FOOTBALL PORTRAITS - Arshavin, stella a metà (2009)


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L’acquisto più costoso nella storia dell’Arsenal non può giocare in Champions League. Ma il 27enne “Pelé russo”, messosi prepotentemente in luce all’Euro2008, in soli due mesi ha stregato l’intera Inghilterra. E il bello deve ancora arrivare

di CHRISTIAN GIORDANO
Guerin Sportivo n. 17, 28 aprile – 4 maggio 2009

«È frustrante: Arshavin può giocare in Premier league e in FA Cup e non in Champions League, ma perché se la sua ex squadra è già stata eliminata? È una logica senza senso». Arsène Wenger non è solo un mago dei giovani o della manovra palla a terra. Con una mano paladino delle tradizioni, con l’altra è il primo a calpestarle, ad abbatterle, a riscriverle. E quando parla ai media, in genere lo fa per trasmettere messaggi mica tanto subliminali. «Lo sapevamo, quando abbiamo preso Arshavin. È il regolamento, quindi non posso lamentarmi troppo». Intanto, però, il sasso l’ha lanciato. E adesso aspetta che nello stagno dei parrucconi UEFA i cerchi concentrici del cambiamento, piano piano, si allarghino.

Inflessibile nella religiosa applicazione della doppia Regola Wenger (mai pluriennali agli over 30 e mai certe cifre per un over 24), se l’alsaziano ha fatto scucire al club 16,5 milioni di euro – record nella storia dell’Arsenal – è perché il 27enne Pelé russoè uno che sposta. Equilibri, destini, fortune.

La sua, quella di Andrey Sergeyevich Arshavin, comincia – si fa per dire – sul pavimento di una casa comune. È lì, per terra, che a dieci anni dorme con mamma Tatiana dopo il divorzio dei genitori. Altro trauma infantil-adolescenziale dopo l’incidente in cui rischiò di morire investito da un’auto e prima della dipartita di papà Sergey, buon talento nei dilettanti deceduto d’infarto a 40 anni. Esperienza che segnano un carattere già forte di suo, da leader nato, con un quasi sovrannaturale spirito di sacrificio che gli porta fame di nuove sfide e fama di ribelle. Non sempre con causa. Vedi le deliranti idee sessiste misogine espresse nella sua autobiografia, 555 – Domande e risposte su donne, soldi e politica.

Nato il 22 maggio 1981 a Leningrado (l’attuale San Pietrburgo), su consiglio del padre – che sognava i pro’ – a sette anni lascia i pulcini del Lokomotiv Mosca (e la guida di Dimitri Phonvkencho) per entrare alla Smena, la scuola calcio dello Zenit San Pietroburgo. È una promessa anche a dama e nel fashion design (il suo diploma), ma è col pallone che sogna e fa sognare. Nel 1999 approda alla casa madre, che lo parcheggia allo Zenit 2 in Pervij divizion, la seconda serie. L’anno dopo, è in prima squadra.

Che l’Inghilterra sia nel suo destino, col senno di poi, lo si intuisce già al debutto: 3-0 esterno sul Bradford City, in Intertoto. Mancino puro, inizia come centrocampista di destra, cresce da mezzala e si afferma come seconda punta, partendo largo sulla fascia o alle spalle di un centravanti di ruolo. Shava – così lo chiamavano i tifosi dello Zenit, giocando sui cognomi suo e di Shevchenko – Calciatore dell’anno nel 2006. Nel 2007 – con 10 gol e 11 assist in 30 partite – trascina i suoi al titolo nella Russian Premier Liga. Per lui il secondo trofeo nazionale dopo la Coppa di Russia del 2003 e prima della Supercoppa russa del 2008. Anno magico in cui inanella anche Coppa UEFA e Supercoppa Europea con il club e il sorprendente terzo posto agli Europei con la selezione allenata da Guus Hiddink. Un altro olandese, come Dick Advocaat, capace allo Zenit di disciplinarne, senza ingabbiarlo, lo smisurato talento.

Ricetta poi mutuata nell’Arsenal: «Con gli infortuni di Rosicky e Fàbregas, ci serviva un elemento di fantasia» ha spiegato Wenger. «Il nostro è un gioco dinamico e giocatori come lui devono sentirsi liberi di muoversi dove possono rendersi pericolosi. Ma nel rispetto della squadra: quando perdiamo palla, tutti devono rientrare per recuperarla». Per farlo, però, ci vuole fiato. E Arshavin, chiuso il campionato russo, era fermo da due mesi. Al centro tecnico di Shenley, nell’Hertfordshire, Andrey ha così sostenuto un richiamo di preparazione personalizzato, prima di essere gettato nella mischia.

Il primo gol in maglia Gunners è arrivato il 14 marzo, all’Emirates Stadium in Premier League contro il Blackburn. In realtà sarebbe stato il secondo, ma la sua spaccata, al 2’ su cross di Walcott dalla destra. È stata deviata nella propria porta da Oojewr. Così, per rifarsi, al 65’ Arshaha pennellato un capolavoro: Denílson cambia fronte da destra, il 23 guadagna la linea di fondo, sinistro-destro, doppio passo per bersi Simpson e destro sotto la traversa; 2-0 ed esultanza delpierana, con la lingua fuori. Senza contare lo zampino sul 3-0 di Eboué, l’assist-gemma sprecato da Bendtner e il triangolo d’alta scuola con Vela. Era rinata una stella, a lungo oscurata dall’infinito tira e molla che aveva portato l’agente, Dannis Lachter, a definire «barbarica» la condotta della società a cui il suo assistito aveva regalato51 gol in 232 presenze.

Prigioniero in una gabbia dorata, Arshavin alla fine si è liberato. Pagando al suo ex club metà clausola di recesso (2,5 milioni di euro) e affittando un jet privato per volare a Londra e firmare, fino al 2012, entro le 17 del 2 febbraio, ora di chiusura del mercato prorogata per via della più intensa nevicata vista in Inghilterra negli ultimi 18 anni. Il tutto per guadagnare meno (77.000 euro la settimana contro i 99.000 che incassava allo Zenit) ma competere al massimo livello in occidente. Terra promessa dov’è sbarcato con Julia, sua compagna da sei anni («non siamo sposati, ma a me piace chiamarla mia moglie») e i loro figli Artyom di 3 anni e Yana di 11 mesi.

Complici il gap atletico («non pensavo che il calcio inglese fosse così duro») e il necessario ambientamento in campo e fuori, ha giocato meno del previsto. Wenger lo impiega largo a sinistra, come contraltare di Walcott o Nasri; o da vice-van Persie dietro la punta (la star Adebayor o il grezzo Bendtner). E talvolta troppo tardi, come nella semifinale di FA Cup persa 1-2 a Wembley contro il Chelsea: entrò al 75’. Errore capitale, vendicato tre giorni dopo con lo strepitoso poker dell’Anfield nel recupero di Premier League (4-4) contro il Liverpool. Poco male: la stella che non c’è brillerà forse con continuità nella prossima stagione. Anche, anzi soprattutto, in Champions League.

Guerin Sportivo n. 17, 28 aprile – 4 maggio 2009


Che fine ha fatto?
Lasciato l’Arsenal per tornare in patria al Kuban Krasnodar, Andrey Arshavin, 75 presenze e 17 reti nella Russia, da marzo 2016 è un protagonista del massimo campionato kazako con il Kairat Almaty. A 35 anni, vivendo una seconda giovinezza, ha spesso deliziato critica e tifosi con giocate, assist e gol spettacolari. Come quello del 24 luglio, in pallonetto al Taraz, battuto 3-1.


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