GIOVANNETTI E LA VUELTA CHE NESSUNO SI ASPETTAVA



di Nicola Pucci
3 settembre 2017

Quando si presenta ai nastri di partenza della Vuelta 1990, Marco Giovannetti altri non è che il vincitore della cronometro a squadre – sui 100 km – alle Olimpiadi di Los Angeles del 1984, associato a Marcello Bartalini, Eros Poli e Claudio Vandelli.

Da quei giorni illuminati di gloria a cinque cerchi il gigante milanese, classe 1962, è passato professionista con la casacca dell’Ariostea nel 1985 e nel 1987 ha colto a Tasch al Giro di Svizzera e in due prove del Trofeo dello Scalatore le uniche vittorie in carriera. Certo, ha pure evidenziato buone doti non solo di passista, ma pure di scalatore, a dispetto della stazza, se è vero che nei quattro anni precedenti, dopo il 14-esimo posto al debutto proprio nel 1985, ha chiuso per quattro volte consecutive nei primi dieci della classifica generale del Giro d’Italia, sesto nel 1987 e nel 1988 e ottavo nel 1986 e nel 1989, ma da qui a farne un pretendente autorevole all’ultima maglia amarillo di Madrid ne deve scorrere di acqua sotto i ponti…

L’edizione 1990 della Vuelta va in scena dal 24 aprile, con partenza programmata da Benicasim, al 15 maggio, quando appunto i sopravvissuti taglieranno l’ultimo traguardo nella capitale spagnola, a termine di 3.711 chilometri di fatica. 

C’è un grande favorito, e risponde al nome di Pedro Delgado, campione in carica e vincitore anche nel 1985, che potrebbe essere il primo ad imporsi tre volte nella storia della principale corsa a tappe iberica. “Perico” capeggia la corazzata Banesto, che ha tra le sue file un giovanotto di sicuro avvenire, tale Miguel Indurain, cui spetteranno compiti di luogotenenza, ed avrà come principali avversari un paio di illustri connazionali, quali Alvaro Pino e Anselmo Fuerte, piuttosto che il veterano Marino Lejarreta e Federico Echave, ed una nutrita schiera di ciclisti venuti da lontano. 

Ad esempio il talentuoso francese Jean-François Bernard, che vuol ripetere i fasti che lo videro sul podio al Tour de France del 1987, terzo; lo svizzero Tony Rominger, che dopo aver sbancato il Lombardia ed essersi imposto sulle strade della Tirreno-Adriatico qualche settimana prima, vuol testarsi in una corsa a tappe di tre settimane; soprattutto i colombiani Parra, Vargas ed Herrera, i primi due delfini sul podio di Delgado l’anno primo, il terzo campione nel 1987. Ci sarebbe anche Giuseppe Saronni, in seno alla Diana-Colnago, ma ormai il buon Beppe ha imboccato da tempo il viale del tramonto e l’unico obiettivo praticabile, seppur senza farsi troppe illusioni ad onor del vero, è quello di qualche successo parziale.

Ruiz Cabestany, uno che con le lancette del cronometro ha eccellente dimestichezza ed è intruppato in quella Once che ha in Fuerte e Lajerreta gli altri due capitani, vince il prologo d’apertura vestendo la prima maglia di leader, ma già la prima semitappa del secondo giorno scombussola i piani della squadre più accreditate, con la fuga a tre che vede vincitore Cuadrado davanti al polacco Kulas e all’ucraino Klimov, che diventa capoclasifica con un vantaggio considerevole di 8 minuti, liberando le formazioni che puntano al successo finale dell’ingombro di controllare la corsa. Almeno fino alla quarta tappa quando, dopo i successi parziali della Lotus nella cronometro a squadre e di Silvio Martinello ed Erwin Nijboer a Murcia ed Almeria, l’arrivo in quota a Sierra Nevada chiama i campioni al primo scontro diretto. Vince il francese Patrice Esnault al termine di una fuga nata in partenza, ma non conta per la generale; i colombiani scatenano la bagarre ma se sono Farfan e Jaramillo ad occupare le prime posizioni e Klimov perde inevitabilmente buona parte del vantaggio accumulato, Herrera e Parra non riescono a staccare Delgado e Fuerte, con Julian Gorospe che il giorno dopo entra nell’attacco che gli consente di guadagnare quanto basta per impossessarsi dell’insegne del primato.


E chi c’è insieme all’iberico, tra Loja e Ubrique? Proprio Marco Giovannetti, che veste la maglia di una squadra di casa, la Seur, che scala posizioni in classifica e si prepara a piazzare un colpo inatteso, confidando in una regolarità di rendimento destinata a dare frutti copiosi. A San Isidro, infatti, Gorospe va in crisi e perde la maglia, che cambia padrone e va a depositarsi sulle spalle poderose del milanese, abile il giorno dopo a difendersi dagli attacchi dei colombiani che nell’arrivo in quota al Alto del Naranco si impongono con Alberto Camargo. Delgado e Fuerte provano ad attaccare il corridore milanese, ma Giovannetti è duro a morire e con l’entusiasmo prodotto dal primo posto in classifica moltiplica le forze e regge l’urto. Bernard vince la cronoscalata di Valdezcaray ma i migliori si equivalgono, si vira verso i Pirenei e le due tappe di Jaca ed Estacion de Cerler, appannaggio di Echave e Farfan, non mutano volto alla classifica con Delgado che recupera qualcosa grazie anche all’aiuto di uno scatenato Indurain che comincia a illustrare doti non comuni, ma non abbastanza per scalzare Giovannetti dalla vetta.

Manca un solo tassello all’apoteosi trionfale, ovvero la cronometro di Saragozza, 39 chilometri che sorridono al capitano della Seur. Vince Cabestany, che lascia Delgado a 36 secondi risalendo in seconda posizione della classifica generale a soli 24″ dal leader italiano, Giovannetti limita i danni ad 1’08” approfittando di un esercizio, la cronometro, a lui congeniale e a sera mette in cassaforte il successo alla Vuelta, resistendo con qualche affanno il giorno dopo, lungo le rampe del Navacerrada, agli ultimi, disperati tentativi di Delgado di sovvertire la graduatoria nella tappa che si conclude a Palazuelos del Eresma, nei pressi della sua Segovia. Cabestany, forse affaticato, non regge il ritmo e scivola al quarto posto, addirittura giù dal podio.

Madrid, il 15 maggio, accoglie Marco Giovannetti nella passarella finale che certifica la superiorità del tedesco Uwe Raab allo sprint: il milanese diventa il quarto italiano a vincere la Vuelta, dopo Angelo Conterno nel 1956, Felice Gimondi nel 1968 e Giovanni Battaglin nel 1981. Delgado lo accompagna sul podio, secondo a 1’28”, mentre Fuerte completa la triade di campioni, con un disavanzo di 1’48”. Non appagato, Giovannetti sarà terzo al Giro d’Italia di lì a qualche settimana ancora… l’avresti detto mai?

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