HOOPS PORTRAITS - Giannīs story: il Futuro è adesso


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Si può fare solo un torto grande quanto i suoi 222 centimetri di apertura alare a Giannīs Antetokounmpo: spalmare - e sporcare - di retorica la sua straordinaria storia hollywoodiana.

Quella di the Greek Freak, meraviglioso "scherzo della natura" greco che, 50 anni dopo quello newyorkese, Lew Alcindor non ancora legalmente "Kareem Abdul-Jabbar", ha regalato ai Milwaukee Bucks il secondo titolo NBA della loro storia.

1991: Charles e Veronica Adetokunbo lasciano da sans papier la Nigeria per la Grecia, in cerca di un'esistenza degna per sé e per i quattro figli che a Seponia, periferia a nord di Atene, sarebbero poi nati: Thanasis nel '92, Giannis nel '94, Kostas nel '97 e Alex nel 2001. Tutti e quattro futuri pro', ma nessuno - allora - avrebbe mai potuto anche solo immaginarlo.

Charles lavora nei cantieri, Veronica fa la baby sitter e i ragazzini si danno da fare vendendo ai turisti in visita all'Acropolis griffe contraffatte, cd, occhiali da sole, videogiochi. Sempre nel pericolo di zone malfamate, episodi di razzismo o di qualche agente di polizia che chiedesse loro i documenti.

Una volta grecizzato il cognome, scritto come ora campeggia sulla vendutissima maglia numero 34 del due volte MVP della NBA e Miglior giocatore delle Finals 2021, la storia cambia marcia grazie al rifiuto subìto nel calcio.

A undici anni conosce Giannis Tsiggas, l'uomo che sfama lui e il resto dei fratelli Adetokunbo e che forse più di tutti gli ha cambiato la vita.

Un altro è Spiros Velliniatis, che porta i quattro ragazzini da Sepolia a Zografou, dove gioca e si allena il Filathlitikos.

Altra sliding door.

Presto convocato nell'Under 18 greca, e prossimo a esplodere fino ai 2.11 per allora 100kg (oggi fate pure 110) Giannis già a 18 anni - non era più un segreto per gli scout di mezzo globo.

Nessuno però avrebbe mai potuto immaginare che cosa sarebbe anche solo potuto diventare.

Più lontano di tutti hanno visto l'agente Alex Saratsis e, soprattutto, John Hammond, allora giemme dei Bucks che lo chiama con la pick 15 al Draft 2013.

Il resto del destino è tutto è nelle sue mani da 24 centimetri e nella sua kobebryantiana etica lavorativa.

E al Greek Freak che madre natura gli ha donato: lo spin move di Earl "the Pearl" Monroe, lo stacco e la falcata di Dr J, l'istinto e la muscolarità dei due Malone (Moses e Karl) calati nella ghepardesca felinità di Kevin Garnett; l'apertura alare di Scottie Pippen, le stoppate e la difesa di Bill Russell, i rimbalzi e la varietà offensiva di Wilt Chamberlain; lo shake-and-bake di Hakem "the Dream" Olajuwon, un altro della tribù Yaruba. Come lui.

Il tutto con una fame, un senso dell'onore e del rispetto che vanno oltre il titolo e una gara-6 for the ages, per i posteri: 50 punti con 16/25 al tiro su azione, 1/3 da tre e 15/17 ai liberi, 14 rimbalzi, 2 assist, 5 stoppate in 42'.

Il Futuro è adesso. E Hollywood può aspettare.

PER SKY SPORT 24 ©, CHRISTIAN GIORDANO ©
mercoledì 21 luglio 2021

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