GIRO D’ITALIA 1969, IL DRAMMA DI MERCKX E IL TRIONFO DI GIMONDI


Storie di ciclismo, 6 dicembre 2017

Nel raccontare il Giro d’Italia del 1969 ho qualche reticenza: lo vinse Gimondi o lo perse Merckx? La questione, a distanza di anni, è ancora aperta, abbiate la pazienza di seguirmi e vi spiegherò perchè.

E’ l’edizione numero 52 della Corsa Rosa e il programma prevede, per i forzati del pedale, ventitré tappe da percorrere tra il 16 maggio e l’8 giugno. Merckx in maglia Faema è il favorito d’obbligo in virtù del successo dell’anno prima e perchè reduce da una primavera trionfale con i successi a Sanremo, al Fiandre e alla Liegi; Gimondi, fasciato col tricolore di campione d’Italia, veste la casacca della Salvarani ed è lo sfidante eletto a furor di popolo; tra i due è atteso Adorni quale terzo incomodo, anche se il tempo scorre e il parmense, pur campione del mondo in carica, è già nella fase discendente della carriera e pagherà cara una crisi di tenia.

Si parte con la Garda-Brescia di 142 chilometri ed è l’occasione per Giancarlo Polidori, buon passista fuggito sul colle di Sant’Eusebio, di vincere in solitario e vestire la prima maglia rosa. Merckx è in agguato, da buon “cannibale” non si fa attendere e già al terzo giorno piazza la zampata a Montecatini dopo aver allungato sull’Abetone proprio in compagnia di Gimondi. I 21 chilometri della tappa contro il tempo di Montecatini confermano lo strapotere del belga, che fa tris a Terracina nel giorno funestato dalla morte di un giovanissimo appassionato, vittima del crollo di una tribuna sovraffollata al traguardo. Basso e Dancelli anticipano tutti a Napoli e Potenza ed è già l’ora, per Eddy, di balzare al comando della classifica generale. Cede la maglia rosa a Schiavon per un paio di tappe, ma se ne rimpossessa a San Marino dove è Bitossi a tagliare il traguardo a braccia alzate.

Scocca l’ora della cronometro attesa da Gimondi per ribaltare la situazione, 49 chilometri tra Cesenatico e San Marino, ma il responso boccia il bergamasco, costretto a concedere a Merckx un ulteriore disavanzo di 1minuto 7secondi. Il giorno di riposo e la vittoria di Roberto Ballini non mutano il volto della graduatoria che vede il belga sopravanzare l’azzurro di 1minuto 41secondi la sera del 1 giugno, in quel di Savona. Ma è l’ora del patatrac, del fattaccio che non ti aspetti, dell’episodio a sensazione che scuote il ciclismo e che ancor oggi pone interrogativi mai del tutto risolti.

La mattina seguente, fulmine a ciel sereno, il Giro d’Italia è scosso dalla notizia-bomba che Merckx è risultato positivo ad uno stimolante, la fencamfamina, e si consuma il dramma sportivo: inevitabile l’esclusione dalla corsa. L’immagine di Merckx disperato che in lacrime professa la sua innocenza commuove ed emoziona il mondo dello sport, che inevitabilmente di spacca in due, diviso tra innocentisti e colpevolisti. Si ipotizzerà a lungo il complotto, si parlerà di una “strana” borraccia passata all’atleta in corsa… comunque sia non lo sapremo mai per certo.

Sta di fatto che Gimondi si ritrova leader del Giro d’Italia, si rifiuterà di vestire la maglia rosa non conquistata sulla strada e la Faema si ritirerà in blocco dalla corsa, ma tenendo fede al suo ruolo di numero uno d’Italia porta a termine l’impresa chiudendo da dominatore una classifica che nelle prime dieci posizione colloca solo il tedesco Altig, nono, come presenza straniera. Claudio Michelotto, al miglior piazzamento in carriera, è il delfino di Gimondi, secondo a 3minuti 35secondi; sul terzo gradino del podio sale Italo Zilioli, già tre volte secondo in passato, che accusa un ritardo di 4minuti 48secondi.

Vince Gimondi, e il responso premia il più meritevole, ma il dubbio resta: con Merckx ancora in gara sarebbe andata diversamente? Non avremo mai risposta, questo ve lo posso assicurare: ovvio, direbbe LaPalisse.

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