DENNIS RODMAN - PINK JESUS


Dal giorno dell'omicidio di JFK a Dallas accanto alla madre al distacco dal padre Philander, arruolato nell'aeronautica con il record della natalità. Dalle sorelle Deb e Kim alla... difficile carriera accademica fino alla nuova vita cominciata da Southeastern Oklahoma e dalla famiglia Rich, dritto poi fino a Springfield: viaggio al centro del mondo di The Worm

di FEDERICO BUFFA - Le stelle della NBA ai raggi X: Dennis Rodman
La Gazzetta dello Sport libri (2012)

"Presidente, non potrà certo dire che questa città non l'ami". Magari era anche un buon democratico il governatore Connolly quel giorno del 1963, ma sulla sua chiaroveggenza temo ci siano parecchi dubbi. A Jacqueline Kennedy quella frase rubò uno stiracchiato sorriso, mentre il Presidente al grande sorriso irlandese era obbligato dal protocollo. Bum. Addio JFK, il primo presidente cattolico nella storia dell'Unione. Dall'edificio in mattoncini ha sparato tale Lee Oswald che si dilegua dalla scala antincendio. Lo inseguono la polizia, l'FBI, la Guardia nazionale. Tutti. Lo accerchiano dopo aver isolato il quartiere in un cinema di Oak Cliff, diciamo edilizia popolare ai margini di Dallas. Davanti alla sua casa - molto "popolare", pure troppo - segue gli eventi Shirley Rodman, in braccio tiene Debra, fantolina di un anno, per mano il piccolo Dennis . anni due - e nel ventre Kim, altra bimba. Il padre? Non c'è, ovviamente. Philander Rodman è in una base dell'aeronautica in New Jersey, dove sono nati Dennis e Deb, ad addestrarsi a pilotare i caccia con cui solcherà poi i cieli del Vietnam. È fuggito con la figlia del cappellano militare e finirà nella giungla filippina a gestire uno dei più pericolosi bar del mondo. Metterà al mondo altri 24 figli, ma verrà sempre etichettato come il "femminiello" da suo padre, nonno Rodman, che si narra abbia rivaleggiato con Priamo, re di Troia, quanto a natalità (99). A nonno Rodman chiuderà gli occhi per ultimo Dennis che su di lui ha segretamente vegliato fino all'ultimo giorno in una casupola di legno sopraelevata lungo la linea dell'A-train, la storica metropolitana di Chicago.

"Senda, io nun zo chi sia lei, me glielo deve da di' a... de non buttamme la monnezza sur balcone. Mo' stai a vede' se nun chiamo i carabinieri". La... è Debra che di anni adesso ne ha 24, è stata All-American a Louisiana Tech per coach Sonja Hogg e ora gioca ad Ancona, serie A italiana. Vanno aggiunti alcuni dettagli. Il cellulare verrà inventato qualche anno dopo, sono le tre del mattino e - soprattutto - sono uno degli agenti di Deb. Rodman II è carrozzata come in un post-atomico tipo Mad Max, virgolettata in 185 arethafranklineschi centimetri, attra6tta dai guai come Homer Simpson dalla birra, parossisticamente conflittuale, ma uno spirito libero assolutamente adorabile. Impossibile, ma adorabile. Tra due giorni devo andare negli USA a vedere il Portsmouth Invitational Tournament, kermesse a inviti nella quale i senior collegiali si mostrano ai dirigenti NBA, ma prima scappo ad Ancona per vedere se riesco a trovare un calumet della pace da far firmare a Deb dall'inquilino. Mediazione complessa ma praticabile. Confido alla lady dove sto per andare e le dico "...pensa che tra i giocatori che vedrò ce n'è uno che si chiama Rodman". "È mio fratello". Deglutisco a fatica: "Te lo saluto". "Anche no".

Dietro l'"anche no", c'è una delle più improbabili storie di basket di sempre. Nella casa di Oak Cliff erano in quattro: mamma Shirley, Dennis, Deb e Kim, solo che le sisters crescono col fertilizzante, mentre Dennis - convinto sino alla tarda adolescenza d'essere gay - è uno smilzo disadattato al seguito di due statuarie superfemmine baskettare afroamericane. "Un giorno mia madre diede le consegne - mi raccontò Deb quel giorno -. Io dovevo dormire in sala vicino alla finestra col fucile apompa, Kim nella sua stanza, la mamma in cucina vicino ai coltelli". Azzardo: "E il primogenito maschio?". "Dove c'era nostra madre, c'era lui". Dennis prova a entrare in squadra alla Oak Cliff H.S. dove Deb già regna sovrana. Respinto con perdite perché troppo piccolo. S6tarà in stanza muto per settimane.la madre gli rimedia un lavoro di notte all'aeroporto di Dallas Forth Worth come elettricista e lui ruba 50 orologi da un negozio. Gabbio, ma solo per diciotto ore perché gli amici cui aveva regalato gli orologi (sic), li riportano indietro.
Converrete che questa storia ha disperatamente bisogno di una svolta che arriva sotto forma d'esplosione... ormonale. Da 1,75 a 2,04 in sei mesi. L'unico vestito che gli va bene è la tuta da lavoro di Harry Butts Oldsmobile dove lava le auto a 3,50 dollari l'ora, sì ma adesso - quando gioca a basket - non è più solo il fratello delle Rodman, è the Worm, il Verme, soprannome dovuto a come si contorce quando gioca a flipper.

