Quel fantastico tris di Checco Moser sul pavè di Roubaix



Un'altra puntata di "Mi ritorni in mente", le pagine storiche del nostro sport. Cancellara lo ha raggiunto nel club dei plurivincitori

di Gianpaolo Tessari

TRENTO. Lo Sceriffo, il problema di Cancellara sulla pista del Velodromo, non lo ha dovuto affrontare. Già, perché Francesco Moser il suo fantastico tris alla Parigi-Roubaix (e sono state tre vittorie in fila) lo ha portato a casa sempre staccando la compagnia, sgretolando uno ad uno i compagni di fatica. E quindi niente affanni per il Checco su quella pista, come è invece toccato in sorte alla locomotiva svizzera domenica scorsa, contro il belga Vanmarcke, in uno sprint «sporcato» da inseguitori interessati solo al terzo gradino del podio.

- Francesco, Fabian Cancellara è entrato nel suo club, quello di chi ha vinto tre volte su quelle pietre...

«Ha tutto il diritto di essere inserito nel club dei grandissimi della Roubaix, visto che l'ha vinta per la terza volta e l'ha fatto da favorito. Con tutti che gli correvano contro, per farlo perdere... E' stato bravo, non è facile portare a termine una gara del genere se tutti, ma proprio tutti sanno che sei il più forte e provano a turno a farti perdere. Ha dimostrato di avere una grandissima forza e di essere bravo anche sul piano strategico, quello della scelta della tattica».

- Dal 1978 al 1980 lei è sempre arrivato da solo su quella pista che ha scritto la storia del ciclismo. A braccia alzate. La prima volta in maglia iridata.

«Io lassù mi sono imposto con una tattica semplice e collaudata: stroncando la concorrenza sugli ultimi tratti di pavè, quelli più duri, uno ad uno, arrivando da solo. Quelle strade le conoscevo molto bene, il pavè è quello, non si cambia e non si tocca, è un bene protetto per legge. Si può solo restaurare, riparare: e non scrivete, come leggo da qualche parte, cubetti. Il pavè è fatto di lastre che saranno un 18 per 18, grandi insomma, altro che cubetti. Nel 1978 fu una bella vittoria e una grande stagione. Quell’anno avevo in squadra un corridore che, non per nulla, è stato soprannominato Monsieur Roubaix per averla vinta quattro volte,  il belga Roger De Vlaeminck. Lui aveva vinto la Sanremo. Sul tratto finale dell’Inferno del Nord ho lasciato una compagnia scomoda: oltre a Roger che poi mi coprì non tirando, staccai l’olandese Raas e Maertens, bruttissimi clienti in volata».

- De Vlaeminck e lei, tornati rivali, avete fatto il bello e il cattivo tempo anche l’anno dopo, nel 1979.

«Roger si ripeté a Sanremo anche in quella stagione e io bissai il successo in quella che, con tutta probabilità, era la corsa a cui teneva di più. Sono riuscito a staccare tutti a 25 chilometri dal traguardo, in un tratto di pavè particolarmente arcigno. Io primo, il bis, e De Vlaeminck secondo».

- Portò a casa l’anno successivo la storica tripletta e l’allora commissario tecnico azzurro Alfredo Martini parlò di lei in termini epici, della sua capacità di sopportare la fatica più sconciante.

«Sì, spese delle belle parole per me. C’era, c’è, grande stima reciproca. Vinsi quell’anno in modo molto simile alle altre, spingendo forte sui tratti finali di pavè. Quell’anno, nel 1980, me ne andai a 25 chilometri dall’arrivo ed ebbi ragione dell’ultimo avversario che provò a restarmi a ruota, il coriacissimo Gilbert Duclos-Lassalle. E’ forse, anche perché arrivava in sequenza, dopo le altre due, quella che ricordo con più piacere».

- L’anno dopo alla Parigi-Roubaix ci fu un finale incredibile. Con un Hinault sprinter...

«Sì, l'ho rivista di recente quella volata in tv e comunque me la ricordo bene: Bernard che in precedenza aveva corso una sola volta la Parigi-Roubaix aveva detto di odiarla, che si trattava di una corsa anacronistica e che non si sarebbe più presentato al via. Invece vi è tornato nel 1981 e l'ha vinta: è entrato nel velodromo e si è messo subito davanti. All'ultimo giro non si è spostato e in quella posizione ero convinto che Roger e io lo avremmo saltato, che insomma sarebbe stato un testa a testa tra me ed il belga. Hinault invece non si è mosso da quella posizione, continuando a mulinare sempre più forte, impedendo ad entrambi (che pure di norma eravamo molto più veloci) di uscire dalla sua ruota».

- Che cos’è cambiato da allora ad oggi alla Roubaix?

« Non è cambiato il percorso ma le biciclette sono migliorate. In modo particolare è un bel vantaggio avere il cambio sul manubrio».

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