MAESTRI DI CALCIO - Brandão, il santone paulista


Gáucho di Taquara, dov’era nato il 18 settembre 1916, Oswaldo Brandão proveniva da una famiglia di umili origini. Sin da giovanissimo aveva cominciato a lavorare nella costruzione di ferrovie. La schiena curva però non era nel suo destino. Di buttar giù binari smette presto, grazie al calcio, come mediocre difensore prima nell’Internacional di Porto Alegre e poi nel Palestra Itália di São Paulo. Il fato però si vendicherà con un infortunio che gli accorcerà la carriera. 

Del club paulista, nel frattempo diventato Palmeiras, già dall’ottobre 1945 è diventato l’allenatore. In pochi però potevano immaginare che il giovanotto, con tanto studio e infinita disciplina, sarebbe diventato uno dei migliori allenatori nella storia del futebol brasiliano. E forse il più autoritario e accentratore, un padre padrone che ai suoi sottoposti imponeva rigide norme di comportamento. A volte esagerando. Come quando vietò la tournée europea a un suo giocatore che ai piedi aveva i geloni.

In carriera ha allenato e vinto con tutti i grandi club di São Paulo. Con il Palmeiras quattro titoli statali (1947, 1959, 1972 e 1974), la Taça Brasil del 1960, e due campionati brasiliani (1972 e 1973) con una delle squadre più forti nella storia del club alviverde, poi ribattezzata la “Segunda Academia”, un decennio dopo la prima degli anni Sessanta. Con il São Paulo è stato campione paulista del 1971.

Nel Corinthians ha vinto per tre volte il torneo Rio-São Paulo (1953, 1954 e 1966) e due Paulistão più che speciali come quello del 1954, nel IV Centenário della città di San Paolo, e quello del 1977, arrivato dopo un digiuno di 23 anni della società alvinegra.

Ha lavorato anche nel Portoguesa e nel Santos, e in carriera vanta anche un titolo con l’Independiente campione nel 1967 con il miglior record (86% di vittorie) nella storia del fútbol argentino. 

Più rimpianti che gioie invece alla guida della Seleção. Era lui il Dt durante le qualificazioni al mondiale del 1958, poi vinto dal suo successore Vicente Feola, il cocco di Paulo Machado de Carvalho, capodelegazione della spedizione brasiliana in Svezia.

Chiamato di nuovo a dirigere la squadra nelle eliminatorie per il mondiale di Argentina 78, Brandão partì con lo 0-0 di Bogotá contro la Colombia e fu rimpiazzato con un capitano dell’esercito, Cláudio Coutinho, più preparatore che allenatore, ma gradito alla dittatura militare: il regime dei Gorillas. 

Come raccontato dal mensile specializzato Placar nel centenario della nascita di Brandão, scomparso a 72 anni il 29 luglio 1989, la mancata partecipazione al mondiale era rimasta una ferita mai rimarginata: «Não ter ido a uma Copa do Mundo foi minha maior frustração».

Il mondiale che forse più di tutti si era meritato, lo aveva vinto Feola e quello in cui un mediocre Brasile finì quarto gli fu tolto ancor prima di arrivarci. Si vede che non era destino. Come non lo era piegare quella schiena dritta.


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