Dieci cose da sapere sul Giro delle Fiandre



Chi l’ha conosciuta, corsa o raccontata lo sa bene: il Giro delle Fiandre è una corsa a parte. Ha le sue atmosfere, la sua storia, il suo spirito. Nell’imminenza dell’edizione numero 104 proviamo ad estrarre dall’immenso serbatoio della “Ronde” (così la chiamano in Belgio) dieci curiosità che possano comporne un profilo e introdurre lo spettacolo agonistico che andrà in scena domani. 

1. Da sfida locale a classica europea: dopo la guerra il cambio di passo

Nato nel 1913, il Giro delle Fiandre per lunghi anni è una corsa esclusivamente locale, sfida capitale per i corridori fiamminghi. Il salto di qualità a livello di appeal internazionale avviene dopo la guerra, nel 1947, quando i giornali l’Equipe, La Gazzetta dello Sport, Het Nieuwsblad-Sportwereld e Les Sports decidono di inserire la corsa nella neonata Challenge Desgrange-Colombo, una competizione che ha l’ambizione di rappresentare una sorta di campionato del mondo a punti. Da quel momento, il Fiandre comincia ad avvicinarsi alle corse allora più ambite, come Milano-Sanremo e Parigi-Roubaix.

2. La scelta di Magni: tre vittorie e poi l’addio

Fiorenzo Magni costruì parte della sua strepitosa carriera sul tris di vittorie al Giro delle Fiandre, dal 1949 al 1951. Una triplice impresa che gli valse il soprannome di “Leone delle Fiandre”. Quello che molti non sanno, però, è che dopo la terza vittoria, nel 1951, Magni non si presentò più al via della corsa. Nel 1952, preferì il Gran Premio del Lavoro a Belmonte Piceno, e così fecero anche Coppi e Bartali. I quali, da parte loro, del Fiandre non volevano proprio sapere, tanto che nella loro carriera non lo hanno mai corso.

3. Nel 1969 la follia di Merckx

Il Fiandre non si concede facilmente, neanche ai grandi campioni. Ecco perché nessuno nella storia l’ha vinta più di tre volte. Il più grande di tutti, Eddy Merckx, si è fermato a due. La prima, però, è memorabile. È l’edizione 1969, Merckx comincia a demolire il gruppo dai primi chilometri, con una serie di accelerazioni. A 70 chilometri dal traguardo gli è rimasto aggrappato solo un gruppetto di italiani, con Gimondi, Basso, Bitossi e Dancelli. Eddy decide di liberarsi anche di loro, per la disperazione del suo direttore sportivo Driessens, che dall’ammiraglia lo prega di attendere, visto che c’è da scalare tutti i muri più duri e c’è un tempo da lupi. Merckx non lo ascolta e vince con 5’36” su Gimondi e 8’08” su Basso.

4. Maertens-De Vlaeminck: nemici, ma all’occorrenza…

È noto come i corridori fiamminghi si ucciderebbero per il Fiandre. Negli anni Settanta ancora di più, visto che fra i più grandi campioni belgi dell’epoca la rivalità durava tutto l’anno. Nel 1976, De Vlaeminck e Maertens preferirono perdere in coppia, lasciandosi staccare nel finale, piuttosto che rischiare di far vincere il “nemico”. Un concetto che lo stesso De Vlaeminck espresse chiaramente al traguardo. L’anno dopo però trovarono un accordo. Accadde che Maertens dopo una foratura accettasse una ruota da uno spettatore. Cosa proibita. La giuria non lo fermò, ma era chiaro che sarebbe stato squalificato. Così Maertens si mise a tirare per 80 chilometri con al mozzo proprio De Vlaeminck, che al traguardo lo saltò facilmente. Squalificato come da previsioni, Maertens rivelò ciò che era già chiaro: aveva ricevuto 300 mila franchi per portare il rivale alla vittoria. De Vlaeminck negò ma non convinse nessuno.

