Man City of Angels


In città e nel Regno una squadra sola al comando, la sua maglia è celeste, il suo nome è Manchester City. 

Nel 177-esimo derby Mancunian, una superiorità imbarazzante per la capolista solitaria, che resta a +2 sul Liverpool, allunga a +3 sul Chelsea e sprofonda a -12 i cugini. Raramente così dimessi. E mai in partita nonostante il regalo di Ederson a Romelu Lukaku, poi scartato da Anthony Martial, in gol per la quinta gara consecutiva. 

Ecco, se c'è un limite, nello squadrone del Pep, è la tendenza a non chiuderle le partite dominate; a specchiarsi sin quasi a irridere l'avversario, che nel caso dello United, Juve docet, non si arrende neanche quando più sembra alle corde. 

Ancora per un mesetto senza il suo miglior giocatore, Kevin De Bruyne, Guardiola ha preferito Riyad Mahrez a Leroy Sané e il Kun neo-argentato al Gabriel Jesus triplettista (con rigore farlocco) in Champions League. 

Dall'altra parte, perso all'ultimo Paul Pogba, che con Chris Smalling  lo scorso 7 aprile aveva rovinato la festa al City quasi campione, Mou è partito con Lindgard-Rashford-Martial e s'è giocato a ripresa inoltrata Lukaku, Juan Mata e Alexis Sánchez. Non è bastato. 

Lo United la palla non l'ha vista mai. E a un certo punto sembrava "difendere" lo svantaggio minimo. Avanti dal 12' con David Silva, il City al 20' ha girato palla per due minuti e mezzo: un'enormità. 

Nella ripresa ha fatto, se possibile, ancor meglio. Sergio Agüero non ha giocato bene, ma col nono gol nei derby ha superato Éric Cantona come miglior goleador straniero e raggiunto Bobby Charlton come quarto all-time della stracittadina, dietro gli 11 di Wayne Rooney e i 10 degli ex citizens Joe Hayes e Francis Lee. 

Il 3-1 di Ilkay Gundogan - dopo 44 passaggi - va oltre il primo derby vinto da Guardiola all'Etihad, il rpimo del City in casa dopo quattro anni. È l'istantanea di un'epoca, della sua filosofia di calcio. Almeno quanto la ramanzina del Pep - per showboating - a Raheem Sterling, 

PER SKY SPORT 24, CHRISTIAN GIORDANO



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