quella strada che picchia verso il mare tra rettilinei e tornanti, ultimo momento utile per anticipare i velocisti alla Classicissima. Otto chilometri soltanto, otto chilometri che percorse più veloci di tutti Stephen Roche.

L’irlandese scendendo verso la Riviera aveva dimostrato la sua bravura a cronometro e la sua testardaggine, aveva toccato il freno il meno possibile, si era gettato verso il traguardo con furore, senza pensare a niente se non alla vittoria. Dimostrò la sua tigna. Lo avevano capito in tanti, lo avrebbe dovuto capire Roberto Visentini, che di Stephen Roche doveva essere capitano.

Stephen Roche era ostinato, ma simpatico, di un umorismo che piace a chi viene dal nord dell’Europa. Aveva trovato in loro compagni di viaggio e di chiacchierate mentre si pedalava. Avrebbe trovato in loro gente leale disposta ad aiutarlo. Perché l’irlandese la maglia rosa l’aveva indossata e ci si era affezionato e quando se la vide sfilare dal suo capitano – e per di più a cronometro – decise che non avrebbe rispettato i patti, decise che due capitani sono meglio di uno. Attaccò Visentini due giorni dopo, l’attaccò assieme a quegli amici di pedalate trovati per strada, trovati al di fuori della sua squadra. Visentini cercò di reagire, inseguì, poi andò in crisi di gambe e di testa. Alto tradimento, lesa maestà che Roche giustificò con il fatto che quello era il suo anno, perché se fai il Merckx, se a luglio conquisti il Tour de France e a settembre il Mondiale altro non può essere.


Vincitore: 
Stephen Roche in 105 ore 39 minuti e 40 secondi;

secondo classificato: 
Robert Millar a 3 minuti e 40 secondi; 

terzo classificato: 
Erik Breukink a 4 minuti e 17 secondi;

chilometri percorsi: 3.915.

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