Visentini, crollo tra le polemiche

Colpo di scena al Giro: l'italiano perde la maglia rosa che torna a Roche 
Sulla salita di Sappada è diventato l'ombra di se stesso - Nessun aiuto dai compagni: 58°, a 6'50" dal vincitore Van der Velde e a 5'54" dall'irlandese 

La Stampa
6 giugno 1987 - Lido di Jesolo - Sappada

DAL NOSTRO INVIATO - Gian Paolo Ormezzano

SAPPADA — Citiamo il Visentini di San Marino, maglia rosa dopo la cronometro di giovedì scorso, non un secolo fa: «Macché, altro che finito, il Giro è appena cominciato. In una tappa di montagna si possono perdere dieci minuti». Riferimmo scrupolosamente, lodando un uomo serio che aveva rifiutato l'Idea di una corsa già sua: e non liquidammo Roche. Ieri Roberto Visentini ha perso la maglia rosa,  perché è arrivato sul traguardo montano di Sappada, quota 1220, staccato  di 5'64" da Stephen Roche, suo compagno (boh?) di squadra Carrera e di nuovo capoclassifica, nella tappa vinta da Van der Velde. 

Dell'olandese della Gis si è parlato e si parlerà poco, con suprema inevitabile ingiustizia. La crisi di Visentini, ora settimo a 3'07" da Roche, è stata orripilante, e rimane misteriosa. Lui è (era?) un ciclista sodo e duro, un ragazzo ricco arrivato a questo sport per temprarsi e passato attraverso momenti difficilissimi. Uno che si nel 1984 aveva segato la bicicletta, consegnandola in pezzi al direttore sportivo Boifava e annunciando l'addio, dopo aver lasciato in crisi di nervi il Giro delle presunte Ingiustizie pro Moser; ma uno che, tornato alle gare, l'anno scorso aveva preso finalmente il rosa grande. Ieri questo atleta trentenne è stato fatto fantoccio da 10 km di una salita neanche difficile. Stentava a rimanere in equilibrio, sembrava mancargli un rapportino da mountain bike, che gli permettesse di mulinare e salire. 

La tv lo ha raschiato, scuoiato, sventrato con il brutto della diretta, mentre due «nessuni», e neppure della sua squadra, Santaromita e Habets, parevano stargli accanto per carità. A parte facciamo psicogiornalismo e cerchiamo di leggere attraverso i crani dei corridori, oltre che attraverso i muri dell'albergo presso il traguardo dove la Carrera si è bunkerizzata dopo l'arrivo. 

Qui raccontiamo la tappa, cominciata nel sole  di Jesolo, con la carovana colpita dall'addio di Baronchelli (febbre), un addio che potrebbe non riguardare soltanto il Giro d'Italia. Nel corso del 224 km sino a Sappada l'Irlandese Roche, secondo alla partenza con 2'42" da Visentini ha portato due attacchi: il primo al km 140, nella discesa dalla Forcella, con Salvador, arrivando a 1'l5" di  vantaggio dopo 30 km e venendo preso dopo 45; 11 secondo quando il  gruppo dei migliori gli era appena piombato addossa cioè in località Sul trio, km 188, su ispirazione stavolta del francese Bernard. La tv ha cercato di liberare Roche da accuse pesanti dicendolo al traino di  altri, ma si è trattato di azioni dirette o comunque supportate bene dall'irlandese, almeno per dare ad esse slancio e fisionomia. La seconda volta erano con Roche uomini di alta classifica e/o di alto rendimento in salita: Anderson, Habets, Vannucci, Chioccioli Pagnin, e poi dopo neanche 10 km, Lejarreta, Van der Velde, Munoz, Millar, Conti Beccia... 

A quel punto, cioè a 30 dall'arrivo, Visentini era a 1', poteva apparire  più tattico che dimesso: ma nessuno della sua squadra gli era al fianco.  E se ne parlerà oggi e per anni. Visentini da dimesso diventava dismesso,  abbandonato, come superato in senso storico oltre che fisico, proprio  quando davanti scattava Van der Velde («-18»). 

Lo svantaggio della maglia  rosa era salito a 1*24", ma era poi sceso a 55", si pensava al ricongiungimento: e Rominger ad esempio ce la faceva, prendeva e passava  tutti meno Van der Velde, diventava secondo di giornata e nella generale». 

Ma dopo qualche sussulto di reazione Visentini veniva abbandonato anche da Visentini Come se il campione, l'uomo forte gli uscisse da dentro, lasciando in bicicletta un povero Involucro. I dieci chilometri finali cosi da barbone In fondo al gruppo e poi in fondo al mondo. 

Gli ultimi km dall'ascesa alla Cima Sappada, 1292 mt, erano da gran pena. Qualche spinta, anche, e manco la forza per far agire i muscoli della faccia e diventare rifiuto o ringraziamento. Davanti a lui e dietro a Van der Velde, nasceva il nuovo Giro d'Italia, quello in cui oggi nel tappone dei cinque colli il piccolo svizzero Toni Rominger, un moseriano, attaccherà forse Roche, che in classifica lo precede di appena 5"; quello di Giapponi miglior italiano, quinto a 2'35" dalla maglia rosa, dietro anche a Breukink e Millar. Visentini alla fine della salita («-4») aveva 4'47" da Van der Velde. Pochi metri dopo, nella breve discesa su Sappada, il cronometro gli toglieva la maglia rosa: 3' da Roche. Ma c'era ancora pianura, c'era ancora un poco di salita, nel paese, altre torture di spazio e di tempo per Visentini che arrivava 58°, 6'50" dopo Van der Velde, soprattutto 5'54" dopo l'irlandese tornato bello e diventato cattivo. 
Gian Paolo Ormezzano

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