Del Bosque: Miguel son mi


di CHRISTIAN GIORDANO
© Rainbow Sports Books, © Guerin Sportivo

Il primo fu José Villalonga, l’allenatore del Real Madrid che si aggiudicò le prime due edizioni della Coppa dei Campioni, nel 1955-56 e nel 1956-57. Ufficiale della Guardia Civile, Villalonga era soprattutto un eccellente preparatore atletico che seppe fare il passo indietro necessario per lasciare le luci della ribalta a giocatori che si chiamavano Muñoz in difesa e Di Stéfano, Rial e Gento là davanti; e nell’anno del secondo alloro europeo, in quella fantastica prima linea entra un certo Kopa.

Al Real Madrid la figura dell’allenatore-ombra, o comunque del tecnico “meno stella” fra le stelle, si rinnova con l’argentino Luis “Yiyo” Carniglia, anche lui bravo a raccogliere altre due Coppe dei Campioni lasciando i riflettori a Santamaría, l’erede di Muñoz come centromediano, e all’attacco delle meraviglie Kopa, Joseito (rilevato da Mateos nella finale del ’58), Di Stéfano, Rial e Gento.

Il vero erede di Muñoz, più che l’attaccante madrilista Luis Molowny che lo rimpiazzò nel ’74, è forse Vicente Del Bosque. Uomo di campo abile nel far rendere i purosangue tenendoli a briglie sciolte, se possibile in allegria, ma dotato di un’immagine non in linea con gli standard aziendali imposti dal presidente Florentino Peréz, al tecnico per essere confermato non sono bastate due Champions League (2000 e 2002), due Liga (2001 e 2003), una Supercoppa di Spagna (2001), una Supercoppa Europea (2002) e una Coppa Intercontinentale (2002): l’omone di Salamanca, città dove è nato il 23 dicembre 1950, stava troppo dalla parte dei giocatori e poco, e male, davanti le telecamere. 

Muñoz lasciò il club dopo 22 anni (e 235 panchine). Del Bosque, piangendo, dopo 35, durante i quali è stato di tutto: centrocampista (’73-84), coordinatore delle giovanili, allenatore del Castilla (il Real “B”) nell’87-90 e della prima squadra (per 239 partite), nel ’93-94 e nel ’95-96 a interim e dal ’99 al 2003 in pianta stabile. Da allora, ogni suo successore sulla panca merengue è avvertito: vincere è necessario ma non sufficiente. 
(ch.giord)



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