5. La bufera del 1985: in 24 al traguardo

Karel Van Wijnendaele, il giornalista primo organizzatore del Giro delle Fiandre, amava particolarmente le edizioni frustate dal maltempo. Era in quelle condizioni, secondo lui, che emergevano il carattere e lo spirito indomito dei corridori fiamminghi. Van Wijnendaele morì però senza vedere l’edizione 1985, la più burrascosa di tutte. Venti fortissimi, freddo siberiano, pioggia epocale, i muri ridotti a torrenti in piena. In un contesto del genere non poteva che vincere un fiammingo: il ventitreenne Eric Vanderaerden che, attardato da una foratura, fece un numero sul Koppenberg, evitando in slalom decine di corridori incagliati nel fango; poi attaccò sul Muro di Grammont e arrivò da solo. Su 173 partenti, soltanto in 24 ebbero il cuore e le forze per arrivare alla fine.

6. Sul Koppenberg si spalancò l’inferno

Si chiama Koppenberg, è uno dei muri del Fiandre e a lungo ha avuto una fama sinistra. Seicento metri di lunghezza, con punte al 22%, fu introdotto nel 1976 e subito fece danni, costringendo quasi tutto il gruppo a mettere il piede a terra, soprattutto per le pessime condizioni del suo pavé. «Finché il Koppenberg figurerà nel pergorso del Fiandre, voi non mi vedrete al via della corsa», disse agli inizi degli anni Ottanta Bernard Hinault. E fu di parola. Nel 1987 una macchina di un commissario di corsa fece cadere il danese Jesper Skibby, poi passò sopra la sua bici. L’episodio provocò l’estromissione del Koppenberg fino al 2002, quando il muro si ripresentò migliorato nel pavé e nelle misure di sicurezza. Rimanendo comunque terribile.
7. I sette millimetri di Bugno

Nel 1994 la corsa durò 268 chilometri ma si risolse in uno scarto 7 millimetri, il più esiguo della storia del Fiandre. Sul traguardo si presentarono in quattro: Museeuw, Bugno, Ballerini e Tchmil. I primi due erano i più veloci e infatti si disputarono la vittoria, piombando insieme sul filo di lana. La giuria impiegò dieci minuti per rilevare il margine infinitesimale che diede il successo a Gianni Bugno. 
8. Van Steenbergen il più giovane, Tchmil il più anziano

Difficile vincere da giovanissimi una corsa brutta, sporca e cattiva come il Fiandre. Il più giovane a riuscirci è stato un gigante come il belga Rik Van Steenbergen, che nel 1944 centrò l’impresa a 19 anni. Il più anziano è stato invece Andreï Tchmil, nato sovietico e poi in seguito russo, moldavo e ucraino, prima di essere naturalizzato belga. Ce l’ha fatta a 37 anni, nel 2000.
9. Vincitori iridati: Alaphilippe può essere il sesto della storia

Domani sarà in gara anche Julian Alaphilippe, neo campione del mondo. Sono cinque i corridori che hanno vinto il Fiandre con la maglia iridata sulle spalle. Si tratta di Louison Bobet (1955), Rik Van Looy (1962), Eddy Merckx (1975), Tom Boonen (2006) e Peter Sagan (2016).

10. Paterberg, il muro fai da te

Curiosa la storia del Paterberg, che nel percorso 2020 figura come ultimo muro. Fino a quattro decenni fa era una collinetta qualsiasi. Proprio lì abitava un contadino appassionato di ciclismo, che ebbe un’idea bizzarra: fare di quel balzello un muro del Fiandre. A partire dal 1982, fece costruire una stradina fatta di un bel pavé ordinato. Nel 1986 riuscì ad avere sul posto gli organizzatori del Fiandre, ai quali l’idea piacque. E da allora il Paterberg (400 metri, pendenza massima 20%) è uno dei punti caldi del Fiandre.

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