Boifava, 70 anni di trionfi: «La mia vita per il ciclismo»
Davide Boifava, 70 anni, davanti alla sua
azienda di Ponte San Marco col figlio Simone
Davide Boifava ha spento 70 candeline ieri sera, nella sua bella casa di Nuvolento insieme ai propri cari. La sua è una di quelle storie sportive-familiari-imprenditoriali che tutti gli uomini vorrebbero interpretare o scrivere e che lui ha saputo cucirsi addosso con abilità e impegno.
di Angiolino Massolini
Brescia Oggi, 15 novembre 2016
CRESCIUTO in una famiglia numerosa, Boifava si è avvicinato al ciclismo da giovane con la maglia della Pasinflex del presidentissimo Pasini. Dopo aver svolto attività giovanili ai massimi livelli vincendo il Trofeo L’Eco di Bergamo, il Trofeo Alcide De Gasperi, vestendo anche la maglia gialla al Tour de l’Avenir, è passato professionista nel 1969 con la Molteni, corazzata diretta da Giorgio Albani. È l’anno in cui debuttò pure Pierfranco Vianelli che il 23 ottobre dell’anno prima aveva conquistato l’oro olimpico a Città del Messico.
Dopo dieci anni di onorata milizia, una decina di vittorie, la maglia rosa, tricolori su pista e convocazioni azzurre, Boifava lasciò l’attività agonistica e assunse la conduzione tecnica della neonata Inoxpran. Nell’ambiente, anzi sull’ammiraglia, è rimasto fino a 4 anni fa quando con il Team Idea diresse alcuni corridori bresciani.
Da corridore ha conquistato vittoria di tappa e maglia rosa al Giro il 17 maggio 1969 nella Brescia-Mirandola. Ha vinto anche la crono individuale Desenzano-Serniga il 2 giugno 1971.
Ottimo corridore, è stato uno dei direttori sportivi e team manager più vincenti del ciclismo mondiale. Ha guidato circa 500 corridori. Sull’ammiraglia ha vinto tutto: 3 Giri d’Italia con Giovanni Battaglin (1981), Roberto Visentini (1986), Stephen Roche (1987): il Tour de France (1987) sempre con il fuoriclasse irlandese; una Vuelta di Spagna con Battaglin; tre Milano-Sanremo con Claudio Chiappucci, Rolf Soerensen e Erich Maechler; una Liegi-Bastogne-Liegi con Michele Bartoli e numerosissime altre corse in linea e a tappe.
Pure Marco Pantani, Guido Bontempi, Ivan Basso, Paolo Bettini, Mario Chiesa, Bruno Leali hanno fatto parte della sua scuderia. Unico al mondo, ha rifiutato l’incarico di commissario tecnico della nazionale italiana in un paio di occasioni per dedicarsi anima e corpo alla sua azienda di Ponte San Marco, la Podium Carrera, marchio esportato in tutto il mondo.
«Sono stato molto fortunato nella mia vita – dice Boifava, mentre si sta preparando alla festa con la moglie Maria Teresa e i figli Simone e Sheila – Da corridore mi sono divertito e ho vinto, da direttore sportivo o team manager ho raggiunto i massimi livelli con fior di campioni. In bacheca conservo alcuni dei numerosi successi ottenuti in tutto il mondo. Anni fantastici, che ricordo con orgoglio».
Passista di vaglia come pochi, in una edizione del Trofeo Baracchi mise in difficoltà sua maestà Eddy Merckx ma lui non si celebra troppo: «Eddy era stato malato fino a pochi giorni dalla crono-coppie, io volavo essendo uscito dal GP delle Nazioni alla grande. Il momento più alto della mia carriera agonistica rimane però il successo di tappa e la conquista della maglia rosa nella tappa Brescia-Mirandola. Dopo aver tirato il giorno prima la volata a Polidori, che aveva vinto a Brescia, ho fatto l’en plein».
Ci sono stati anche momenti sfortunati: «Vero, ma non hanno lasciato segni. Cadute e incidenti meccanici non mi hanno permesso di vincere di più. Sono però soddisfatto della mia carriera».
E QUELLO che non ha vinto da corridore l’ha conquistato quando è stato chiamato alla conduzione tecnica da imprenditori di prestigio: «Le prime persone che hanno avuto fiducia in me sono state Giovanni, Angelo e Diamante Prandelli che mi hanno affidato l’ammiraglia dell’Inoxpran. Ricordo però con orgoglio anche la telefonata di Imerio Tacchella che mi comunicò di volermi affidare la Carrera: una soddisfazione enorme. Le vittorie? In primis la Vuelta di Battaglin che in quel magico 1981 conquistò anche il Giro. E non posso dimenticare la fantastica galoppata di Visentini al Giro 1986. E poi ancora la clamorosa tripletta Giro-Tour-Mondiale di Roche. Ma sono state tante le vittorie che mi hanno regalato i miei ragazzi».
Ci sarà stata pure una delusione, magari quel 6 giugno 1987 quando Roche sfilò la maglia rosa a Visentini: «Non ho provato delusione, bensì altri stati d’animo che non mi va di raccontare, perché tutto si è risolto comunque nel modo migliore con la vittoria di un mio corridore».
Non ha nemmeno un groppo in gola, allora: «Uno ce l’ho ed è davvero impossibile da digerire: non essere riuscito insieme ad altri a riportare sulla strada giusta Marco Pantani. Io come altre persone non ce l’ho fatta e questo è il dispiacere più grosso e ancora oggi mi fa star male. A Marco volevo bene come a un figlio».
Angiolino Massolini, BresciaOggi
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