FOOTBALL PORTRAITS - Paul Pogba, l'asso che Vieira (2014)



Cresciuto coi fratelli a Parigi, dove il papà arrivò dalla Guinea negli anni 60, ha una storia da predestinato. Gli inizi col Le Havre, lo scippo dello United, le incomprensioni con Alex Ferguson, sino alla Juventus e alle lezioni impartitegli da Conte. Oggi lo vuole il PSG e pure Andrea Agnelli sa che non sarà semplice tenerlo. Ma, nonostante l’agente Mino Raiola, è un imperativo 

di CHRISTIAN GIORDANO
Guerin Sportivo n. 1, gennaio 2014 

Vieira. Vieira. Vieira. Ma anche Frank Rijkaard, Abou Diaby (sic), Yaya Touré e persino Claude Makélélé. Il nuovo questo o quello. Ma soprattutto lui, l’immenso Patrick. Il “polpo” Paul Labile Pogba se lo sente ripetere da quando ha cominciato. A 6 anni, al Roissy-en-Brie. 

ENFANT DU PAYS 

«Qui Paul è un po’ come il Messia – ha scritto Le Parisien, a caccia delle origini del campione – Dal più giovane al più anziano allo stadio Paul-Bessuard lo vedono come un idolo. “Gli dobbiamo tutto”, spiega Sambou Bijou Tati, il suo primo allenatore. “Giubbotti, palloni, l’ampliamento delle strutture, gli uffici: tutto grazie a Paul. Per i nostri bambini è un esempio”». In città (22 mila anime nel dipartimento Seine-et-Marne, regione dell’Île-de-France, nda) vive papà Fassou Antoine, 74enne col cuore aggrappato alla natia Guinea e gonfio d’orgoglio almeno quanto quello di mamma Yeo: «Quando sento la gente parlare di Paul, ma anche dei suoi fratelli, mi dico che ho fatto un buon lavoro come padre. Pogba senior è arrivato in Francia dalla Guinea negli anni 60. Se i tre figli giocano a calcio, lo devono a lui. I due gemelli, nati il 19 agosto 1990 a Conakry, la capitale, sono nazionali guineani: Florentin Peilé, terzino sinistro, gioca al Sedan, in Ligue 2, in prestito dal Saint-Étienne; Mathias Fassou è attaccante del Crewe Alexandra, terza divisione inglese. «Ho sempre sognato di fare il calciatore professionista. Ma ai miei tempi, dovevo scegliere tra studi e sport. E promisi che avrei fatto il massimo per spingere i miei figli a riuscire là dove io avevo fallito». 

L’ORGOGLIO E LA RABBIA 

Non che abbia dovuto faticare, père Fassou. A 5 anni il più piccolo (Paul è del 15 marzo 1993) si attacca ai gemellini che vanno allo stadio, due passi più a sud di casa, a Lagny-sur-Marne, periferia est di Parigi, a 26 km dal centro della capitale. Lì trova i primi maestri. Aziz Keftouna e Papis Magassa, che lo ricorda così: «La differenza tra Paul e gli altri? L’80% talento, e un’enorme voglia di lavorare. Ricordo un allenamento del lunedì: avevo chiesto a tutti di fare 50 palleggi col destro, 50 col sinistro e 50 di testa. Lui non ci riusciva. Dopo due giorni trascorsi a palleggiare, il mercoledì ci riuscì perfettamente». Bijou Tati invece aveva un suo trucco per motivarlo: «Dovevo pungerlo sul vivo. All’intervallo di una partita gli dissi che tutto quello che stava facendo era solo una inutile perdita di tempo. In genere, dopo rientrava in campo con una tale determinazione che finivamo quasi sempre per vincere». Il Pogba campione è nato lì, e anche oggi che è ricco e famoso, le sempre più rare volte che si fa vedere al résidence la Renardière, tutto torna come allora. Paul non dimentica. «Quando può viene a trovare la sua famiglia , ma anche i suoi amici allo stadio – racconta Magassa – E finisce sempre allo stesso modo, con una partita di calcio». Gl esordi e i tempi di Paul a Roissy-en-Brie li ha raccontati Mathieu Darnon su Canal Plus nel documentario “L’Incontournable”: alla lettera “l’Inamovibile”, ma anche “l’Ineluttabile” (nel senso di predestinato) e “l’Incontenibile”. Non a caso, nei titoli di testa Paul mima la sua tipica esultanza col balletto in cui mulina le braccia, prima ruotandole e poi chiudendole a quadrilatero: la perfetta quadratura del cerchio intorno a un talento precoce e sconfinato. 

