BUGNO ED IL GIRO DELLE FIANDRE 1994 CHE NON TI ASPETTI



articolo di Emiliano Morozzi

Gianni Bugno diceva di se stesso che quando tutti lo aspettavano, lui rimaneva nell’ombra e quando invece nessuno si aspettava una sua vittoria, piazzava la zampata vincente. Una descrizione perfetta per il Giro delle Fiandre dell’anno 1994, quando il monzese nato in Svizzera riuscì a mettere in riga un terzetto di mostri sacri del pavè come il padrone di casa Museeuw, il nostro Ballerini e il moldavo Tchmil. Gente che sulle pietre andava come il vento: 3 Fiandre e 3 Roubaix per Museeuw, un Fiandre e una Roubaix per Tchmil, due Roubaix per il nostro Ballerini.

Bugno arrivava a quel Fiandre piuttosto in sordina: dopo una deludente stagione 1993 e raggiunte le trenta primavere, qualcuno già cominciava a dare il monzese come ormai avviato sul viale del tramonto. E di certo ben pochi avrebbero scommesso su di lui in quel quartetto di ciclisti che andavano a nozze sul pavè.

Ma partiamo dal principio. La corsa, in quegli anni, veniva decisa spesso da quel tempio del ciclismo che è il Muur, meglio conosciuto da noi italiani come “Muro di Grammont“, una rampa secca e arcigna che conduce a una cappella in cima ad una collina, di fronte alla cittadina di Geraardsbergen. Muro di Grammont e Bosberg erano le due salite-simbolo di quelle edizioni del Fiandre, ma nel 1994 sarà un lungo ed emozionante sprint ad eleggere il vincitore.

In corsa le azioni di rilievo non sono poi così tante. Prima del temutissimo Grammont se ne va un gruppo nutrito di diciassette atleti con parecchi corridori di rilievo: Ballerini, Bugno, Museeuw e Tchmil, ma anche Maassen, Capiot, Sergeant e Van Hooydonck, già a segno due volte nel Giro delle Fiandre. Prima del Grammont però il gruppone si sgretola: dopo due attacchi andati a vuoto di Bontempi e Tchmil, che scremano il gruppo, a dare fuoco alle polveri è Capiot. Dietro di lui arrivano prima Ballerini e Museeuw, poi alla spicciolata prima Tchmil e poi Bugno.

Arriva il totem Grammont ma il Muur stavolta non fa selezione: salta Capiot, sfinito dopo essere andato in fuga con Bontempi, Bottaro, Schurer e Roscioli, ma gli altri quattro restano compatti. Tira il gruppo Ballerini, che prova ad allungare sui compagni d’attacco perché allo sprint è il meno veloce del plotoncino, ma non fa la differenza, Bugno sembra perdere la ruota ma non cede. Capiot ormai non ce la fa e i quattro accumulano un vantaggio importante sul resto del gruppo. Saranno loro a giocarsi la vittoria a Meerbeke, c’è ancora il Bosberg da superare, ma nessuno dei fuggitivi prende l’iniziativa. A tirare stavolta è Bugno, che guida il gruppo scandendo il ritmo con un rapporto molto agile, cosa insolita per uno come lui abituato a tirare rapporti durissimi.

La corsa si decide nei chilometri finali. Ballerini ci riprova per sorprendere gli altri, ma prima Museeuw e poi Tchmil riescono a chiudere il buco a un chilometro dalla fine. Sul rettilineo d’arrivo, in leggera salita, Bugno comanda la volata e mette tra sè e gli avversari quasi una bicicletta di vantaggio, pensando di avere già vinto smette di pedalare e alza le braccia al cielo, non accorgendosi però della veemente rimonta di Museeuw, che lo riprende e lo affianca con un disperato colpo di reni. I due superano appaiati il traguardo e solo dopo dieci minuti sarà il fotofinish a decidere il vincitore. Trionfa Bugno per un solo centimetro, primeggiando su tre campioni del pavè. La vittoria che non ti aspetti, un’altra perla del campione monzese.

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