Villach 1987: la triplice di Roche e la tripletta della Longo





5-6 settembre 1987: i Mondiali di ciclismo arrivano per la prima volta in Austria. Arrivano in una città sì sul suolo nazionale, ma piena di tantissime culture. Villach (Villaco) risente ancora della sua posizione prima centrale nel vecchio impero asburgico e ora di confine: forti sono le influenze friulane, slovene e italiane. Un centro importantissimo, quello nella Carinzia, dove gli uomini si erano già insediati nel tardo Neolitico. I romani misero una stazione di cambio stradale, chiamata Santicum. Città di confine e crocevia: ha rischiato di cambiare padrone dopo la Prima Guerra Mondiale, con gli austriaci superstiti dell’impero Asburgo che la difesero dagli interessi italiani e, più forte, da quegli jugoslavi. Incendi e bombardamenti ne hanno caratterizzato la storia.

Gli austriaci stanno riscoprendo la passione per il ciclismo su strada. Vanta nel suo passato atleti illustri: Adolf Schmal, pionere della pista e oro nella 12 ore ai primi Giochi Olimpici di Atene 1896, evento dove vinse anche due bronzi nella cronometro (vecchia versione del km da fermo, un giro di tracciato, ossia 333 m) e nella dieci chilometri; negli anni ’30 Max Bulla, primo vincitore del Tour de Suisse nel 1933, conta nel suo palmares tre successi di tappa nella corsa elvetica, altrettanti nel Tour de France (tutti conquistati nel 1931) e due nella Vuelta a Espana (tutti nel 1935, quando concluse quinto in generale). Inoltre compare, tra le loro fila, un ciclista in grado di salire sul podio della Grande Boucle: Adolf Christan, terzo nel 1957 dietro a Jacques Anquetil e Marcel Janssens. Correrà anche per la Carpano e la Ignis. Dal 1946 si corre l’Österreich-Rundfahrt (Giro d’Austria), ancora però è una gara riservata ai dilettanti. Nel 1987 due nomi si distinguono: Harald Maier , vincitore del Giro del Trentino 1985 e del Gran Premio Industria di Prato 1986, e Gerhard Zadrobilek, vincitore del Giro del Veneto 1987. Entrambi corrono per team italiani: nel 1986 sono stati compagni di squadra nella Supermercati Brianzoli, assistendo alla impossibile e breve convivenza tra Francesco Moser e Gibi Baronchelli. Maier inoltre è guardato attentamente dal pubblico di casa: all’edizione di Giavera del Montello 1985 è arrivato quinto. Era lì a battagliare con i grandi: vede Joop Zoetemelk attaccare di sorpresa e vincere il suo primo mondiale a 38 anni e 271 giorni, record d’anzianità tuttora valido. Viene battuto da Greg LeMond, Moreno Argentin, Marc Madiot, ma arrivano prima Johan van der Velde e Robert Millar.

Con queste premesse, il borgo carinziano scende a affollare le strade: ancora non era tempo per gli sport simbolo del paese, il salto con gli sci e l’hockey sul ghiaccio. L’Italia si può far sentire: la città è poco al di là delle Alpi Friulane, nel 1979 è avvenuto il gemellaggio con la città di Udine. Ma non è la vicinanza a spingere tanti italiani a varcare i confini: è Moreno Argentin. Il ciclista di San Donà di Piave ha vendicato la sconfitta subito nel suo Mondiale di casa a Giavera del Montello e ha conquistato la maglia iridata a Colorado Springs 1986. E’ il campione in carica e il grande favorito: nel 1987, aveva vinto la sua terza Liegi-Bastogne-Liegi consecutiva e tre tappe al Giro d’Italia. Ha vissuto nel gruppo il tradimento di Sappada, subito da Roberto Visentini e attuato da Stephen Roche. L’irlandese si presenta in Austria con la doppia corona del Giro d’Italia e del Tour de France: ritorna al Mondiale dopo un’anno di assenza. Era presente anche lui nel gruppo nella prova trevigiana e vantava una medaglia di bronzo, conquistata a Altenrhein 1983: nelle vallate svizzere, Greg LeMond aveva vinto la maglia iridata in solitaria con ben un minuto e più di vantaggio su un quartetto, regolato dall’olandese Adrie van der Poel e Roche.

