AMARCORD/16 Roche alla Carrera, cinque anni dopo il “golpe” di Sappada: al fianco di Chiappucci un orgoglioso canto del cigno
di Marco Filacchione - 25 Gennaio 2021
Rieccolo. Nel gennaio 1992 la sintesi di BS fotografava così il grande ritorno di Stephen Roche alla Carrera. Un evento nel quale si mescolavano suggestioni fortissime: cinque anni prima, sotto le insegne del gruppo italiano, il campione irlandese aveva costruito una stagione da marziano, vincendo in sequenza Giro, Tour e mondiale, come solo Merckx era riuscito a fare, nel 1974.
Il suo trionfo al Giro, però, era stato una storia a tinte fosche, cominciata con il celebre golpe di Sappada, quando aveva attaccato il compagno in rosa Visentini, leader designato della Carrera. Ne erano seguiti anatemi minacciosi per lui e per il suo “complice” Schepers, e solo la vittoria finale aveva parzialmente spento il fuoco delle polemiche.
A fine stagione, Roche era partito per altri lidi, ma seri guai a un ginocchio e altre disavventure ne avevano provocato la quasi totale eclissi. Ormai trentatreenne, tornava quindi alla squadra dei suoi splendori, ancora diretta in ammiraglia da Davide Boifava. Di Visentini, ritiratosi due anni prima, non c’era più traccia, il capitano indiscusso era Claudio Chiappucci, che nel 1987 gli faceva da gregario, prima di esplodere e diventare protagonista assoluto di Giro e Tour. El Diablo, tra coloro che non gli si erano schierati contro dopo lo “scandalo” di Sappada, lo accoglieva con entusiasmo e rispetto.
Stephen Roche durante il Giro del 1987.
Con lui, Patrick Valcke, che dell’irlandese era meccanico personale, amico e consigliere.
Fu lui a spingerlo alla fuga, nel giorno di Sappada,
quando Roche tolse la maglia rosa al compagno di squadra Visentini.
Di nuovo protagonista al Tour: a La Bourboule un colpo da campione
Il Roche-bis fu un orgoglioso canto del cigno. Sulle strade del Tour, la sua intesa con Chiappucci mise sulle spine la concorrenza: ebbe gambe e cuore per infilarsi in un paio di fughe e alla vigilia dei tapponi alpini si ritrovò terzo in classifica, a qualche secondo dal favoritissimo Indurain.
Ma nel giorno del Sestriere, mentre Chiappucci metteva a segno una fuga leggendaria, l’irlandese pagava un conto salato, rimbalzando a oltre 9 minuti, che diventarono il doppio dopo la scalata rovente dell’Alpe d’Huez.
Non era finita, però: nella tappa insidiosa di La Bourboule, Stephen Roche fece valere per l’ultima volta i diritti della classe. «Prova ad andare – gli propose Chiappucci – Se ti riprendono scatto io, altrimenti la vittoria è tua». E lui partì su una salita non proibitiva, tenne in discesa e amministrò il vantaggio sull’erta finale.
A Parigi, Chiappucci celebrò la sua maglia a pois e la piazza d’onore alle spalle di Indurain; il suo gregario Perini fu splendido ottavo, la Carrera vinse la classifica a squadre. Quanto a Roche, mise la firma su un onorevolissimo nono posto. Chi aveva deciso di riprenderlo non ebbe nulla di cui pentirsi.
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