PIÙ ALTO GRADIMENTO 

Quando Paul ha 13 anni Tati contatta il club col miglior vivaio della zona, l’US Torcy. «Noi non potevamo dargli nient’altro, avrebbe finito per fermarsi – spiega Bijou – All’epoca, se la presero con me perché avevo chiamato il Torcy. Ma a me premeva l’interesse di Paul». Dopo una stagione al Torcy, che lo rivelerà agli occhi degli osservatori e non solo perché in campo è sempre il più alto (mai il più grosso: 1,88 x 80 kg), nel 2007 passa al Le Havre, l’ultimo porto prima della tempesta. Alla seconda stagione trascina da capitano l’under 16 alla fase finale del Campionato Nazionale di categoria. Il Le Havre finisce secondo dietro al Lens ma davanti al Lione e al Nancy, super potenze del calcio giovanile transalpino. Capitano anche della Francia U16, attira le attenzioni di facoltosi collezionisti inglesi (Arsenal, Manchester United, Liverpool) e italiani (Juventus) ben prima di entrare nella esclusivissima galleria d’arte raioliana. 

LH CONFIDENTIAL 

Tempo due anni e scoppia una intricata vicenda di mercato dalla quale nessuno esce benissimo. Il 31 luglio 2009, Pogba annuncia che lascerà il Le Havre per entrare nella academy del Manchester United. La manovra spiazza il club normanno, vincolato da un “accord de non sollicitation” sottoscritto nell’autunno 2006 dal giocatore, all’epoca 16enne, e dai genitori. L’accordo di non adire le vie legali, in vigore fino al termine della stagione 2009-10, consentiva al Le Havre di firmarlo con una borsa di studio e un contratto da aspirant (per ragazzi tra i 14 e i 16 anni) una volta che avesse raggiunto l’età e i requisiti scolastici richiesti. Il 1º agosto 2009 la società pubblica online un comunicato ufficiale «per esprimere la propria indignazione verso la condotta dei dirigenti del Manchester United», citando la causa della «tratta dei minori» tanto cara alla UE, all’UEFA e alla FIFA. Nella nota, molto critica anche con i Pogba, si annuncia pure l’intenzione di chiedere l’intervento della stessa FIFA per dirimere la controversia. Per tutta risposta lo United minaccia di far causa al club “ciel et marine”, mentre Paul negava di voler lasciare il Le Havre per motivi economici, che secondo il presidente del Le Havre, Jean-Pierre Louvel, consistevano in 87.000 sterline e una casa per la famiglia. A sua volta però il Le Havre era stato accusato dal Torcy, l’ex squadra di Pogba, di essersi comportato come il Manchester United per portarglielo via dalle giovanili. 

Lo stesso giorno in cui Pogba annuncia la partenza per l’Inghilterra, il Torcy emette sul proprio sito web un comunicato stampa in cui attacca il Le Havre: «Non useremo il termine “rubare”, ma gli osservatori del Le Havre hanno agito nello stesso modo nei confronti del Torcy». Nella nota si rimprovera al Le Havre di aver concesso a Pogba il permesso di firmare il cartellino da dilettante senza prima notificarlo al Torcy. Il 7 ottobre il giudice designato dalla FIFA scagiona però il Manchester United e dichiara che Pogba non era sotto contratto con il Le Havre. Pur avendo la possibilità di ricorrere in appello, il 18 giugno 2010 i dirigenti del Le Havre confermano che il club ha raggiunto un accordo con il Manchester United per il trasferimento di Pogba. Manco a dirlo, i termini dell’accordo restano confidenziali. Diciamo che se la casa non va da Maometto, una (bella) fetta di quella montagna di sterline magari sì. 