La nazionale guidata da Edoardo Gregori (grazie a Gianluca Trentini per la segnalazione) inizia nel migliore dei modi l’appuntamento internazionale: arriva l’oro nella Cronometro a squadre, corsa da quattro corridori dilettanti. Il gradino più alto del podio mancava dal 1965: gli azzurri fino a allora avevano dominato questa prova, istituita nel 1962, con tre ori e un argento in quattro edizioni. Uomo chiave di questo successo è Eros Poli: lui è l’unico superstite del quartetto oro olimpico a Los Angeles 1984. Negli anni c’erano stati tanti cambiamenti: da Marcello Bartalini, Marco Giovannetti, Eros Poli, Claudio Vandelli si è passati a Roberto Fortunato, Eros Poli, Mario Scirea, Flavio Vanzella con due anni di intermezzo di Massimo Podenzana. Intermezzo particolare: questa gara non fu disputata nel 1984 e non verrà disputata nel 1988. In questo triennio si conclude con l’oro una scalata anche di medaglie: bronzo nel 1985 e argento nel 1986. Vengono battuti i fortissimi sovietici. Esulta anche il pubblico di casa: l’Austria ottiene il bronzo. Nel quartetto da segnalare Helmut Wechselberger: farà una breve fiammata di due anni nel professionismo, vincendo però nel 1988 due tappe e la generale del Tour de Suisse con la Malvor Bottecchia Sidi.

Anche la prova Donne subisce le sospensioni della Cronometro a squadre, ma questo triennio non conosce variazioni per l’oro. La maglia iridata viene conquistata per tre volte consecutive dalla francese Jeannie Longo. Nel 1987 alla Grande Boucle Féminine Internationale, il Tour de France femminile, batte in quella corsa per la prima volta Maria Canins, vincitrice nel 1985 e nel 1986, e festeggia sugli Champs Elysees in maglia gialla insieme a Stephen Roche. Per la prima volta disputato nel 1958 e vinto dalla lussemburghese Elys Jacobs, il Mondiale Donne vede la sesta vittoria di una transalpina. L’atleta più vincente nel 1987 è la belga Yvonne Reynders, con quattro successi. Ma la storia cambierà questo record. Restando a Villach, il podio femminile viene completato dalle due olandesi Heleen Hage e Connie Meyer. La Francia si imporrà anche nella prova Uomini Dilettanti con Richard Vivien, davanti al tedesco Hartmut Bolts e al danese Alex Pedersen.

Arriva il momento della prova clou: la gara Uomini Elite. Alfredo Martini schiera: Moreno Argentin come capitano, Guido Bontempi come vice, gli eterni rivali Beppe Saronni e Francesco Moser, i futuri iridati Maurizio Fondriest e Gianni Bugno, Bruno Leali, Emanuele Bombini, Massimo Ghirotto, Luciano Loro e Roberto Pagnin. Il giornalista Gian Paolo Ormezzano vede come principali rivali degli azzurri gli olandesi: corre ancora il 40enne Zoetemelk e c’è anche Adrie Van Der Poel. Tra gli Orange, i favoriti sono però il cacciatore di tappe e uomo da classiche Teun van Vliet e lo scalatore Steven Rooks.L’Irlanda ha pochi corridori: Martin Early, Paul Kimmage, Roche e Sean Kelly. Non viene da una stagione brillante: piazzato alla Milano Sanremo e secondo al Giro delle Fiandre, ha vinto “solo” Parigi Nizza e Vuelta al Pais Vasco, troppo poco per lui. Ma Kelly resta a tutti gli effetti il capitano. Roche inoltre potrebbe risentire del doppio impegno Giro – Tour e non aver recuperato bene. In Francia, nelle tappe alpine, è stato ricoverato dopo una dura tappa di montagna: era arrivato stremato all’arrivo nel tentativo di tenere la ruota di Pedro Delgado e, appena passata la linea del traguardo, gli hanno dovuto dare una bombola d’ossigeno e stenderlo sulla barella.

