I dettagli del golpe e i suoi protagonisti
Questo è il racconto di una strana serata nella hall deserta di un albergo di Canazei. Mettendo insieme mezze parole, immagini viste, momenti vissuti, indiscrezioni raccolte, viene fuori in tutti i particolari il colpo di mano preparato e realizzato con meticolosa cura
dai nostri inviati in carovana:
Tony Lo Schiavo, Filippo Nanni, Ilario Biondi
Speciale di Bicisport – Il giallo del Giro ’87, giugno 1987
È ormai notte. Nella hall dell’albergo di Canazei lo schermo mostra immagini di un vecchio film. Al bancone del bar, va e viene l’albergatore sbrigando faccende che sembrano più cercate per passare il tempo che necessarie. Fuori è freddo ed il cielo minaccia pioggia. Sopra, ognuno nella propria camera, tutto il clan della Carrera.
Il “golpe” del giorno prima ha ormai contorni delineati e nitidi. Tra ammiccamenti e mezze parole, viene fuori una corsa sommersa che fa gridare allo scandalo, sebbene si realizzi tra le lacune delle norme ed una consuetudine ormai consolidata. Alla base di tutto, un personaggio: Raphael Geminiani, direttore sportivo a spasso, in attesa l’anno prossimo di guidare la Fagor.
Geminiani ufficialmente vuole Roche, ma forse è già suo. Sta di fatto che la regia del golpe sembra abilmente curata da lui.
Era appena stata superata Ceggia, una località a una trentina di chilometri da Jesolo, quando Bagot (della Fagor) era scattato. Sulla sua ruota presto si era riportato Roche con a ruota Salvador. Boifava resta sorpreso dall’azione dell’irlandese ed immediatamente si porta su di lui.
Quella mattina si era svolta all’hotel Anthony [a Lido di Jesolo, nda] la solita riunione. Ma con un curioso particolare. Il dottor Grazzi aveva ricevuto le analisi mediche fatte dopo la cronometro di San Marino nelle quali l’irlandese mostrava valori incredibilmente bassi. Roche confermava la sua scarsa condizione e chiedeva ai compagni una tappa di controllo perché temeva di non reggere il passo dei migliori soprattutto nel finale.
La squadra era stata pronta a mostrargli la propria solidarietà. L’avrebbero protetto. Ora invece era in fuga e tirava come un disperato.
Boifava gli aveva chiesto spiegazione della sua tattica “urlandogli” gli accordi del mattino. Ma l’irlandese aveva risposto che la sua azione era tesa solo a provocare gli avversari di Roberto e che il suo obiettivo era la vittoria di tappa. Il direttore sportivo gli aveva allora detto di rimanere a ruota del compagno per non incrementare troppo il vantaggio, visto che dietro nessuno tirava. Ma Roche non ne aveva voluto sapere di interrompere la sua azione. Allora Boifava si era mostrato più duro minacciando l’opera della squadra per annullare la fuga. L’irlandese però aveva continuato imperterrito la sua azione.
Boifava allora era tornato sul gruppo. Si era rivolto innanzi tutto a Visentini dicendogli che Roche si limitava a controllare la fuga senza partecipare attivamente. Un piccolo trucco per non mettere subito in agitazione la maglia rosa. Poi era andato da Leali e lo aveva invitato a mantenere l’alta andatura per cercare di cucire lo strappo. Nulla di disperato, ma l’allarme era già stato dato.
Ciò che faceva precipitare la situazione era l’assoluta passività del gruppo. Anche gli uomini della classifica lasciavano che il vantaggio dell’irlandese aumentasse senza battere ciglio. La cosa era sospetta.
Boifava allora mandava avanti il suo vice, Quintarelli, per minacciare Roche di gravi provvedimenti qualora non avesse rispettato gli accordi presi. Ma mentre Quintarelli riferiva il messaggio di Boifava, il meccanico Valcke, uomo di fiducia di Roche, urlava C’est pas vrai! Allez! Allez! Tu gagne le Giro!” (“Non è vero niente, vai a tutta che vinci il Giro!”).
Ma l’irlandese a quel punto aveva realizzato solo la prima parte del piano. Scattava nuovamente e questa volta a favorire lo scatto, facendo il buco, era Millar, quinto in classifica. Possibile che anche la Panasonic, oltre alla Fagor, facesse il gioco di Roche?
Il nuovo attacco sgretolava il gruppo. Con l’irlandese andavano via parecchi uomini di classifica. Per Visentini iniziava a il calvario. La squadra piano piano perdeva contatto con il gruppo dei migliori e Roberto restava solo. Arrancava con difficoltà e Davide Boifava lo assisteva come poteva, stravolto quanto il suo corridore per la piega che andavano prendendo le cose.
Aveva davanti Schepers. Correva su di lui per dirgli di fermarsi ad aspettare Roberto. Ma il belga lo irrideva, dicendo che si arrangiasse da solo. Boifava si guardava intorno per cercare occasionali amici, ma trovava il vuoto. Anzi Argentin era pronto ad affondare il coltello nella piaga con uno scatto che provocava lo sganciamento della maglia rosa. Un’azione che non poteva dare ad Argentin altro vantaggio se non la soddisfazione di vedere vendicato l’affronto di una dichiarazione di Visentini irriguardosa nei suoi confronti: “Saronni ed Argentin – aveva affermato a Bari nel giorno di riposo – quando arrivano le salite prendono due ore”.
Boifava e Visentini ai titolari avevano chiesto l’allontanamento di Schepers e Valcke. La lor ribellione era stata evidente, palese. La disciplina di squadra clamorosamente irrisa. Ma la risposta era negativa. Sia come sia, conta la maglia rosa. Così Visentini era stato condannato a proseguire un Giro sempre più umiliante per lui e Boifava costretto a subire le irriverenze di un clan, quello degli stranieri, che si sentiva intoccabile. Intanto una voce, fina e lontana, sussurrava che i giochi erano curati da una persona che l’anno prossimo dirigerà la Fagor, che vuole Roche, che viaggia su una macchina della Panasonic, che è arrivata a San Marino e che si chiama Geminiani.
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