Il talento di Mr. Richards - Micah da tutti (2007)


A soli diciotto anni il difensore del Manchester City è già nazionale. Chelsea e Manchester United se lo contendono. Base d’asta: 15 milioni di sterline. Lui non ha paura di nessuno, neanche di Didier Drogba

di CHRISTIAN GIORDANO ©
Guerin Sportivo © n. 13, 27 marzo – 2 aprile 2007

Recupero di Premiership. Il 14 marzo 2007, al City of Manchester Stadium è di scena il Chelsea. Un ragazzino dei locali Citizens gioca da veterano, ma nel primo tempo si lascia scappare Kalou e lo stende. Rigore, trasformato da Lampard. Finirà 0-1, anche perché il pivellino, nella ripresa, evita il raddoppio scalando a salvare la propria porta, sguarnita. In quella prestazione, chiusa con l’ammonizione per un chiarimento con un totem quale Didier Drogba (anch’egli punito col giallo), c’è molto se non tutto della promettente recluta. Al di là del bene (fisico, corsa, tecnica e carattere) e del male (inesperienza, eccessiva esuberanza).

Micah Lincoln Richards è nato il 24 giugno a Birmingham, dove i genitori si trovavano in visita a parenti. Cresce però a Leeds (i suoi sono di St Kitts & Nives ma abitano nell’area di Chapeltown), dove frequenta la Archbishop Cranmer CofE Primary School. 

Lì lo nota David Moore, allenatore di calcio della scuola, che lo convoca nella selezione dell’istituto quando Micah ha sette anni, ben prima che il prospetto entri nei Leeds City Boys. Le medie le fa alla Wetherby High, fuori Leeds, e a 12 anni firma i cosiddetti “schoolboy terms” con l’Oldham Athletic. 

Nel frattempo affina le proprie doti con parecchie ore di allenamento extra alla Brasilian Soccer School di Leeds anche dopo essere passato, nel 2001 e previa congruo indennizzo, al Manchester City. Young Player of the Year 2005-06 del club e capitano della formazione giovanile battuta in finale di FA Youth Cup dal Liverpool (sconfitto 2-0 al ritorno, ma vittorioso 3-0 all’andata, con Micah via con la prima squadra), in meno di un anno Richards è passato dalla maglia numero 45 a quella col 2. 

Un passaggio simbolico da pressoché sconosciuto nazionale giovanile inglese (Under 16, poi U19 e tre presenze con la U21) a quello di stellina della Premier League. E in un ruolo, terzino destro, che gli esperti giudicano il meno adatto al suo precoce talento. 

«All’inizio, da difensore, non fece benissimo – racconta Jim Cassell, direttore della Academy, il settore giovanile, dei Blues – La mia prima impressione fu che fosse un buon atleta, ma un po’ goffo, sgraziato e molto a disagio col pallone tra i piedi». Sensazioni condivise da Angus Martin, uno degli allenatori alla BSS. «Sul piano tecnico, non era miglia avanti al resto del gruppo – dice Martin – Ma fisicamente era forte e aveva grande personalità. Suo padre, Lincoln, era sempre con lui e gli ha trasmesso solidi princìpi e disciplina. Micah non si lamentava mai quando gli chiedevi di fare qualcosa. La sua abnegazione era straordinaria». «Una volta entrato a far parte del nostro programma divenne subito chiaro che Micah, già competitivo di suo, sarebbe stato un buon giocatore – continua Cassell – Il suo livello di intensità agonistica era superbo, lo stacco eccezionale e vedeva la porta. Potenzialmente, doti da centrocampista a tutto campo».

Debutta invece in prima squadra subentrando come terzino destro contro l’Arsenal. È il 22 ottobre 2005. Il 12 febbraio 2006, nel 3-2 al Charlton Athletic in campionato, è all’esordio da titolare. L’11 novembre, complice l’infortunio del titolare Gary Neville, McClaren lo schiera dall’inizio nell’amichevole di Amsterdam contro l’Olanda. È il settimo più giovane esordiente nella storia dell’Inghilterra, il primo tra i difensori (18 anni e 144 giorni, primato strappato a Rio Ferdinand del Man U). Il ragazzino, con alle spalle appena 28 presenze da professionista, monta la guardia a Robben. Il nostro non fa una piega e i Maestri buttano via la vittoria a 4’ dalla fine, quando van der Vaart replica al gol segnato al 37’ da Rooney. 

«Micah ha avuto un eccellente debutto, ha fornito una prestazione matura e ha un grande potenziale per il futuro», ha detto il Ct, che nell’incontro successivo (0-1 contro la Spagna all’Old Trafford di Manchester) lo ha fatto entrare al 65’. Se quel potenziale resterà tale è un dibattito aperto. Ma tutto lascia pensare che si chiuderà presto, e in positivo, anche se non si sa ancora in che fetta di campo.

Stuart Pearce lo ha avanzato a centrocampo, e perfino in attacco, quando i Citizens sono stati bersagliati dagli infortuni. «La sua posizione naturale potrebbe essere al centro della difesa – spiega Cassell – Tanti giovani arrivano in prima squadra come esterni, ma Micah è ottimo nella marcatura a uomo ed eccellente nel gioco aereo». 

Nonostante la statura non proprio da centrale (1,80 x 83 kg), il suo limite, quindi, non è il cielo. E nemmeno la presunzione. Casomai è la scarsa propensione a tenere la lingua a posto e saldi i nervi. Autore del gol (al 94’) che valse il replay con l’Aston Villa in FA Cup, il ragazzo, intervistato in diretta da Garth Crooks della BBC One, usò in diretta la poco oxfordiana espressione «fuckin’ hell» e poi continuò come niente fosse, costringendo poi l’ex campione Gary Lineker, allora opinionista, a scusarlo col pubblico televisivo «per l’inesperienza di un ragazzo così giovane».

Forse è la presenza della tv a dargli alla testa, visto che in diretta Sky Sports, nella sconfitta per 1-0 dell’11 settembre al Madjeski Stadium di Reading, ha mandato a quel paese il proprio allenatore, Stuart Pearce, reo d’averlo sostituito. In panchina, dopo averlo visto gettare la maglia, è dovuto intervenire il compagno Paul Dickov a calmarlo. Piccolezze. «Micah è ancora in contatto con la BSS ed è rimasto il bravo ragazzo di prima», giura Martin. E Cassell gli fa eco: «Pearce gli ricorda in continuazione di tenere i piedi per terra. E ogni volta che ci parliamo, Micah mi sembra quello di sempre».

Solo che ora vale minimo 15 milioni di sterline. Chelsea e Man U se lo contendono. Il Man City, che il 25 luglio lo ha vincolato fino al 2010 dopo aver rifiutato i 5 offerti dal Tottenham Hotspur, vorrebbe farne la pietra angolare di un futuro che però non arriverà.

CHRISTIAN GIORDANO ©
Guerin Sportivo © n. 13, 27 marzo – 2 aprile 2007

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