Domenica 6 settembre 1987: sono 168 i corridori pronti ai blocchi di partenza. Gli aspetta davanti un circuito di 12 km, da ripetere per 23 volte: alla fine i km percorsi saranno 276. Il circuito non presenta grosse pendenze ma ha comunque dei piccoli strappi, che possono creare selezione. Come se non bastasse la corsa è condizionata da maltempo: la pioggia e l’asfalto bagnato aumentano la difficoltà di questa prova. Pronti via: grande bagarre e parte la fuga. L’ultimo a resistere è il belga Jozef Lieckens, un buon fuggitivo: nel 1985 vinse la classifica dei traguardi volanti al Tour. All’inizio del ventiduesimo giro ha però 10″ di vantaggio. L’Italia è la nazionale che gestisce la corsa: a tirare sono Bombini e Leali. Mentre viene ripreso il belga, contrattacca l’olandese Erik Breukink. Uomo pericoloso e in gran forma: nel 1987, vince la prima semitappa e arriva terzo al Giro d’Italia e al Tour trionfa nel tappone pirenaico di Pau. Tentano poi altri corridori, il francese Martial Gayant e il danese Kim Andersen, ripresi dal gruppo tirato dallo spagnolo Marino Lejarreta e Kelly. E’ il Belgio ora a tirare, mentre l’Olanda mette ben quattro uomini davanti per bloccare i cambi, compreso Adrie Van der Poel. Tenta l’allungo lo svizzero Jörg Müller. All’inizio dell’ultimo giro, Roche allunga e spacca il gruppo, Kelly lo segue insieme a circa una decina di ciclisti, tra cui l’olandese Rooks. Recuperano Breukink e Müller, lo svizzero sarà ripreso dal gruppo e sarà l’ultimo a rientrare. Rientrano dopo cinque corridori, tra cui l’olandese Van Vliet, che dà la superiorità numerica, e Argentin. Gli altri corridori non menzionati sono: lo svizzero Guido Winterburg , lo spagnolo Juan Fernandez (presente anche nella rima fuga di giornata), il belga Claude Criquielion (iridato a Barcellona 1984), il canadese Steve Bauer, il danese Rolf Sørensen e il tedesco Rolf Gölz. Gruppo di tredici corridori in testa. Passano all’intermedio. 29 secondi di vantaggio sul gruppo: la vittoria se lo giocheranno loro. Moreno Argentin si sistema nelle ultime posizione del gruppetto, Kelly torna indietro per un attimo, si mette alla sua ruota e riparte. Davanti sono gli olandesi e Roche a fare il ritmo. L’azzurro risale in tempo per bloccare un’accelerazione di Roche. Gli olandesi provano a far saltare la corsa attaccando a turno: sono sempre gli irlandesi e Argentin a chiudere e compattare il gruppo. A – 4 km allunga Van Vliet, lo seguono Gölz, Sørensen, Wittenburg e Roche: passano a fianco una bandiera italiana che si trova dietro una curva, si girano e vedono un buco di 200 metri. L’irlandese non tira, dopo un po’ di studio attacca il danese: il vantaggio rimane uguale. Bauer tira il gruppo dietro. A 500 metri quattro del quintetto di testa si fermano a studiarsi. Tranne uno: Stephen Roche. Lancia la volata al cartello dei 400 m, guadagna tanto ma tutti pensano che non basti. Lui no. Negli ultimi 100 metri la strada sale, è prima che inizia lo sprint. Roche ha 25 – 30 metri gli bastano. Passa per primo e vince il titolo mondiale. Media oraria: 40.387 km/h. Tempo: 6h 50′ 02″. Gli rimane un secondo di vantaggio: secondo Moreno Argentin, terzo lo spagnolo Fernandez. Peccato per l’azzurro, aveva un’ottima condizione: fosse partito 50 – 100 metri prima avrebbe potuto riconquistare la maglia. 71 corridori concluderanno la corsa. Kelly è quinto ma non importa: va subito a festeggiare e abbracciare il suo compagno di squadra, il primo irlandese campione del mondo, il primo irlandese a vincere il Giro d’Italia, il primo a vincere il Tour de France. Dublino esplode in un boato di gioia: già a Agosto la città era in festa per la maglia rossa e la maglia gialla, erano tutti in solenne contemplazione. Nel paese si porta a spasso l’Amor profano, quello dello sport e del ciclismo. Su quel pullman scoperto però Roche sembra la statua di un santo. Ha fatto miracoli, ma gli manca l’aureola. In Austria gliene riescono due in un colpo solo: oltre la maglia iridata, diventa l’unico corridore, oltre alla leggenda Eddy Merckx, a vincere Giro, Tour e Mondiale nello stesso anno. Il Cannibale ci riuscì nel 1974: nella Corsa Rosa vinse per 12″ sull’esordiente Gibi Baronchelli, ebbe la meglio su Raymond Poulidor al suo settimo podio. A Montreal batté di nuovo il francese: quel Mondiale fu per l’Italia l’ultimo di Nino de Filippis come c.t e da lì ebbe inizio l’era Martini.

Triplice corona per Roche, tripletta consecutiva per Longo: campioni del mondo insieme, nello stesso anno in cui insieme in maglia gialla alzavano il trofeo della Grande Boucle negli Champs Elysees. Questa è l’eredità storica che ci lascia il primo Mondiale di ciclismo in Austria.

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