1988-89 - Stellone rossonero
1988-89, Stella Rossa-Milan: la partita della nebbia
di CHRISTIAN GIORDANO © - Guerin Sportivo n.1, 7-13 gennaio 2003
© Rainbow Sports Books
Il secondo Milan di Sacchi fatica in campionato ma in Coppa vola. Dopo aver maramaldeggiato sui bulgari del Vitosha (2-0 a Sofia, 5-2 a San Siro), i rossoneri rischiano di brutto negli ottavi.
A Milano, dopo essere andati sotto con la Stella Rossa (gol di Stojkovic), si salvano con Virdis.
E al ritorno il grande Milan si fa di nebbia. Agli slavi per qualificarsi basta lo 0-0 e così il 10 novembre, sotto la direzione del tedesco Pauly, nell’occasione assai filocasalingo, si continua a giocare anche se non si vede a un palmo di naso.
I belgradesi controllano agevolmente il gioco e si portano in vantaggio con una rete che a visibilità normale Giovanni Galli forse avrebbe evitato. Virdis viene espulso. Il Milan è come il campo: non si vede. Ma la fortuna, si sa, ha un debole per gli audaci.
A metà del secondo tempo la nebbia è fittissima, e Pauly dice stop. 24 ore e un paio di cambi dopo, i rossoneri sembrano trasformati: segnano un gol buono (con Van Basten al 35’) e uno buonissimo (con Mannari, palla dentro di un metro), misteriosamente non convalidato. La ruota è girata.
4’ dopo la Stella Rossa pareggia (ancora con Stojkovic) e sul finire del tempo si teme il peggio: Donadoni, vittima di un impatto violentissimo, si frattura la mascella. A quel punto emerge il carattere dello squadrone milanista che poi la spunta ai rigori.
A primavera sarà tutt’altro Milan. Ma che brividi a Belgrado.
A Milano, dopo essere andati sotto con la Stella Rossa (gol di Stojkovic), si salvano con Virdis.
E al ritorno il grande Milan si fa di nebbia. Agli slavi per qualificarsi basta lo 0-0 e così il 10 novembre, sotto la direzione del tedesco Pauly, nell’occasione assai filocasalingo, si continua a giocare anche se non si vede a un palmo di naso.
I belgradesi controllano agevolmente il gioco e si portano in vantaggio con una rete che a visibilità normale Giovanni Galli forse avrebbe evitato. Virdis viene espulso. Il Milan è come il campo: non si vede. Ma la fortuna, si sa, ha un debole per gli audaci.
A metà del secondo tempo la nebbia è fittissima, e Pauly dice stop. 24 ore e un paio di cambi dopo, i rossoneri sembrano trasformati: segnano un gol buono (con Van Basten al 35’) e uno buonissimo (con Mannari, palla dentro di un metro), misteriosamente non convalidato. La ruota è girata.
4’ dopo la Stella Rossa pareggia (ancora con Stojkovic) e sul finire del tempo si teme il peggio: Donadoni, vittima di un impatto violentissimo, si frattura la mascella. A quel punto emerge il carattere dello squadrone milanista che poi la spunta ai rigori.
A primavera sarà tutt’altro Milan. Ma che brividi a Belgrado.
La tattica/Un Sacchi bello
«Ha cambiato il calcio italiano», dicono. Sarà, avere i campioni però aiuta. I meriti dell’«ayatollah» di Fusignano ci sono tutti, ma la sensazione è che giocatori straordinari come il trio olandese e la batteria di campioni nostrani più o meno fatti in casa siano la più azzeccata delle tattiche.
Bravo è il tecnico rossonero nell’impostare la squadra secondo i dettami della zona-pressing più esasperata: raddoppi asfissianti, ricorso sistematico (e a volte eccessivo) al fuorigioco, sfruttamento ossessivo delle fasce, velocità d’esecuzione esponenziale rispetto alle lente cadenze volute dal suo predecessore, Liedholm. Il tutto sospinto da una mentalità nuova e coraggiosa.
Per il Milan giocare in casa o in trasferta è indifferente: l’aggressività, la voglia di andare all’attacco senza accontentarsi sono le stesse. E anche la critica più prevenuta deve ammetterlo.
