Tour 2018, l’ultima sfida dell’ottavo napoleone
Nei suoi 114 anni di storia il Tour de France ha avuto al comando
soltanto otto uomini. E non sempre soli.
Henri Desgrange, il primo padre-padrone della Grande Boucle, è
rimasto sulla tolda fin quando a togliercelo fu la malattia, che lo costrinse a
passare – a malincuore – il timone, nel 1936, a Jacques Goddet, il capo del
quotidiano L’Auto.
Goddet ci risalì quando la corsa ricominciò, dopo la Seconda
guerra mondiale, e vi restò aggrappato – da solo – fino al 1962, quando ad
affiancarlo arrivò Félix Lévitan, allora boss del quotidiano Le Parisien
Libéré.
émilien
Amaury, proprietario del giornale, si era accordato per sponsorizzare la corsa
ma a condizione di mettervi a capo un suo uomo. Lévitan.
Goddet e Lévitan insieme gestirono la corsa per i successivi
venticinque anni, e gettarono le fondamenta di quel colosso globale commerciale
e mediatico che il Tour è diventato. In totale, Goddet ne è stato a capo per
mezzo secolo. E il minimo che gli fosse dovuto è il memoriale che campeggia in
vetta al Col du Tourmalet, una delle montagne-simbolo della sua creatura.
Come quasi tutti i suoi predecessori, anche l’attuale direttore di
corsa Christian Prudhomme arriva dai media. Quasi omonimo di Michel
Preud’homme, gran bel portiere della nazionale belga fra gli anni settanta e
novanta, Christian è nato a Parigi l’11 novembre 1960. Ex giornalista sportivo
radiotelevisivo, ha preso in mano il Tour dal 2007 e si è subito dimostrato un
grande innovatore. Con quel background era ovvio che sapesse che cosa funziona
o no in tv, ma anche che cosa i corridori più detestano: i lunghi e faticosi
trasferimenti.
Tappe di montagna brevi per incoraggiare interpretazioni della
corsa più aggressive, meno chilometri a cronometro, salite corte e dure sono i
marchi di fabbrica dei suoi Tour; ma anche arrivi troppo lontani dalle vette,
compromesso doloroso quanto inevitabile per permettere alla elefantiaca
carovana di trovare spazi e strutture ricettive (sale stampa, parcheggi, vie di
fuga, ospedali) adeguati.
Oltre a quella della sicurezza, già testata dal post-attentato di
Nizza del 14 luglio 2016, la sua nuova sfida, adesso, è contrastare il dominio
dei big teams, gli squadroni – in testa il Team Sky del pokerista Chris Froome
– con super gregari che sarebbero capitani ovunque e fanno corsa dura in testa
al gruppo dalla partenza al traguardo, ma così ammazzano il Tour. O perlomeno la
sua incertezza.
Tra le proposte più controverse e rivoluzionarie, rinunciare alle
cronometro. Non passerà, ma intanto ha fatto discutere. E pensare. In tv
nessuno può permettersi di annoiare. Tantomeno il Tour.
CHRISTIAN
GIORDANO
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