Gli indimenticabili - Davide Boifava
A cura di Adriano Franzoni
Il Giornale del Gussago Calcio - n. 26/27 - Maggio/agosto 2013
Davide Boifava nasce a Nuvolento (Brescia) il 14 novembre del 1946 e a ventitré anni spicca il volo nei professionisti, un mondo, a quel tempo, veramente ricco di grandi campioni; la sua carriera di ciclista, non è proprio fortunata…
Un grave incidente ne limiterà fortemente le sue possibilità, ma, una volta sceso dalla bicicletta e salito sull’ammiraglia, si riprenderà, con gli interessi, quanto gli era stato tolto come corridore.
Ci accoglie negli uffici della sua bella azienda, la Podium-Carrera, sita a Ponte San Marco, con la cortesia e la semplicità proprie delle persone vere.
Ci accompagna la moglie, lui è nel suo ufficio che ci attende: dopo le presentazioni, facciamo qualche scatto (fotografico) davanti ai tanti poster che immortalano grandi campioni e grandi imprese, poi… come non fare una chiacchierata, da imprenditore qual è, per scambiarci opinioni e sensazioni sul triste momento (momento? sono anni…) dell’economia italiana, sul lavoro che non c’è, sulle tasse sempre più pesanti e soffocanti per la gente e per le piccole imprese…
Ce n’è abbastanza per arrabbiarsi ma, per fortuna, c’è lo sport, soprattutto il ciclismo, che ci ridà un poco di serenità. E così scopri che Boifava è un attento lettore ed osservatore di quanto avviene nella sua provincia, scopri che segue il calcio provinciale dal Brescia alla terza categoria, scopri che apprezza il nostro Giornale (in bella vista sul tavolo delle riunioni), giornale che l’amico Michele Dancelli gli porta ogni volta che esce il nuovo numero…
D. Davide, quando è iniziata la tua avventura di ciclista?
R. Ho iniziato a correre nel 1962 nella categoria Esordienti, con la società Pasinflex di Bedizzole; la prima corsa che ho fatto sono arrivato secondo… e sai dove? A Gussago…
D. Tante le vittorie da dilettante: quali sono le più importanti?
R. Mah, quelle che reputo più importanti sono il Trofeo Alcide De Gasperi nel ‘66, una tappa al Tour de l’Avenir nel ’68 dove indossai anche la maglia gialla ed il trofeo Isolabella, una cronometro da Milano a Bergamo.
D. Nel 1969 il balzo tra i professionisti alla Molteni, con compiti di gregario… di chi?
R. Di quel grande campione che era Michele Dancelli… poi c’era Marino Basso…Pierfranco Vianelli, Mario Anni…
D. Al primo anno da professionista vinci una tappa al Giro e vesti per un giorno la maglia rosa, vinci il Giro del Lussemburgo, la Cronostaffetta del Ghisallo (con Dancelli e Schutz), e tanti piazzamenti: un esordio che faceva presagire una grande carriera… poi?
R. Nel 1970, dopo aver vinto il Giro di Romagna, disputai un ottimo giro di Romandia e poi il Tour; tornai in Italia e durante un allenamento, fui vittima di una brutta caduta e rimasi in coma per dieci giorni… e iniziò il mio calvario… Nel '71 passai alla Scic e vinsi una tappa a cronometro al Giro d’Italia, la Desenzano-Serniga di Salò, ma non ero più lo stesso… Dopo varie peripezie, visite specialistiche e cure varie, decisi di farmi operare ai tendini; in quegli anni mi sottoposi a ben quattro interventi… due a Mantova, uno a Roma e l’ultimo a Vienna, dove mi dissero che non avrei più fatto il corridore… e qualche malalingua diceva che non avevo voglia di faticare! Nel 1978, a poco più di 31 anni, abbandonai il ciclismo.
D. Con Eddy Merckx ottieni un terzo posto nel Trofeo Baracchi: sei uno dei pochi corridori che può dire di aver perso una cronocoppie… per colpa di Eddy Merckx…
R. [Sorride Davide, poi…] Sì… al Gran Premio delle Nazioni di Parigi ero arrivato secondo e così decisero di farmi fare il Baracchi in coppia con Eddy; io ero un ragazzino ed ero felicissimo di far coppia con lui! Eddy purtroppo era reduce da un periodo personale molto critico e non era al meglio della forma…Pensa che, ancora oggi, quando ci vediamo, mi ricorda sempre quell’episodio, quasi volesse scusarsi… L’ho sempre pensato… grandi campioni, grandi uomini…
D. Due volte campione italiano, nel '69 e nel '73, nell’inseguimento in pista… A livello di Nazionale non ti sono mancate le soddisfazioni…
R. Ho disputato quattro mondiali, due su strada e due in pista nell’inseguimento.
D. Sbaglio se dico che il livello tecnico del ciclismo dei giorni nostri è di gran lunga inferiore al ciclismo dei tempi tuoi?
R. No, non sbagli… in Italia ci sono meno campioni rispetto agli anni ’70 e ’80; in quel periodo c’erano tantissimi campioni in Italia ed all’estero. Oggi… guardiamo al Giro… ci sono Nibali, Wiggins, Evans... Sto parlando ovviamente di corridori che possono vincere una grande corsa a tappe… E poi ? In Italia si sta soffrendo di più rispetto ad altri Paesi…
D. Nel 1979, dopo essere sceso dalla bicicletta, sali sull’ammiraglia dell’Inoxpran e da lì inizia una straordinaria carriera di Direttore Sportivo; hai guidato campioni come Visentini che vince un Giro d’Italia, Battaglin che vince Vuelta e Giro d’Italia, Roche che vince un Giro d’Italia e un Tour… poi Chiappucci, Guido Bontempi… Pantani… Tra i tantissimi trionfi, quale ti ha dato l’emozione più grande?