Nell’immutabile 4-4-2, la difesa ruota attorno ai fuoriclasse Baresi e Maldini, ben coadiuvati dal secondo centrale Costacurta e dal terzino destro Tassotti. La linea mediana, Donadoni-Colombo-Rijkaard-Evani, garantisce il giusto mix di polmoni e piedi buoni, e in avanti, accanto alla star Van Basten, il furetto Mannari fa le veci degli assenti Gullit e Virdis.
Bravo è il tecnico rossonero nell’impostare la squadra secondo i dettami della zona-pressing più esasperata: raddoppi asfissianti, ricorso sistematico (e a volte eccessivo) al fuorigioco, sfruttamento ossessivo delle fasce, velocità d’esecuzione esponenziale rispetto alle lente cadenze volute dal suo predecessore, Liedholm. Il tutto sospinto da una mentalità nuova e coraggiosa.
Per il Milan giocare in casa o in trasferta è indifferente: l’aggressività, la voglia di andare all’attacco senza accontentarsi sono le stesse. E anche la critica più prevenuta deve ammetterlo.
Nell’immutabile 4-4-2, la difesa ruota attorno ai fuoriclasse Baresi e Maldini, ben coadiuvati dal secondo centrale Costacurta e dal terzino destro Tassotti. La linea mediana, Donadoni-Colombo-Rijkaard-Evani, garantisce il giusto mix di polmoni e piedi buoni, e in avanti, accanto alla star Van Basten, il furetto Mannari fa le veci degli assenti Gullit e Virdis.
La Stella Rossa non è ancora la formazione che nel ’91, a Bari, imporrà la sua legge, sempre ai rigori, all’Olympique Marsiglia. Mancano, tanto per far nomi, il libero di origine rumena Belodedic e il centravanti-bluff Pancev e non è si è ancora affermata in prima squadra la generazione di fenomeni (tali erano nelle giovanili) Jugovic, Prosincki e Mihajlovic.
Ma la formuletta slava, nel bene e nel male, è sempre quella: talento in quantità industriali e una certa idiosincrasia ad incanalarlo nella necessaria disciplina tattica. La manovra biancorossa fa perno su Stoijkovic, genietto (con parentesi al Verona) perennemente bersagliato dagli infortuni e sull’estro del promettente ma acerbo Savicevic. Solida dietro, la formazione belgradese paga però l’evanescenza dell’attacco. E contro una «maginot» come quella rossonera arrivare ai rigori è già grasso che cola.
Ma la formuletta slava, nel bene e nel male, è sempre quella: talento in quantità industriali e una certa idiosincrasia ad incanalarlo nella necessaria disciplina tattica. La manovra biancorossa fa perno su Stoijkovic, genietto (con parentesi al Verona) perennemente bersagliato dagli infortuni e sull’estro del promettente ma acerbo Savicevic. Solida dietro, la formazione belgradese paga però l’evanescenza dell’attacco. E contro una «maginot» come quella rossonera arrivare ai rigori è già grasso che cola.
Il tabellino
Belgrado, 10 novembre 1988
STELLA ROSSA-MILAN 3-5 d.c.r. (1-1, 0-0, 0-0, 0-0)
Stella Rossa: Stojanovic; Nejdovski, Vasiljevic; Sabanodzovic, Radovanovic, Juric; Ivanovic, Savicevic, Bursac, Stojkovic, Djurovic. Allenatore: Petrovic.
Milan: G. Galli; Tassotti, P. Maldini; Rijkaard, Costacurta, F. Baresi; Donadoni, Colombo, Van Basten, Evani, Mannari. Allenatore: Arrigo Sacchi.
Arbitro: Pauly (Germania Est).
Marcatori: Van Basten (M) al 35’, Stojkovic (SR) al 39’.
Sostituzioni: Gullit per Donadoni al 47’, Mrkela per Bursac al 51’, Prosinecki per Djurovic al 74’, Cappellini per Mannari al 115’.
Rigori: Stojkovic (gol), F. Baresi (gol), Prosinecki (gol), Van Basten (gol), Savicevic (parato), Evani (gol), Mrkela (parato), Rijkaard (gol).
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