IN FUGA DAGLI SCERIFFI - Santa Maria e Jeanine hors du commun


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Simone Basso
IN FUGA DAGLI SCERIFFI
Oltre Moser e Saronni: il ciclismo negli anni Ottanta
Prefazione di Herbie Sykes
Rainbow Sports Books

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Maria Canins arrivò molto casualmente all’agonismo pedalato, lei che fu una delle più forti fondiste del Paese (prima italiana ad aggiudicarsi una Vasaloppet), e proiettò il movimento in un’altra dimensione. 

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Fortuna volle che Felix Lévitan, all’ennesima magata, s’inventò la costola femminile della Grande Boucle. Nel 1984, piazzò la carovana “rosa” come antipasto dei giganti della strada. Già la vernice vinta da Marianne Martin fu un successo, l’anno dopo la replica consacrò la fresca rivalità tra la Mammina volante e Jeannie Longo.

Le due cominciarono una sfida impari, per la durezza spaventosa di quei Tour (la francese) e la differenza di età ed esperienza (l’italiana). 

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Nel 1985, alla Festa di luglio, fu umiliata dalla rivale: riproponendo le nazionali (nostalgia canaglia italiana…), il miraggio di quel camoscio sulle vette produsse ricordi di dominazioni italiche passate. 

Jeanine stessa la ribattezzò Fostò; scalando i Pirenei, nella frazione del Tourmalet, Canins distrusse tutte: seguendo le indicazioni del marito, Bruno Bonaldi, che nelle discese le tracciò con uno spray la traiettoria per le curve più insidiose, s’involò con un passo impossibile per la concorrenza. 

A Luz Ardiden diede a Longo nove minuti, e la classifica finale parigina – che gli organizzatori dovettero giustificare con l’espediente dei punteggi, vista la censura dei talponi dell’UCI – parlò un linguaggio ciclistico anni Cinquanta: Jeanine a 22’11”, le altre ben oltre la mezz’ora. 

Nel 1986 si girò lo stesso film, con un dominio forse ancora più evidente: scortata da un’Azzurra di giovani talentuose, Imelda Chiappa e Roberta Bonanomi soprattutto, si aggiudicò cinque tappe, sorvolando le cime en danseuse

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Nel 1987, a trentotto anni, si arrese alla clessidra e alla Longo, che iniziò finalmente la propria dittatura.

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Maria continuò a pedalare anche negli anta, con una calma serafica e l’entusiasmo di una bambina: tra le innumerevoli vittorie fece suo il Giro d’Italia 1988, l’edizione inaugurale di una gara che finalmente venne organizzata in pompa magna. Colse il successo quasi fuori tempo massimo, in tutti i sensi, con un’impresa coppiana all’ultima tappa.

Nel palmarès, ricchissimo, rimase il buco della maglia iridata, quella della prova su strada. Un dettaglio insignificante perché, se la Canins fosse apparsa un po’ prima, sul percorso di Sallanches avrebbe doppiato l’intero plotone.


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