Elogio di Peter, campione di tutti


Leggero e professionale, scanzonato e concentratissimo, divertente e profondo: ecco come e perché Sagan da Zilina è diventato la migliore immagine del ciclismo

di Ciro Scognamiglio
La Gazzetta dello Sport, lunedì 25 settembre 2017

cscognamiglio@gazzetta.it
twitter@cirogazzetta

Il Tour de France 2016 è appena cominciato. Seconda tappa. Peter Sagan la vince e si veste per la prima volta con la maglia gialla. «E se domani la perdi, Peter?».
«Ho la verde dei punti». 
«E se ti strappano pure quella?». 
«Beh, ho sempre quella iridata». 
Peter ce l’ha ancora. La porterà per il terzo anno. Non se la toglie più. Ma il ricordo di quelle risposte serve di più per inquadrare il personaggio Sagan. Unico nel suo genere, al punto da apparire a volte quasi un Ufo catapultato sul pianeta ciclismo. Perché è leggero e professionale, scanzonato e concentratissimo, divertente e profondo. Mette d’accordo tutti, è il campione del mondo ideale. Ieri abbiamo letto su twitter quello che un entusiasmato fresco ex come Bradley Wiggins ha scritto a caldo sullo slovacco: «Salvatore del ciclismo! Bisogna prendersi cura di lui, attualmente è più grande dello sport stesso. Congratulazioni Peter, una vera leggenda e uno dei grandi di tutti i tempi». Perfetto.

PARAGONI 
Sagan fa la linguaccia sul podio di Bergen e pensi ai fuoriclasse che hanno fatto quel gesto prima di lui. Fuoriclasse dello sport: Alessandro Del Piero e Michael Jordan. Fenomeni della musica: Mick Jagger. Sagan vince il terzo titolo mondiale consecutivo e rifletti su chi è riuscito nella stessa impresa. Con la testa vai a Usain Bolt: triplette consecutive nei 100 e 200 metri ai Giochi Olimpici, tris non consecutivo ai Mondiali, addirittura un poker di fila nei 200 mondiali. Certo: atletica e ciclismo non sono uguali. Certo: neppure Peter e Usain sono gemelli. Ma i riferimenti di Sagan ormai sono quelli: solo campionissimi. Anche se lui è rimasto sempre l’uomo capace di rompere ogni ritualità dei cerimoniali, come quando prima di iniziare una conferenza stampa al Tour de France saluta il cronista ad alta voce e gli chiede come sta.

ESORDI 
I fuoriclasse non conoscono porte di servizio. Per loro solo ingressi principali. Sagan deve ancora compiere 20 anni quando debutta tra i pro’ in una gara World Tour. Il massimo livello. In Australia, al Down Under (2010). Succede che cade in volata, finisce contro le transenne, gli mettono oltre 30 punti di sutura. Sofferenza tanta, lamenti zero. E una domanda: «Dottore, ma io domani start?» Pensava solo a quello. Riuscirà a ripartire, andrà in fuga con Armstrong, finirà quarto. Nel primo anno da pro’, cinque successi. Tutti World Tour. Al primo Tour de France (2012), prima tappa in linea e prima vittoria. Il significato della parola predestinato è esattamente questo.

ITALIA 
Sagan parla meglio italiano dell’inglese e non solo perché sono italiani il manager (Giovanni Lombardi, olimpionico su pista a Barcellona 1992) e l’addetto stampa (Gabriele Uboldi). Ha fatto base a Cimadolmo (Treviso) quando era alla Liquigas, la prima squadra-top, quella che ha creduto in lui. Ci avevano creduto Roberto Amadio, Stefano Zanatta, Paolo Slongo. Ci aveva creduto Gian Enrico Zanardo, ex tecnico della Trevigiani, che andava spesso in Slovacchia e nelle zone limitrofe, e lo aveva segnalato. Viveva in casa con il fratello Juraj, si cucinavano il risotto e tenevano l’appartamento pulito e ordinato.

CINEMA E FAMIGLIA
Impennata, esultanze fuori dall’ordinario, siparietti scherzosi e il fatalismo di fondo. Peter Sagan in bici è questo, e quando scende di sella non è troppo diverso. Rifiuta pronostici e ragionamenti a tavolino alla vigilia di ogni gara, ma non è scaramanzia né pretattica: è veramente convinto che non servano a nulla. Non recita. Tanto, per il capitolo recitazione, basta guardare una qualsiasi delle sue interpretazioni, da Pulp Fiction al Gladiatore, dalla Febbre del sabato sera fino ad arrivare al Sylvester Stallone di Rocky. Normale che sia diventato il testimonial perfetto per le cucine Bora, primo sponsor della squadra di club, e abbia un marchio registrato. E che in Slovacchia sia lo sportivo in assoluto più famoso. Ma quando c’è di mezzo la famiglia, ciclismo e impegni-extra possono attendere: sarà così adesso visto che a breve la moglie Katarina lo renderà papà e Peter si dedicherà completamente a lei nei giorni che precederanno il lieto evento. Una scelta non negoziabile.

IRONIA 
Anche i social network sono pazzi di Peter e ieri c’è chi si è scatenato con l’ironia, annunciando l’imminente acquisto dello slovacco da parte del... Paris Saint Germain (dopo Neymar e Mbappé). Ma per chiudere la cornice forse è più utile ripescare una citazione— di Ivan Basso — d’«epoca». E’ riferita al primo successo di Sagan al Tour, 1° luglio 2012. «La forza di chi vince con semplicità, la potenza di chi taglia il traguardo ridendo. Il mondo ha visto un fenomeno». Cinque anni dopo, continuiamo a vederlo. E non ci stanchiamo mai.

L'IDENTIKIT
PETER SAGAN
NATO A: ZILINA (SLOVACCHIA)
IL: 26 GENNAIO 1990
PRO’ DAL: 2010
SQUADRA: BORA-HANSGROHE

UN PO’ ITALIANO 
Da junior, nel 2008, è stato iridato di mountain bike in Val di Sole e argento nel cross a Treviso. 
Scoperto da Gian Enrico Zanardo, si è trasferito in Veneto e a 20 anni è diventato pro’ con la maglia della Liquigas. Prima vittoria alla Parigi-Nizza del 2010, annata chiusa con 5 successi. Nel 2011 prima tappa in un grande giro (alla Vuelta) e nel 2012 primo sigillo al Tour, su Cancellara: alla fine conquista la prima delle 5 maglie verdi consecutive della classifica a punti.

RE DEL FIANDRE 
È a 101vittorie da pro’: la numero 100 l’ha festeggiata l’8 settembre al GP Quebec. Oltre a 3 Mondiali, vanta una classica Monumento: il Fiandre 2016 (e ha sfiorato due volte la Sanremo). Nel suo palmarès anche l'Europeo, 2 Gand-Wevelgem, 8 tappe al Tour. Sotto contratto con la Bora-Hansgrohe fino al 2019. Ha sposato Katarina nel 2015: fra un mese sarà papà.

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