SOCHI 2014 (E FIFA 2018) COME BERLINO 1936
di SIMONE BASSO
Sport e cultura - 25 marzo 2022
Prologo (premessa). Pezzo scritto per un quotidiano svizzero, inviato il 5 febbraio 2014.
“Sordid details following..”
“Venerdì – con la solita Cerimonia in mondovisione – cominciano i Giochi Olimpici.
Vorremmo raccontarvi solo lo sport, e lo faremo, siamo però obbligati a un prologo cacofonico sul senso politico di Sochi 2014.
Perché – non credendo alle favole e nemmeno al Barone Pierre de Coubertin – i Cinque Cerchi sono sempre un termometro (formidabile) delle dinamiche del potere.
E una Olimpiade della neve organizzata sul Mar Nero, nella più famosa località estiva russa (..), è un bel manifesto.
Precisiamo che è il risultato di un CIO conquistato dai nuovi padroni, il cui neopresidente, il tedesco Thomas Bach, è una sorta di vescovo officiante: arabi, su tutti lo sceicco Ahmed Al-Sabah, e russi.
O meglio Putiniani di ogni grado e genere che Gazprom, il Cavallo di Troia che ha consentito l’operazione, ha piazzato nei posti chiave.
In fondo, il colosso energetico sponsorizza pure la Champions League pallonara e vanta a libro paga il bel mondo (Franz Beckenbauer e Gerhard Schroeder vi bastano?).
Così spieghiamo l’accoppiata con l’altro blockbuster Prendi I Soldi E Scappa, ovvero il Mondiale 2018 di calcio.
La lista di nomi è emblematica: Vitaly Mutko, Putiniano di ferro, è nel Comitato Esecutivo FIFA. Nel CIO ci sono Aleksandr Zhukov, membro di “Russia Unita”, Aleksandr Popov, campionissimo del nuoto, Vitaly Smirnov (che è là dai tempi di Leonid Breznev..) e Shmail Tarpischev.
Soggetto curioso, ex allenatore di tennis del boiardo Boris Eltsin, coinvolto nella sparizione creativa di qualche miliardo di dollari dal fondo dello sport nazionale.
Tutto è Gazprom a Sochi, con l’oligarca Alisher Usmanov a svettare: presidente della Scherma, oltre che direttore generale dell’investholding d’azienda.
Che ha costruito le piste di sci e di biathlon, nonché l’albergo de luxe Grand Hotel Krasnaja Poljana. Ed è Arkady Rotenberg, lo zar dei tubi d’acciaio, uno dei mammasantissima dell’evento.
Fornitore privilegiato degli oleodotti attraverso il Gruppo SGM, burattinaio SportAccord (l’organizzazione ombrello che eclisserà il CIO?), almeno fino a ottobre scorso disponeva di ventuno (sic) contratti diversi per le sue società a Sochi.
Le cifre, incontrollabili quanto le voci, sono impressionanti.
Si sussurra, nel caso di Rotenberg, di tre miliardi di dollari di profitto. Meraviglie dello Yawara-Neva, il circolo esclusivo di judo concepito, dai Rotenberg (il fratello Boris è pure lui ricchissimo..) e da Putin, come un luogo di buone relazioni e di strategie politiche e industriali. Arkady, dopo aver acquisito la banca SMP, è diventato presidente della Dynamo Mosca hockeistica, un vanto e un onore se si considera la tradizione della squadra, il club di riferimento del KGB durante il comunismo.
L’affare olimpico, complessivamente, costa 51 miliardi; cioè ben undici in più rispetto a Pechino 2008 (un’edizione estiva!). Per Vancouver 2010 i canadesi spesero 42 miliardi in meno. I nove impiegati per collegare il Villaggio Olimpico alle montagne sono diventati una barzelletta pop.
L’ex scacchista Garry Kasparov, oggi uno dei pochi oppositori al dominio gazputiniano, ha dichiarato che non sarebbe costato così tanto foderare le stesse strade di caviale e oro.. I 45 milioni drenati dai cessi del Villaggio sono un culto, anche per gli atleti appena arrivati nel Krasnodar.
Poverini, ridono per non piangere dei dodici livelli di controllo, necessari per sventare le minacce di attentati terroristici. O delle polemiche sugli ideali (?) omofobi di Edinaja Rossija, oppure lo sterminio programmato dei cani randagi della zona. A lato dei muscoli esibiti dal duo Medvedev-Putin, ci sarebbero pure le due settimane di gare.” ..
L’articolo, destinato a un piccolo (e agile, svelto) giornale elvetico, si inabissò, sparì, per la prima e ultima volta in quella collaborazione. Con la matematica non si sbaglia mai e, dopo aver fatto uno più uno, qualche tempo dopo, capimmo che l’ospitata domenicale con un’altra testata ticinese (più grande) fu decisiva. C’era il Cattonazi Tre Lettere da quelle parti, allora.
Alcune considerazioni (pesanti), dalla A alla Z.
1.
Nel 2018, per comprendere quanto soffi il buran nel Bel Paese, il governo gialloverde (il gremlin di morisi e l’avvocato del popolo), filorusso come non ci fosse un domani, mise il Cattonazi Tre Lettere a presiedere (presidiare) la RAI. Un lobbista suprematista, devoto di Russia Today e Aleksandr Dugin (l’Ivan Il’in di oggi), implacabile nel diffondere fattoidi virali. Dal Pizzagate alle cene sataniche della Clinton, no-vaxista e omofobo.
