Relazioni pericolose: Modrić e i Mamić
Luka Modrić: io non ho più paura
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È forse, e forse anche senza forse, il miglior centrocampista puro al mondo, se non anche il più incisivo nello sviluppo del gioco. Al Real Madrid ha appena vinto, da protagonista, la terza Champions in quattro anni e per la prima volta la Liga, è il leader della nazionale croata eppure in patria la sua popolarità è ai minimi storici.
Nel giugno 2017 per i media locali Luca Modrić è il «secondo croato più detestato dai suoi connazionali», e l’origine di tanto astio risale alla nuova deposizione con cui ha ritrattato quella originaria su uno dei maggiori casi di corruzione del paese.
Zdravko Mamić, 58enne ex presidente della Dinamo Zagabria, è sotto processo per, tra gli altri capi d’imputazione, bancarotta fraudolenta e frode fiscale. Mamić è anche accusato di essersi appropriato di una parte della somma pagata dal Tottenham alla Dinamo Zagabria per il trasferimento di Modrić nel 2008. Nella vicenda non è in discussione il fatto che Mamić si sia enormemente arricchito con l’operazione, bensì se vi sia stato qualcosa d’illegale.
Come ha ben raccontato nei dettagli, il 14 giugno 2017, il corrispondente Alex Holiga dell’Independent, in Croazia verso il calciatore croato più forte di quest’epoca c’è sempre stata indifferenza, che nel tempo si è tramutata in indignazione e ora rasenta il risentimento.
Il peccato originale, assieme all’essere anti-personaggio di Modrić, è dei suoi legami con l’uomo più potente del calcio. L’ultima goccia è traboccata nella deposizione del 13 giugno. Quando il procuratore Tonči Petković gli ha sottoposto una precedente deposizione dello stesso Modrić, il giocatore ha chiesto che gli fosse ripetuta. E mentre gli veniva letta di nuovo, Luka ha sospirato nervosamente, poi ha scosso la testa e avvicinandosi un po’ con la sedia ha balbettato: «Quello… quello io non l’ho mai detto. Sono cose successe dopo. Dissi allora che non ricordavo quando erano accadute».
Da quel momento le cose in Croazia per lui non sono più state le stesse. Poche ore dopo, un gruppo di tifosi dell’Hajduk Spalato, in marcia a un evento organizzato per i membri del club, lo insultavano con cori tipo «Luka Modrić, uomo di m.». La mattina dopo, nelle strade di diverse città croate sono apparse delle scritte. Una di queste era sulla facciata d’ingresso all’hotel di Zadar dove con la famiglia viveva da rifugiato di guerra, e che minacciosamente recita (con tanto di striscione): «Di questo un giorno te ne ricorderai».
Modrić nella vicenda sarebbe un testimone-chiave, ma il punto è che Modrić a inizio carriera ha ricevuto un sostegno finanziario da Mamić – che però all’epoca non era un dirigente della Dinamo – in cambio di una fetta dei futuri guadagni del calciatore. Accordi simili il presunto benefattore pare li avrebbe sottoscritti anche con altre giovane promesse pur non avendo la licenza di procuratore. Alcuni, come Eduardo, attaccante brasiliano naturalizzato ex Arsenal, erano stati obbligati a dividere i propri utili con Mamić finché avrebbero giocato a livello professionistico, nel caso di Modrić si trattava invece di una grossa commissione.
Quando la Dinamo cedette Modrić al Tottenham per 21 milioni di euro, la metà andò direttamente al giocatore. Ma poi, stando alle indagini e Modrić testimoniò, lo stesso Modrić era andato in banca accompagnato dal figlio o dal fratello di Mamić, aveva ritirato i soldi dal proprio conto personale e li aveva dati in contanti a entrambi.
Procedura poi ripetuta per ogni rata, relativa al trasferimento del calciatore, che sarebbe stata versata sul suo conto. Dei 10,5 milioni di euro in totale ricevuti da Modrić, a lui sarebbero rimasti solo 14,5 milioni di kuna (circa 1,7 milioni di sterline). Il resto sarebbe andato alla famiglia Mamić.
Fin qui, non tutto è stato confermato e chiarito da tutte le parti in tribunale. La parte contestata riguarda però il contratto tra la Dinamo e Modrić. Un accordo molto vantaggioso per Mamić, che del club sarebbe diventato l’amministratore delegato e avrebbe negoziato lui stesso la cessione agli Spurs, con annessa una clausola secondo la quale le tasse sarebbero state versate al 50% fra club e giocatore. Ciò che la procura sta cercando di dimostrare è che l’accordo sia stato firmato e retrodatato dopo che il giocatore era già stato ceduto.
Nella prima deposizione di Modrić, rilasciata lo scorso anno, il giocatore aveva detto che è così che era andata.
Ora invece, dichiarava di non averlo mai detto; e una volta espostigli i dettagli della sua deposizione originaria, appariva confuso. All’accusa, ovvio, non pareva vero.
Nel resto del paese intanto montava ancora di più l’impopolarità (eufemismo) di Mamić, ritenuto uno dei grandi mali del calcio croato se non il maggior responsabile della sua perdita d’integrità. Il problema è che Mamić è un personaggio molto influente nel suo paese, e non solo nel calcio. Il processo, che all’inizio era di competenza del foro di Zagabria, è stato trasferito a Osjiek perché Mamić a Zagabria è amico intimo di molti giudici.
Come non bastasse, la settimana precedente la seconda deposizione di Modrić, sulla costa croata un passante aveva colpito Mamić alle spalle e lo aveva fatto cadere in acqua.
Tornato in aula la mattina di mercoledì 14 giugno, in un colpo di scena hollywoodiano dei suoi, Mamić sbraitava con i suoi legali, licenziandoli seduta stante prima di rivolgersi alla Corte per comunicare che si sarebbe difeso da solo.
Dopo l’episodio, il giudice ha rinviato l’udienza a data da destinarsi. In caso di colpevolezza per spergiuro, Modrić – per i croati «la gallina d’oro di Mamić» – rischia una condanna dai sei mesi ai cinque anni.
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