R. Prima mi piace ricordare la persona che mi ha dato l’opportunità di fare il “diesse”… Angelo Prandelli, dell’Inoxpran, che mi chiese di andare a correre per la sua squadra, e quando gli dissi che ero intenzionato a smettere, mi rispose di andare con l’Inoxpran a fare il Direttore Sportivo… Il primo corridore che misi sotto contratto fu Luciano Bracchi di Paderno, il secondo fu il gussaghese Guido Bontempi… Ho avuto la fortuna di trovare titolari come Prandelli dell’Inoxpran e Tacchella della Carrera, che mi hanno sempre lasciato lavorare con tranquillità, senza pressioni particolari; ho sempre avuto carta bianca nel fare squadre e programmi… Ed i risultati sono arrivati! Per rispondere alla tua domanda… Premesso che le vittorie sono sempre belle… credo che il Giro d’Italia vinto con Giovanni Battaglin sia quello che mi ha dato un’emozione straordinaria. Eravamo una squadretta di dodici corridori molto giovani… in meno di cinquanta giorni vincemmo la Vuelta a España e il Giro d’Italia! Una doppia impresa fantastica…
D. Davide, come si gestisce una rivalità come quella tra Roberto Visentini e Stephen Roche?
R. Beh, questa rivalità è stata soprattutto una montatura dei giornali… Roberto in quel Giro andava forte, ma non è vero che Roche gli abbia fatto perdere il Giro… Roberto purtroppo ha avuto un calo, un paio di giorni di difficoltà… e i giornali si sono sbizzarriti.
D. E la rivalità tra Claudio Chiappucci e Marco Pantani?
R. Ho fatto la cosa più semplice di questo mondo… li ho messi in camera insieme… Erano due grandi campioni che correvano con la stessa maglia…sarebbe stato un errore dividerli… La camera in comune rafforza l’amicizia, invita alla solidarietà… nasce un legame paragonabile all’amicizia che nasce tra i commilitoni… Tenere separati due campioni così diversi, avrebbe creato solo rivalità…
D. Quasi trent’anni da Direttore Sportivo: come e cosa è cambiato nel ciclismo in questi anni?
R. E’ cambiato… è cambiato in peggio…Allora si aveva un contatto diretto con i corridori, nella preparazione, nelle gare… si gestiva la squadra in toto; negli ultimi anni sono arrivati i preparatori atletici… i diesse ora gestiscono i corridori nelle tattiche di gara, nell’organizzazione logistica… Ora la preparazione nel ciclismo pare più un videogioco!
D. Due considerazioni sul doping: la prima è che c’è una disparità di trattamento tra il ciclismo e gli altri sport, la seconda è che il problema-doping è irrisolvibile a causa dei grandi affari che ci stanno dietro. Cosa ne pensi?
R. Sulla prima, ti dico che c’era l’impressione di un accanimento contro il ciclismo, ma è altrettanto vero che all’inizio di Giro e Tour beccavano sempre qualcuno… poi abbiamo visto com’è andata a finire… Non mi sentirei di parlare di accanimento… però credo che adesso sia opportuno il controllo anche negli altri sport. L’ho detto anche recentemente ai vertici federali internazionali: chi è positivo, chiunque esso sia, va radiato! Senza se e senza ma. Diversamente non se ne esce…
Per la seconda considerazione dico che,
comunque, bisogna insistere nella lotta
contro il doping.
D. Hai sempre mostrato grande interesse, e seguito in prima persona,
il ciclismo giovanile: cosa dire ai
bambini ed ai ragazzi che si avviano alla pratica sportiva?
R. Prima di tutto, due parole ai genitori:
è necessario lasciare i figli liberi di scegliere lo sport che preferiscono! Poi…
vorrei dire che il ciclismo non è così
brutto come lo dipingono. Sappiano i
genitori che non è l’allenatore o il Direttore Sportivo che fa diventare campioni
i loro figli ma… è come li hanno fatti loro…e non è necessario, né possibile, che
diventino tutti campioni… La cosa veramente importante è che i ragazzi facciano uno sport, quello che preferiscono,
ma lo facciano seriamente… Lo sport ti
aiuta veramente a crescere, ad imparare
disciplina, rispetto delle persone, e regole del vivere comune; questo sì è davvero importante!
Qui si chiude l’intervista ufficiale,
ma la chiacchierata continua tra ricordi, considerazioni, aneddoti, racconti di…ciclismo vissuto.
Con la carriera che ha fatto, da corridore e da diesse, di cose da chiedere, ne avrei in quantità industriale… e si parla di Guidone nostro,
di Visentini, di Roche, di Battaglin,
di Chiappucci e naturalmente…di
Marco Pantani…
Grazie Davide, grazie davvero per
avermi fatto ripercorrere un periodo di grande ciclismo, un ciclismo
veramente appassionante… come
la passione e la cortesia che hai manifestato in questa piacevolissima
chiacchierata.
Palmarès
1969:
- Tappa al Giro d’Italia
- Giro del Lussemburgo
Cronostaffetta del Ghisallo
- Campione italiano inseguimento in pista
1970:
- Giro di Romagna
1971:
Tappa al Giro d’Italia
1972:
Trofeo Matteotti
Gran Premio Montelupo
1973:
Campione italiano inseguimento in pista
Da Direttore Sportivo:
3 Giri d’Italia (Visentini, Battaglin, Roche)
una Vuelta (Battaglin)
un Tour
de France (Roche)
e un’infinita di altre vittorie di grande prestigio…
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