2.
La disinformatia sputnik, una gigantesca macchina da guerra ibrida, dal 2014 (anno chiave) è la numero uno. Non ci si sta più dietro: se internet la inventarono (per) i militari americani, per manipolare i soldatini del video game (noi, voi) nessuno meglio di una genia che produce grandi giocatori di scacchi. Il territorio si invade prima nell’immaginario inventato, modificato, avvelenando la percezione della realtà, poi col resto dell’offerta: denaro, visibilità, corruzione, ricatto, kompramat, violenza.
3.
Italia terra di facili scorribande: le più sicure in Europa occidentale, essendo (sottopelle) il fascismo ancora l’autobiografia della nazione: “servitù volontaria”, aggiungeva il più geniale intellettuale italiano del Novecento. Nel 2020 – nel bel mezzo della pandemia virale – la scena-madre: una sfilata propagandistica (pagata dal governo tricolore) dell’esercito russo da Roma a Bergamo. Per celebrare l’ologramma tridimensionale di un aiuto fittizio, scenografico: 326.000 mascherine e seicento ventilatori polmonari dalla qualità grottesca (si incendiavano...). Due mesi di delegazione, in odore di GRU (servizio informativo delle forze armate russe), in giro per lo Stivale.
4.
Partiti (due), politici, giornalisti, fondazioni, think tank.
Il reflexive control, l’ultima spiaggia dell’apofenia, è l’antimateria del metodo democratico: autosabotaggio strategico e finanziario, come l’abiura italiana al pacchetto (ancora avanzatissimo nel 2012) delle energie rinnovabili e la dipendenza (oliata a petrorubli) verso il gas russo. Le battaglie strumentali contro il TAP nell’Adriatico, che costerebbe un decimo rispetto a quello degli oligarchi, le inchieste giornalistiche sull’eolico e il fotovoltaico eccetera.
5.
Parafrasando uno bravissimo, Karl Kraus, lo sport è ciò che il mondo diventerà. Russia 2018 fu della stessa sostanza di Sochi 2014: il grimaldello, Jack Warner, ai tempi vicepresidente FIFA e boss CONCACAF, ricevette (almeno) 5 milioni di dollari da venti trasferimenti bancari – dal novembre 2010 all’aprile 2011 – dalla Republic Bank di Trinidad & Tobago. E giù a pioggia per i pesciolini meno grandi: per esempio, il milione nelle tasche di Rafael Salguero, membro del Guatemala.
6.
L’elefante Gazprom nella stanza dello sport (soprattutto il calcio). Un’entità industriale sovranazionale che non vende un prodotto (ai consumatori), bensì una truffa geopolitica: l’appartenenza della Russia – comandata da una cosca di teste di cuoio FSB, oligarchi e trafficanti – all’Europa che vogliono distruggere. Piazza un ricatto in mondovisione.
7.
Nel 2012, Boris Berezovsky intentò causa a Roman Abramovich in quel di Londra. L’ex re delle privatizzazioni selvagge eltsiane contro il suo delfino, per noi (occidentali) soprattutto il presidente del Chelsea. Vinse la guerra, a carte bollate, il boss dei Blues, con una sentenza (di una corte britannica) che “pareva scritta da Putin stesso”. Berezovsky raccontò della krysha (protezione criminale) stipulata da Abramovich, le dinamiche barbare nel cerchio magico putiniano, (para) militari e oligarchi, il lobbying, la cleptocrazia di Stato.
Berezovsky – rovinato economicamente e isolato dal mondo (che conta) – si suiciderà (...) l’anno successivo. Tempo dopo emerse che il figliastro di Elisabeth Gloster, il giudice di quel tribunale, venne pagato mezzo milione di sterline da Abramovich per seguire il prologo del caso.
8.
Nel 2018, l’avvelenamento col gas nervino dell’ex spia GRU Sergei Skripal, a Salisbury, un atto terroristico russo nel Regno Unito. Nemmeno quello, due anni dopo lo scacco matto sputnik della Brexit, riuscì a svegliare politica e opinione pubblica sul pericolo di quell’invasione di denaro (sporchissimo). Settecento visti di miliardari russi in Inghilterra, il Chelsea formidabile macchinario (egotico) di sportswashing. Una montagna di soldi, di successi, di avvocati strapagati, di coperture, di prime pagine nei tabloid: Premier League o Premiershit.
9.
L’Abramovich (il mediatore con l’aplomb occidentale e il passaporto israeliano) che festeggiava la Champions League ’21 a Porto, con Thiago Silva e Jorginho, è lo stesso dei contratti per Russia 2018 e dei suoi accessi privilegiati con Putin.
L’acciaio delle sue aziende è quello dei carri armati – con la scritta Z in evidenza – che stanno distruggendo l’Ucraina e ammazzando migliaia di persone. Il progetto era evidente da tempo: Sochi 2014 è stata come Berlino 1936.
Chiudere gli occhi, rifiutarsi di riconoscere la banalità del male, addirittura blandirla, significa abbandonarsi a un’altra notte buia in Europa. La terza in poco più di un secolo.
SIMONE BASSO
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