ANCHE FERGIE SBAGLIA 

Dai 16 ai 19 anni, Paul compie l’intera trafila delle nazionali giovanili. Nella academy dello United intanto fa sfracelli e Alex Ferguson è sicuro che per lui ci sarà «un futuro in prima squadra. Non c’è dubbio. Il ragazzo ha grandi potenzialità». Che però, nonostante le promesse, all’Old Trafford rimarranno tali. Solo 7 presenze, tutte nel 2011-12 e nessuna da titolare, per un totale di 199’: gli ultimi 27’ nella sconfitta per 2-1 con l’Athletic Bilbao nel ritorno degli ottavi di Europa League; i 19’ nei 2-0 allo Stoke City e al West Bromwich Albion e i 33’ nel 5-0 in trasferta sul Wolverhampton in Premier League; e infine, in League Cup, i 45’ finali nel 3-0 esterno sul Leeds United nel terzo turno, i 31’ nel 3-0 sull’Aldershot negli ottavi, i 57’ nel ko casalingo 1-2 col Crystal Palace. A 19 anni, però, uno così, un leopardo del Kalhahari, non può restare in gabbia a lungo. A scudetto italiano già vinto, Paul racconterà a France Football che «Ferguson mi chiedeva urlando: “Ma dove vai? Vuoi andare alla Juve? Ma lo sai che in Italia c’è tanto razzismo?” Io gli rispondevo che “non era un problema, che il razzismo c’è dappertutto”. Lui insisteva che “là i tifosi non sono come quelli in Inghilterra”. Io replicavo che “volevo giocare, e che non c’entravano i tifosi. Io volevo giocare, per migliorare e fare esperienza. Mi ha detto “OK” e poi non mi ha più convocato. Diceva che “non dovevo avere fretta, che mi mancava tanto così, che presto sarebbe venuto il mio momento. “Sei un giovane del vivaio, non sei ancora pronto. Devi avere pazienza. Ce l’ha avuta Scholes, ce l’ha avuta Giggs”. Ma io non sono né Giggs né Scholes. Io volevo giocare. E allora gli ho detto: “OK, no problem”. Se non sono pronto qui, forse lo sarò altrove. Io, almeno, mi sentivo pronto. Non mi ha mai fatto capire di volermi davvero. Anche se parlava bene di me, delle mie potenzialità, se poi non lo dimostri, è solo aria fritta. Dipende tutto da cos’hai in mente. Se vuoi restare a Manchester solo per dire “gioco nello United”, e magari stai in panchina, sei contento? Sono subentrato qualche volta, specie nelle coppe, ma volevo giocare di più. Pur di giocare, sarei andato anche in Cina». 

LA CINA È VICINA 

Non servirà. Il 5 aprile 2010, è titolare con gli U18 dello United, allenati da Paul McGuinness, che a Maranello rivincono l’annuale Memorial Claudio Sassi (1-0 in finale al Bologna). Con le riserve vince la Premier Academy 2010 e la Fa Youth Cup 2011. I gol da fuori area (vedere YouTube per credere) sono già tipo quello, meraviglioso, al Napoli, solo che il mondo ancora non lo sa. A Carrington sì, però. Sulla loro scia, Paul debutta in Premier il 31 gennaio 2012 rimpiazzando al 72’ Javier “Chicharito” Hernández, e in quel cammeo da 20’ scarsi i tifosi intuiscono quel che presto si sarebbero persi: pulizia nei tocchi (mai più di 2-3), peso offensivo, un raro mix di fisicità ed efficacia, tempismo nel tackle, personalità e carisma innati. Quattro giorni dopo, ecco l’esordio continentale: al 63’ subentrando a Michael Carrick nel 2-1 per l’Athletic a Bilbao, ritorno degli ottavi di Europa League, con gran gol al volo di Fernando Llorente. futuro compagno in bianconero L’eliminazione (5-3 complessivo) e l’infortunio a una caviglia chiuderanno sul nascere la sua avventura inglese. Pogba, comunque, aveva deciso. 

