"Dado" Lombardi, il primo con due maglie a Basket City


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Gianfranco Lombardi ricorda tutti i suoi derby

"Alla cerimonia in Comune ho rivisto amici, avversari, vecchie immagini. Incredibile, sono più magro adesso"

di Luca Sancini
la Repubblica, 20 febbraio 2007

Lo scoprì Vittorio Tracuzzi. Allenava, il moro, una Virtus padrona, ma aveva capito, da perfetto conoscitore di uomini e schemi, che le Vu nere reduci da due scudetti tra il ‘54 e il ‘56 contavano già troppi campioni sul viale del tramonto. Così, quel ragazzino bruno, già a 14 anni forte d´un tiro micidiale, portò l´accento secco della sua Livorno nella Bologna bianconera, a rilevare gli Alesini e i Calebotta. E qui è restato, Gianfranco Lombardi, per tutti Dado, forse la prima grande stella della futura Basket City, anche oggi a viverci, dopo quasi mezzo secolo di onorata carriera tra campo e palestra. 

«Restai per amore - racconta oggi -. Per la Virtus, per la città, per la mia fidanzata d'allora, che oggi è mia moglie. Milano e Varese mi fecero per anni corti serrate, ma resistetti sempre». Simmenthal e Ignis erano gli squadroni dell'epoca, Bogoncelli e Borghi i loro magnifici capitani d´industria: i cummenda lombardi gli mettevano sul tavolo offerte da non poter rifiutare, eppure lui le rifiutò. In un album di figurine di "Basket City" la sua potrebbero stamparla più grande. «Alla Virtus sono cresciuto: ebbi la fortuna di avere Tracuzzi come maestro, un vero innovatore, avanti dieci anni rispetto agli altri. Curava tutti gli aspetti ed era in continuo aggiornamento sulle novità che arrivavano dall'America. A lui e a Paratore in nazionale devo tutto. Fu un periodo bellissimo, anche con la partecipazione, a 19 anni, ai Giochi di Roma ‘60».

Restò dunque, e nella storia di Basket City da sempre irrorata dalle sfide tra cugini, prima ancora che da scudetti e coppe, Lombardi non poteva che metterci un sigillo. La prima delle battaglie tra la V e la F è del 15 dicembre 1966: il migliore in campo fu lui, 30 punti segnati in faccia a Andrews, l´americano della Fortitudo. Simbolo di una Virtus sempre fra le prime, Dado a un certo punto la lasciò. «La società non navigava in buone acque e cercò di monetizzare vendendo i gioielli. Così accettai il passaggio in Fortitudo. Ricordo che ci arrivai con enorme circospezione. Mi dicevo: chi sono questi giovani che sfidano le V nere? Invece fu un´esperienza bellissima, con Beppe Lamberti allenatore e Bergonzoni e Orlandi, compagni modesti e caparbi che davano sempre qualcosa in più sul campo. Era la tradizione, la Virtus, contro il nuovo, la Fortitudo». 

Certo non fu una passeggiata essere praticamente il primo, con un nome così enorme, a cambiare maglia in una città in cui cominciava a crescere il muro del derby. E il Dado lo pagò. Alla prima stracittadina con la maglia invertita ne fece solo 8: a lui, regolarmente in doppia cifra, quel giorno venne il ‘braccino´. «Ci pensò il Barone, quel gran talento di Gary Shull», ricorda oggi: 24 punti e l'Eldorado violò casa Virtus. «Del resto i derby sono partite speciali, puoi esaltarti o farti tradire dalle gambe molli, dopo una settimana a pensarci su».

Al servizio di due bandiere, Lombardi ha avuto comunque un unico amore: la città dei canestri. Che oggi, davanti a ricorrenti ipotesi di fusione, gli fa dire: «Ma immaginate un virtussino tifare Fortitudo? Finirebbe "Basket City", la sua forza, la sua tradizione. A Livorno la fusione è andata male. Piuttosto, occorre riavvicinare i ragazzi. Non è possibile che per vedere le partite ci si debba abbonare a Sky». Otto giorni fa Lombardi è entrato nella Hall of Fame italiana, premiato a Palazzo d´Accursio. «Mi sono sentito come il vecchio alpino che bacia la bandiera e versa due lacrime. Ho tanti ricordi e aver rivisto amici e avversari d´allora m´ha aperto il cuore. Poi, le foto. Beh, sono più magro adesso».

(20 febbraio 2007)

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