La vita liquida di Nicolas Roche



Le vittorie alla Vuelta, il suo giro preferito e la vita privata

di DAVIDE BERNARDINI
Suiveur - 4 giugno 2020

Non c’è stato un momento preciso in cui Nicolas Roche s’è reso conto di non poter vincere il Tour de France. «Piuttosto presto», disse approssimativamente qualche anno fa quando gli venne chiesto. Piuttosto presto, nel suo caso, potrebbe voler dire negli anni a cavallo tra il dilettantismo e il professionismo, quando si accorgeva di deludere puntualmente tutte quelle persone che da lui si aspettavano chissà cosa soltanto perché portava quel cognome.

La convinzione di essere un buon corridore e nulla più, tuttavia, non può averla maturata tanto tempo prima, se è vero che ha iniziato a pedalare sul serio soltanto da adolescente – le pedalate infantili nel giardino di casa, lui nei panni di Rominger e la sorella in quelli di Chiappucci, non contano. Prima della bicicletta, infatti, ci furono la corsa, il calcio e il rugby. Riusciva piuttosto bene in tutti e tre, specialmente nel rugby: il suo contributo era fondamentale e dal campo usciva pulito, quasi immacolato.

Poi ha capito di voler mettersi in proprio, senza dipendere dagli umori e dai talenti dei compagni di squadra: la sconfitta doveva arrivare per colpa sua, non per manchevolezze altrui. Ironia della sorte, arrivato alla sedicesima stagione tra i professionisti Nicolas Roche è uno degli uomini-squadra più apprezzati: AG2R, Tinkoff, Sky, BMC e Sunweb l’hanno scelto per questo, per leggere la corsa laddove gli occhi dei direttori sportivi non arrivano e per pilotare i capitani ogniqualvolta ne hanno bisogno.

«Il ciclismo è una questione d’equilibrio», spiegava tempo addietro. «È necessario essere realisti, altrimenti si spreca troppo tempo inseguendo sogni irraggiungibili. Allo stesso tempo, però, serve anche illudersi per mantenere accesa la fiamma». Distinguersi in varie edizioni della Vuelta – due tappe, qualche giorno in maglia rossa e due piazzamenti tra i primi dieci in classifica generale – gli è servito sia per appagare sé stesso, sia per conoscere i propri limiti: diventare un gregario fidato di alcuni dei capitani più forti del lotto gli ha allungato la carriera.

Eppure, chi lo conosce bene sostiene che la persona è molto più interessante e complessa del corridore. Molti raccontano che Nicolas Roche possegga la classe della madre e il fascino del padre. Di sicuro giù dalla bicicletta non si è annoiato: ha vissuto in Francia, Irlanda, Italia e Spagna; parla fluentemente quattro lingue; tra i tanti tatuaggi spicca il testo integrale di “Perfect”, la versione in cui Ed Sheeran duetta con Andrea Bocelli; e ha vissuto amori intensi e contrastati dovunque è vissuto: Sabrina a Marsiglia, Stefania e Chiara a Varese; infine Deborah, spagnola, conosciuta alla Vuelta, lui lì per correrla e lei lì per lavorare con gli sponsor.

Memore di un’infanzia nomade e costellata di separazioni e divorzi, Roche ha creduto che Deborah fosse la donna giusta per fermarsi un attimo e costruire un rifugio sicuro, un porto al quale poter attraccare nei giorni di mare turbolento. Ma Roche, cosmopolita e ancora tremendamente appassionato di ciclismo, non ha retto: si è sposato senza volerlo davvero, difficile dire se vengono prima i nodi o il pettine. «Il problema non è la tua vita caotica», gli disse una volta Amaël Moinard, ex professionista e suo caro amico. «Il problema, Nico, è che tu adori il caos».

La quarantena di Nicolas Roche non è andata così male: ha debuttato al Giro delle Fiandre – virtuale – e il balcone vista Principato di Monaco non è da buttar via. Ogni tanto s’è concesso un bicchiere di vino rosso durante gli aperitivi virtuali con gli amici, «un momento di convivialità che ha mantenuto alto il mio umore», ha spiegato. Avrà avuto modo di riflettere su quanto accaduto nel mese di gennaio, prima che il mondo si fermasse. Deborah, dalla quale ha divorziato, gli ha ricordato che Chloe, la bambina nata quando la loro relazione era già compromessa, è pur sempre anche sua figlia.

Arrivò tutto insieme, mentre Roche pedalava sulle strade del Giro d’Italia 2018: la notizia che a suo fratello minore era stata diagnosticata la leucemia, i fogli del divorzio, la notizia della paternità. Roche era svuotato, gli uscivano soltanto le lacrime dagli occhi. Si ritirò, unico ritiro da un grande giro insieme a quello dalla Vuelta 2019. A gennaio, insomma, Roche ha accettato la situazione e visitato la sua ex moglie e sua figlia. L’ha portata allo zoo, si è emozionato sentendosi chiamare “Nico, Nico, Nico” e ha realizzato che un bambino non è soltanto un impegno e una spesa. Più che altro, Nicolas Roche, ha capito che uscire immacolati dall’avventura della vita, a differenza di quanto può accadere nel rugby, è praticamente impossibile.

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