HOOPS PORTRAITS - Maurice Stokes, c'è voluto un amico


https://www.amazon.it/Hoops-Portraits-Ritratti-basket-americano-ebook/dp/B07JC4X181/ref=sr_1_2?s=digital-text&ie=UTF8&qid=1542993009&sr=1-2&refinements=p_27%3AChristian+Giordano

«La nuova specie – quella che porterà a Magic e LeBron – comincia con Oscar Robertson e Maurice Stokes»
– Simone Basso

di CHRISTIAN GIORDANO, Hoop Portraits

Fino a metà degli anni '50 gli appassionati di basket non avevano mai sentito parlare del St. Francis College di Loretto, Pennsylvania. Ne vennero però presto a conoscenza quando da lì uscì un certo Maurice Stokes. Possente, muscolare centro di 1,99 per 105-106 chili, Stokes era anche agilissimo. Sapeva tirare, andare a rimbalzo e difendere, il tutto con una fluidità davvero notevole per uno di quella stazza.

Dopo la brillante carriera universitaria a St. Francis, fu scelto dai Rochester Royals al primo giro del draft NBA del 1955. "Big Mo" dimostrò subito di essere il fior fiore di quella abbondante messe di matricole, finendo secondo nei rimbalzi (16 a partita), e a 17 punti di media. Qull'anno fu Rookie of the Year e nella sua seconda stagione vinse la classifica dei rimbalzi.

L'anno successivo, i Royals si trasferirono a Cincinnati e Stokes, con 18 rimbalzi e 17 punti per gara, li trascinò ai playoff. Gli ultimi della sua carriera. Nella gara che chiudeva la regular season Stokes era infatti inciampato e cadendo aveva battuto la testa sul pavimento. Rimasto a terra privo di sensi, trascorsero tre, interminabili, minuti prima che riuscissero a rianimarlo. Un ritardo forse fatale.

Qualche giorno dopo avrebbe giocato contro i Pistons a Detroit, ma non fu mai in partita, lamentando continue emicranie. Sul volo di ritorno per Cincinnati, si sentì male ed entrò in coma. I dottori gli diagnosticarono un'encefalite che gli causò danni cerebrali e lo lasciò paralizzato. I medici dichiararono che non sarebbe più stato in grado di muoversi né di parlare.

Stokes aveva un disperato bisogno d'aiuto, sia personale sia finanziario e Jack Twyman, suo compagno di squadra ai tempi dei Royals, si adoperò per assicurarglielo. Twyman si fece nominare suo tutore legale e raccolse il denaro necessario per pagarne le spese mediche. Convinse poi la NBA a organizzare una partita di beneficenza in favore di Stokes, un ex tesserato che da astro nascente della lega ne era istantaneamente divntato - per un incidente di campo - una stella cadente. Sei mesi dopo, la prima Maurice Stokes Benefit Game raccolse oltre 10 mila dollari. Per l'epoca una bella cifra.

Twyman assicurò a Stokes non soltanto gli aiuti materiali ma anche l'amicizia di cui Mo aveva forse persino più bisogno. Andava spesso a trovarlo e insieme avevano messo a punto un sistema col quale Maurice, sbattendo le palpebre, riusciva a comunicare. Stokes stupì persino i medici reimparando a parlare. E attraverso estenuanti esercizi di fisioterapia riprese anche qualche movimento delle mani.

Nel 1967 Stokes volò a New York per assistere al suo incontro di beneficenza. Quando entrò in campo, spinto su una carrozzella, ricevette una fragorosa ovazione da spettatori e giocatori. Il suo attaccamento alla vita fu oltremodo coraggioso, e durò fino alla fine, avvenuta a Cincinnati, nell'Ohio, il 6 aprile 1970.

La sua straziante storia è stata un'orribile tragedia, ma il coraggio e la dignità di Maurice Stokes, come la lealtà e la vicinanza dimostrategli dal suo amico Jack Twyman, sono veri valori della vita. E non possono essere dimenticati.


Commenti

Post popolari in questo blog

Dalla periferia del continente al Grand Continent

Chi sono Augusto e Giorgio Perfetti, i fratelli nella Top 10 dei più ricchi d’Italia?

I 100 cattivi del calcio