IN MINO VERITAS 

Idem il suo nuovo agente Mino Raiola, che al solito lavora su più fronti. Nell’ordine: Inter, Milan, Juventus. Tra una Gioconda e l’altra (triennale da 14 milioni annui per Ibra dal Milan al PSG il 18 luglio; Mario Balotelli dal Man City al Milan fino al 2017 a 4 più bonus il successivo 13 gennaio), il 3 agosto 2012 Raiola piazza alla Juve un «Monet», o un «Dalì», a seconda dell’umore, “quasi” a parametro zero. Prima però va spiegato quel “quasi”. Pierluigi Casiraghi, responsabile del reclutamento per l’Inter, lo aveva visto vincere con la Francia Under 16 il Tournoi du Val-de-Marne: «Era magro ma si vedeva che era forte – ha raccontato a Tuttomercatoweb – Lo gestiva un ragazzo francese, che è stato bravo e ha avuto il coraggio di non fargli rinnovare il contratto, nonostante le pressioni di Ferguson. Quel ragazzo poi s’è reso conto di non poter tenere testa a Ferguson, ha chiamato Raiola e Ferguson ha fatto marcia indietro. Mino ha proposto il giocatore prima a noi, poi al Milan e infine alla Juventus, che ha dato quanto chiesto da Raiola». Facciamo 2 milioni di euro per la commissione, e al giocatore un quadriennale da 1,5 milioni a stagione. Una plusvalenza, in appena 14 mesi, già da 60. Parola di presidente. 

LEONE PER AGNELLI 

«Non penso che la Juventus abbia la forza per trattenerlo», ha detto Andrea Agnelli al convegno “Leaders in football” di Londra il 10 ottobre 2013, prima ancora che gli arrivasse, quella «grande offerta». E che in Francia dicono già pronta dal Paris Saint-Germain dei due Blanc, l’allenatore Laurent e il direttore generale Jean-Claude, che in bianconero è stato direttore generale, amministratore delegato e predecessore, alla presidenza, dello stesso Agnelli. Attenzione, però, a non ripetere l’errore di Ferguson. Pogba rischia di essere per Sir Alex ciò che è stato John Giles (ceduto al Leeds United) per il suo predecessore Sir Matt Busby: «il più grande rimpianto della mia carriera». Per un ‘93 già così decisivo in Italia come in nazionale, con uno scudetto da protagonista e un Mondiale U20 vinto da MVP quasi controvoglia, e giocato con la sicumera del “qui sono sprecato” (un po’ come l’acciaccato Marco Verratti dell’ultimo Europeo U21) e insieme la mentalità “vincente” del voglio esserci comunque, si può dire no anche alla padriniana offerta che non si può rifiutare. Pogba non è (ancora) un fuoriclasse ma ha tutto per diventarlo. Con Antonio Conte è cresciuto tantissimo, in campo e fuori: la punitiva non convocazione per Pescara dopo due ritardi all’allenamento è lontana anni-luce. Idem gli eccessi caratteriali (rosso e 3 giornate per lo sputo indiretto a Salvatore Aronica, che non sarà razzista ma gli indizi Makinwa e Pogba fanno due terzi di prova che certo non è daltonico). Restano da limare le amnesie difensive (vedi il gol di testa del bielorusso Egor Filippenko, perso in marcatura su palla inattiva e rimediato col 2-4 nelle qualificazioni mondiali), le troppe palle perse, l’irruenza che tracima nel feeling esagerato coi cartellini: due gialli in un minuto alla seconda in nazionale, il decisivo big-match contro la Spagna giocato però da titolare. Rispetto al 3-5-2 di Conte, che per sfruttarne tiro e inserimenti da interno ha cambiato gioco e spesso sacrificato Claudio Marchisio, Didier Deschamps lo schiera mediano basso nel 4-2-3-1. Qualunque porto nella tempesta: uno così dove lo metti sta. Non è un regista alla Pirlo, non ha la potenza «totale» di Yaya Touré né la ferocia di Vieira («è più offensivo di me, e forse più tecnico. Un errore non portarlo al City»). Ma è Paul Pogba. Meglio tenerselo. 

CHRISTIAN GIORDANO
Guerin Sportivo n. 1, gennaio 2014 


Che fine ha fatto
La Juve non se lo è tenuto. Non poteva. Nell’estate 2016, la stessa della clausola di recesso da 90 milioni di euro per Gonzalo Higuaín dal Napoli alla Juventus, Pogba è diventato il colpo più costoso nella storia del calciomercato: 105 milioni di sterline più 5 di bonus per tornare al Manchester United. Bravo il suo agente, Mino Raiola, a crederci già in tempi non sospetti: per lui 23 milioni di commissione.




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