FOOTBALL PORTRAITS - Totti, l'ultimo gladiatore


Guerin Sportivo ©

Kevin Buckley, inviato al Ferraris di Genova dalla rivista ufficiale della Champions League, non riusciva a crederci: 26 novembre 2006, migliaia di sampdoriani applaudono un gol (di rara bellezza) della squadra ospite, la Roma. «Nella terra che ha scordato il fair play, quasi inaudito». 

Capita, se Francesco Totti si specchia in Van Basten contro Dassaev nella finale di Euro88. Sulla sinistra, quasi sul fondo, arma il mancino e scarica al volo sul palo lontano il gran cross di Cassetti da destra. Un attimo, una vita. 

Quella del romanissimo “Pupone” di Porta Metronia, soprannome che lui detesta, inizia (il 27 settembre 1976) appunto là, in via Vetulonia, quartiere Appio Latino. Zona ad alta densità giallorossa. È un predestinato: a dieci mesi già cammina e in spiaggia, a Porto San Giorgio, calcia un pallone di plastica, a cinque palleggia, «ma a casa non ha mai rotto niente» dice mamma Fiorella. Papà Enzo lo accompagna a un torneo estivo a Torvaianica, per farlo divertire. I più grandicelli non vorrebbero, ma Checco (altro nick mai amato), il più mingherlino, entra e fa due gol: non esce più e se lo contendono per le due partite successive. Morale: sua la coppa per il più piccolo.

Primi calci nella Fortitudo (quartiere San Giovanni) agli ordini di Trillò, poi Smit Trastevere (e primo campionato Esordienti) sotto Pergolati e Paolucci e due stagioni alla Lodigiani, allenato prima da Mastropiero poi da Neroni.

Richiesto dalla Lazio, con cui la Lodigiani è già in parola, e poi dalla Roma (per cui è visionato da Lupi, Giannini e Maldera), a 13 anni, spinto anche dalla madre, sceglie la squadra del cuore. E nonostante le future insistenze di Carlos Bianchi (1997), non la lascerà più.

Fondamentali, nella trattativa, Bruno Ripani, mobiliere di Via Vetulonia e amico dei Viola, Gildo Giannini (padre di Giuseppe e all’epoca dirigente romanista) e, si dice, Stefano Caira, oggi alla Roma ma ai tempi ancora in Federazione.

Tre anni di giovanili e Vujadin Boskov lo aggrega alla prima squadra e, il 28 marzo 1993, nel finale di Brescia-Roma (0-2) lo fa esordire 16-enne in Serie A. «Scaldati», e Francesco niente: pensava dicesse a Muzzi.

Da titolare debutta sotto Carlo Mazzone, per lui maestro di calcio e di vita (niente interviste, «A France’, vatte a fa’ la doccia»), il 16 dicembre in Coppa Italia (la Roma vince ma la Sampdoria si qualifica ai rigori) e in campionato il 27 febbraio 1994 di nuovo contro la Sampdoria. Il destino nel nome.

Il primo dei 165 gol in A (4 settembre 1994), miglior bomber in attività e in giallorosso (di cui è pure recordman di presenze assolute, 507, in massima serie, 395, e reti, 205) contro il Foggia. Nonostante la concorrenza di Balbo e Fonseca, colleziona 21 presenze e 4 gol. Dalla stagione seguente, è stabilmente negli undici.

Nel 1996 arriva in panca Carlos Bianchi, e con lui un periodo difficile. Si parla di un prestito per fargli fare le ossa alla Sampdoria, dove lo vorrebbe Spinosi, il vice-Eriksson. Invece va via l’argentino, ancora oggi più deriso che detestato sotto il Cupolone.

Nel 1997, con Zeman, Totti compie il salto di qualità, fisico prima che tecnico. L’iperoffensivo 4-3-3 del boemo pesa quanto le leggendarie ripetute sui gradoni, e Totti diventa il leader della squadra e, a ondate, l’uomo-simbolo di Roma e della romanità. Specie contro il vento del nord (ovest). Il 31 ottobre 1998, Aldair gli cede la fascia di capitano. Il Guerin d’oro come MVP della A è un altro atto dovuto, bissato nel 2004.

Nel 1999 ecco Capello. Il 17 giugno di due anni dopo, il club della Lupa festeggia il terzo, storico scudetto. Il 19 agosto la prima delle sue due Supercoppe Italiane della sua carriera: 3-0 alla Fiorentina all’Olimpico. Totti firma il terzo gol.

