Tour 1987 - Hinault e LeMond assenti, gli altri ben presenti


di Françoise & Serge Laget, Philippe Cazaban, Gilles Montgermon 
La grande storia illustrata del Tour de France

L’irlandese Stephen Roche è arrivato 48° nel 1986, il suo Tour peggiore. Carrera Jeans, nel 1987, spiega questa performance negativa con la scusa del famoso “primo anno di adattamento”. Prova ne è che Stephen ha appena vinto il Giro d’Italia. 

In questo Tour (il quinto), assenti Hinault e LeMond, Roche sembra in forma come nel 1985, anno in cui, con i colori de La Redoute, si era guadagnato, dietro ai due campioni, la terza posizione. Quest’anno non dovrebbe essere difficile per lui trovare un posto sul podio, anche se ci sono 206 corridori allineati alla partenza. Ma Delgado, Bernard, Simon e Herrera terranno conto di questi calcoli, fin troppo ovvi e pianificati a tavolino? Per il momento ai quattro campioni non importa niente, concentrati come sono a visitare il Muro di Berlino, visto che il Tour, quest’anno, parte dalla città tedesca che sta festeggiando il 750° anniversario della sua fondazione. 

Da adesso in poi il Tour verrà influenzato dalla buona e dalla cattiva sorte che lo hanno sempre contraddistinto. La buona: Lech Piasecki è il primo polacco a indossare la maglia gialla, Martial Gayant e Charly Mottet, anch’essi in giallo, Laurent Fignon vincitore a La Plagne. La cattiva: i controlli anti-doping positivi di Bontempi e Thurau, la frattura di una clavicola e il ritiro di Kelly, una foratura di Bernard. 

La corsa procede tra alti e bassi, ma ben presto ci si rende conto che solo una squadra è davvero in forma: la Carrera Jeans di Roche che s’impone nella cronosquadre di Berlino, prima che il suo leader, Roche, non dimostri palesemente il suo interesse a vincere il Tour. La corsa comincerà seriamente solo verso Millau e sul Ventoux, anche se a Karlsruhe è davvero commovente la manifestazione in omaggio a Drais de Sauerbrun, l’inventore della biciletta. 

Jean-Francois Bernard, erede di Bernard Hinault e punta di diamante del team Toshiba-Look-La Vie Claire di Bernard Tapie, supera il Ventoux quasi fosse a bordo di un aereo e non di una bicicletta, batte tutti i record e sparpaglia il gruppo attorno alla maglia gialla che indossa per la prima volta, con più di due minuti di vantaggio su Roche e Mottet. La fortuna ha la sua importanza durante la corsa tanto più quando si attraversa il Massif du Vercors, un posto adatto alle imboscate. La maglia gialla di Bernard non resiste, anche se questo è il suo regno. A Villard-de-Lans, dove Delgado vince la tappa e Roche indossa la maglia gialla, Bernard perde più di quattro minuti e la corsa è di nuovo in gioco. 

Ci sono dodici ritiri e Roche non ha che quaranta secondi su Delgado. Pedro, che è molto a suo agio sulle Alpi, gli sfila la maglia gialla sull’Alpe d’Huez, la conserva fino alla fine delle montagne, ma la tiene per un filo molto sottile, visto che ha un vantaggio di soli venti secondi. Non sono sufficienti per resistere agli attacchi dell’irlandese nella cronometro di Dijon. Bernard vince, ma Roche è secondo e conquista più di un minuto sullo spagnolo. L’irlandese ritrova quindi la maglia gialla con quaranta secondi di vantaggio e, visto che fino sugli Champs Élysées non ci saranno grandi difficoltà, la conserverà fino alla fine. Delgado è un ottimo secondo e Bernard un “eroico” terzo. Partito dalla Germania, paese ancora diviso in due e messo insieme solo dalla passione per il ciclismo, il Tour quest’anno è vinto da un corridore di uno Stato europeo [ciclisticamente] “marginale”, l’Irlanda, che si riconcilierà con il resto d’Europa proprio con questa vittoria. 

Stephen Roche, dopo la maglia rosa del Giro e quella gialla del Tour, vincerà anche quella arcobaleno, una tripletta rara come un albero di arance in terra irlandese…

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