Cooke County, un junior college (due anni di corsi universitari diamo non trascendentali) gli offre una borsa di studio. Gioca 14 partite ma viene sospeso per inadeguatezza accademica in un ateneo (?) dove l'esame più ostico è la tabellina del tre. Quando torna a casa, Shirley non sa da che parte cominciare a prenderlo a calci, finché non trova il punto giusto e lo caccia di casa con rosso diretto. Se avevamo bisogno d'una svolta prima, immaginatevi adesso, perché siamo di nuovo ad un passo dal gabbio solo che stavolta i diciotto che si rischiano sono gli anni, non le ore. Un certo Jake Hedden, coach di Southeastern Oklahoma, college nemmeno di NCAA ma NAIA, perso nel nulla a Durant (Oklahoma), lo cerca perché sa per certo che con lui il Verme vedrà la luce. Oramai quasi rassegnato, lo rintraccia finalmente a un passo dalla dissoluzione finale per le strade di Oak Cliff, lo carica in auto e lo porta come lo ha trovato, a Durant. Coach Jake ha clamorosamente ragione. Dennis, mai scolarizzato, gioca come un Templare e mostra da subito il "vizietto": se è per aria, è suo. Un rimbalzista bulimico con un motore spaventoso, capace di giocare la partita e poi restare due ore ad allenarsi per conto suo. Quell'estate a S.E. Oklahoma coach J tiene un summer camp per ragazzini locali, così si ramazzano un paio di dollari e ci si protegge da un caldo insensato che fa sudare a pensare. Dennis che non ha una casa dove tornare, resta come istruttore. Tra gli iscritti un certo Bryne Rich, un quattordicenne segnato a dito dai compagni perché rimasto coinvolto in un misteriosissimo incidente di caccia in cui è morto l'amico che era con lui. Perché mettano i fucili in mano ai tredicenni, gli americani ce lo spiegheranno magari in un prossimo universo. Bryne e il Verme hanno otto anni di differenza, assolutamente niente in comune ma siccome Dio - come si dice nelle culture semitiche - s'esprime in modo tortuosi, fan click. Incredibilmente, click. Bryne ritorna a vivere grazie all'amicizia con un ex spostato senza fissa dimora e porta Dennis a casa a Bokchito (ab 607)
, dove è possibile abbian visto un nero, ma è assolutamente certo che non ne conoscano di persona uno. Storditi e contati in piedi i Rich, per la salvezza di Bryne, addirittura adottano il Verme. "Gli abbiam fatto causa a quei culi bianchi - m'ammoniva Deb - perché han detto che quando Dennis è arrivato a casa loro non aveva neanche un paio di mutande". Mai avuto il coraggio di dirle che la versione dei Rich non è che suonasse così inverosimile.

Il Portsmouth Invitational Tournament all'epoca si giocava in un antro non descritto di una città semispettrale, ma naturalmente ci si doveva andare tutti. Origlio Mr. Menendez, storico scout dei Nets, che chiede a Mr. Robinson, ancor più storico scout dei Pistons, che aveva allenato Spencer Haywood a Detroit. "...how about that Rodman kid?" ('sto Rodman?). "Dunno shit" (boh). Non lo aveva visto letteralmente nessuno. In quel momento entra per il riscaldamento una "cosa" saltellante. Non smetterà di saltellare per le successive due ore. Alla fine del primo tempo aveva già preso qualcosa tipo 15 rimbalzi, ognuno dei quali festeggiato come dopo una vittoria al quinto a Wimbledon. Due mesi dopo proprio i Pistons, che al primo giro avevano già selezionato John "Pitone" Salley, lo chiameranno alla 27 che allora significava seconda scelta e che andava quindi periziato alla Summer League. In quell'occasione lo vide "Charlie" Recalcati, allenatore a Cantù, che non ha mai avuto timore d'un deviante purché sapesse giocare, che mi chiese di contattare Pollock, il suo agente. "...questo farebbe impazzire il Pianella e il Sciur Aldo". Nessun dubbio in entrambi i casi e il leggendario Sciur Aldo (il presidentissimo Allievi) lo avrebbe persino riportato in chiesa la domenica il Dennis, cresciuto battista praticante nella Church of the Living God dove sua madre suonava l'organo, fino a quando s'accorse di come - nel giorno del Signore - fosse più divertente guardare i Dallas Cowboys in tv.

Dieci anni di FInals NBA sul campo per motivi televisivi generano parecchi privilegi, tipo poter impunemente avvicinare Tex Winter, "il" coach, per tre anni consecutivi presente con i Bulls dal 2006 al 2008. tex, fresco come un cetriolo, cresciuto nell'area della Grande Depressione dopo il Martedì Nero del '29, non rinunciava mai a un piatto di zuppa gratis al buffet prepartita offerto ai media. Non potevo resistere, cercavo una domanda-pretesto e da lì sondavo. Il coach s'asciugava i rivoli di zuppa dagli angoli della bocca col grande tovagliolo disteso sul petto come facevano quelli della sua generazione e ogni tanto mi stimolava "...perché secondo te non prendiamo mai un contropiede?". Come con un abate zen tornavo con la risposta al koan alla partita dopo "...perché D-Rod anche se non prende il rimbalzo, non lascia mai al al rimbalzista avversario la possibilità dell'outlet, il passaggio d'apertura, saltandogli addosso subito". Tex non rispondeva mai direttamente ma poteva lasciar andare un "...ecco uno dei motivi per cui quel ragazzo un giorno sarà nella Hall of Fame". Come succederà per entrambi qualche anno dopo, anche se per il coach si dovranno attendere oltre venti oltraggiosi anni. Il Verme verrà indotto con 7,5 punti a partita, due decimi di punto in meno di Buddy Jeannette, una reliquia degli anni 30.

Atto dovuto, imporbabile, ma dovuto.
FEDERICO BUFFA

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