Nella primavera 2005 rinnova fino al 2010: 5,4 mln di euro netti a stagione, unico a sforare il salary-cup (2,5) fissato dalla società. Il 19 febbraio 2006, al 7’, un più casuale che cattivo fallo dell’empolese Vanigli gli procura una frattura del perone con interessamento ai legamenti della caviglia sinistra. Operato il giorno stesso a Villa Stuart, rientra nella finale di ritorno di Coppa Italia (persa contro l’Inter, poi scudettata a tavolino).

Sforzi premiati dal Ct azzurro Marcello Lippi, che lo porta al titolo di Berlino 2006. Per Totti - protagonista solo dal dischetto, all’ultimo tuffo (di Grosso) con lAustralia, in finale e forse a sprazzi con l’Ucraina - è l’addio al colore sfoggiato sin dalla U14 di Corradini, poi nelle selezioni di Vatta e col quale ha vinto l’Euro U21 del 1996 (ai rigori, con Ct Cesarone Maldini) e l’oro ai Giochi del Mediterraneo del 1997.

Piccole gioie di un amore sbocciato con l’ormai mitologico cucchiaio a Edwin van der Sar ai rigori in semifinale a Euro2000, ma che gli ha portato più che altro dolori ed espulsioni: per lo sputo al danese Christian Poulsen a Euro2004, per la simulazione (che permise all'arbitro ecuadoriano Byron Moreno di esistere) contro la Corea del Sud al mondiale 2004.

Il punto più basso della parabola fatta di 58 presenze e 9 reti e chiusa fra le polemiche per il precoce addio che precede la sua miglior stagione in carriera, chiusa da centravanti (ruolo cucitogli addosso da Spalletti nel 4-2-3-1) capocanonniere d’Italia e d’Europa (Scarpa d’oro, 26 gol) e alzando il 17 maggio, la prima di due Coppe Italia filate, battendo in finale l’Inter al quarto tentativo di altrettante finali.

Nella seconda, lo farà da capitano non giocatore per via del crac al crociato anteriore del ginocchio destro, crac occorsogli il 20 aprile nella gara col Livorno, ultima stazione di una via-crucis cominciata nel 2002 con la lesione ai legamento collaterale di quello sinistro.

Inserito da Pelé e dalla FIFA nella lista dei 125 migliori giocatori in attività, Francesco è un professionista realizzato anche come uomo. La consorte Ilary Blasi, ex Letterina a passaparola, incarna la risposta italiana alle Wags inglesi, e nel glamour-business la coppia è quinta dietro i coniugi, Beckham, Rooney, Gerrard e (Ashley) Cole: 13 milioni di euro. Francesco nel 2007 ne ha portati a casa, allietata da Cristiane Chanel (in onore della griffe), 11,8 (1.25 dalla Diadora, sponsor tecnico dopo il saluto della Nike nel post-Poulsen). Insieme hanno fondato la linea di abbigliamento NWY (Never Without You, mai senza te), showroom in via Veneto, via Cimarosa e via Tamacini, a un cross da piazza Navona: 1,3 mln di ricavi (-836 euro di perdita, bilancio 2006). Il segreto? «Fanno parte del popolo» spiegano alla Bocconi Trovato & Partners.

Sarà per questo che nella apologia del nazional-popolare, il Festival di Sanremo, lui è stato ospite e lei co-conduceva (per 500 mila euro); insieme hanno venduto in esclusiva a Sky Tg24 (per 300 mila euro, dati in beneficenza), doppiato i Simpson e registrato per la Vodafone spot-cult come gli slogan («Life is now»); Ilary era a Le Iene (25.000 euro a puntata) anche col pancione e Francesco ha fatto una comparsata ne “I Cesaroni” dell’antico sodale Claudio Amendola (che lo convinse a festeggiare lo scudetto tatuandosi il gladiatore dal comune amico Gabriele) e nel remake de L’allenatore del Pallone. In questo idilliaco quadretto, però, Totti vive in una gabbia dorata, anche se formato superattico in centro (secondo trasloco, a Casal Palocco, nella villa con piscina, ha i genitori). Lo accudiscono, dopo la rottura con Zavaglia, il fratello Riccardo, col quale ha fondato la Number Ten (marketing e organizzazione eventi, 3,4 milioni di fatturato e 806 mila di utile nel 2006), e il massaggiatore confidente Vito Scala. Che per lui è disposto a tutto, compreso lo “sfondamento” cestistico preso nel calmare il nostro dopo una espulsione.

Ecco, se c’è un limite nel cielo tottiano, è l’indole da Masaniello (ma troppo buono). Senza, però, Carlo Zampa, speaker dell’Olimpico, a ogni sua (rarissima) sostituzione non arrufferebbe così il «popolo giallorosso, in piedi. Esce il Capitano», facendo alzare 70.000 sudditi dell’unico erede di Giacomo Losi, il Core de Roma originale. Un sacco bullo, l’ultimo gladiatore. 



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