HOOPS MEMORIES - NBA, la fusione fa la forza



di CHRISTIAN GIORDANO ©

La Basketball Association of America fu fondata nel 1946, in pieno boom ai botteghini del college basketball. 

L’unica lega professionistica sin lì esistente, la National Basket League, operava quasi interamente nel Midwest, quindi le maggiori città della East Coast non erano rappresentate in nessun campionato pro’ e così, per riempire il vuoto, nacque la BAA. 

Il nuovo circuito comprendeva undici squadre, molte delle quali quasi del tutto ignorate dal grande pubblico. 

Uno dei pochi veicoli di attrazione, che non per caso vinsero il campionato, erano i Philadelphia Warriors di “Jumpin’ Joe” Fulks, ala di 1.97 assurta alla storia come il padre del jump shot. 

Lo stipendio medio si aggirava sui cinquemila dollari annui. 

Fulks, capocannoniere a 23 punti di media e con un high – ai tempi incredibile – di 41, ne prendeva, spicciolo più, spicciolo meno, sui quindicimila. 

Tanti giocatori erano pagati a partita, e neanche bene. Gran parte delle franchigie erano in perdita e prima ancora della seconda stagione quattro fondatrici – Detroit, Cleveland, Toronto e Pittsburgh – erano già fallite. 

La BAA ne aprì anche una a Baltimore, e con le otto rimaste riuscì tra mille difficoltà a portare a termine il secondo campionato. Il movimento però sembrava prossimo al capolinea. 

In perenne lotta con la NBL, nell’estate del 1948 la BAA – per sopravvivere – fece razzia dei più forti giocatori rimasti in circolazione. Funzionò, e gli emissari della nuova lega convinsero addirittura quattro squadre a lasciare la NBL. 

Fra queste i campioni in carica Minneapolis Lakers del grande George Mikan, il centro di 2.07 fresco di MVP all’unanimità: tutti per lui i 240 voti disponibili. 

Come aveva fatto nella NBL, anche nella nuova lega Mikan condusse Minneapolis al titolo e vinse (a 28 di media) la classifica cannonieri. Ovunque andasse attirava folle enormi e quando i Lakers giocavano a New York, il cartellone del Garden recitava: «Knicks against George Mikan». 

L’icona di un’epoca. 

Perdere quattro piazze, e soprattutto Mikan – la prima superstar –, sancì la fine della NBL. Provò a resistere ancora una stagione, poi le franchigie sopravvissute vennero assorbite dalla BAA. La lega così unificata fu rinominata National Basketball Association (NBA) e cominciò l’attività nel 1949. 

Le diciassette squadre furono suddivise in tre division, che rispondevano a criteri talvolta disagevoli, specie per trasferte e logistica. Le squadre ex BAA non volevano disputare tante partite contro le ex NBL, che giocavano in posti sperduti come Sheboygan nel Wisconsin o Waterloo nell’Iowa. 

E così succedeva che certe squadre giocavano minimo sessantotto partite e altre non più di sessantadue. 

I soci fondatori speravano che le eventuali sperequazioni della regular season si sarebbero poi risolte nei playoff, ai quali accedevano dodici squadre. Ma a prescindere dal calendario e dalla formula della postseason, nessuna sarebbe riuscita a battere gli strafavoriti Lakers di Mikan. 

Minneapolis infatti dominò la division e George, a 27 punti di media, la classifica marcatori. 

Nei playoff Mikan salì a oltre i 31 punti a partita e i Lakers, con dieci successi in dodici incontri, si aggiudicarono il campionato. 

Pur essendo proibita la difesa a zona, erano poche le squadre con giocatori capaci di entrare a canestro o di correre in contropiede. 

La tattica più diffusa era pazientare nell’attesa di un buon tiro. Il punteggio oscillava fra i 60 e i 90, con la sporadica eccezione di un exploit da 100. 

Quanto alle altre star, alle spalle di Mikan c’era solo un altro giocatore, Alex Groza degli Indianapolis Olympians, in grado di varcare la soglia del ventello a partita. 

Con il cronometro dei 24 secondi ancora di là da venire, le squadre in vantaggio nel quarto periodo entravano “in stallo”, il che portava a finali di partita inguardabili. 

Non a caso, sei delle diciassette franchigie originali – Chicago, St. Louis, Anderson, Sheboygan, Waterloo e Denver – uscirono dalla lega già nella sua seconda stagione. 

Una certa stabilità però stava per arrivare. E proprio grazie alla concorrenza. 

La spinta maggiore la NBA la trasse infatti dallo scandalo del fixing nel college basketball, che esplose l’anno seguente, il 1951. 

Tanti appassionati ne rimasero così delusi e disamorati che, per soddisfare la loro fame di basket, lasciarono i “puri” che tanto puri non erano e si rivolsero ai pro’. 

Mors tua vita mea: la lega aveva un futuro. Adesso. 
CHRISTIAN GIORDANO ©


Hoops Memories
Momenti epici di basket americano
Rainbow Sports Books 

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