OPERAZIONE MIRACOLO


La crescita del Marocco: nati all’estero e accademia

La Federazione ha investito 63 milioni nel centro tecnico nazionale e ha reclutato i figli della diaspora: ora sono 14 nella rosa di Regragui

di Filippo Maria Ricci
La Gazzetta dello Sport - Domenica 11 dicembre 2022

Per noi è una sorpresa. Enorme. Però i segnali che potevano far pensare all’exploit marocchino in questo Mondiale erano svariati. Sono anni che a Rabat, sede della federcalcio presieduta dal brillante Fouzi Lekjaa, si lavora molto bene, e negli ultimi 20 mesi il Marocco ha vinto tanto, quasi tutto.

Biennio d’oro 

Partiamo dalla Chan del 2021, in Camerun, in finale contro il Mali. La Chan è la Coppa d’Africa riservata a giocatori tesserati per club del Paese, competizione che misura dunque il serbatoio di talento di cui dispone una nazionale africana, al netto dei suoi expat in giro per il mondo. Nel 2022 il Marocco nella Coppa d’Africa vera ha perso nei quarti con l’Egitto ai supplementari, ma poi ha conquistato l’accesso al Mondiale per la sesta volta superando il Congo di Héctor Cuper. E anche le donne si sono qualificate per il Mondiale del 2023, una storica prima volta. E lo scorso settembre il Renaissance Berkane e il Wydad Casablanca si sono giocate la Supercoppa africana, tra la vincitrice della Confederations Cup e la Champions League africana. Si è imposta la squadra di Berkane, che aveva vinto la Confederations anche nel 2020 mentre nel 2021 il titolo era andato al Raja di Casablanca. Tre anni di dominio marocchino nella seconda competizione per club continentale. Ma il grande colpo l’aveva fatto il Wydad. Che guidato da Walid Regragui il 30 maggio scorso ha superato 2-0 in finale il Real Madrid africano, l’Al Ahly del Cairo nella finale di Champions. 

Ieri nella partita col Portogallo Regragui falcidiato dagli infortuni ha fatto giocare tre dei ragazzi che sono saliti sul tetto d’Africa con il suo Wydad: il terzino sinistro Attiat-Allah, ricambio di Mazraoui, il centrale Dari (quest’estate passato al Brest), chiamato a sostituire il capitano Saiss infortunato, e Jabrane, entrato nel finale per Boufal. Il Wydad aveva vinto la Champions nel 2017 e perso la finale due anni dopo.

Gran lavoro 

Questa panoramica fotografa alla perfezione la crescita e la solidità del progetto calcistico marocchino. Che guidato da Lekjaa, in carica dal 2014, in grande sintonia “calcistica” ed economica con il re Mohammed VI e nel 2022 nominato Ministro del Budget nel governo marocchino, ha usato al meglio i tanti soldi che la Fifa manda alle federazioni di tutto il mondo e che in Africa purtroppo tendono endemicamente a finire in poche e sbagliatissime tasche. Se l’Africa in generale è in colpevole e irrimediabile ritardo, in Marocco corrono invece da anni. Guardando sempre all’Europa, più che all’Africa, è stata riorganizzata la struttura del campionato locale con il conseguente miglioramento della qualità. È stato sviluppato il calcio di base, sono stati offerti mezzi adeguati per la crescita degli allenatori di casa e, infine, nel 2019 è stata aperta a Salé, non lontano da Rabat, un’accademia per le giovanili della nazionale ispirata alla Clairefontaine francese costata 63 milioni di euro. Un investimento importante soprattutto in chiave futura.

Talento di ritorno 

E poi, da tempo è stata lanciata un’operazione importante di reclutamento di talenti figli della diaspora. Tra i 26 giocatori convocati dal Marocco in Qatar ci sono ben 14 ragazzi nati all’estero: Bounou in Canada, Amrabat, Aboukhlal, Ziyech e Mazraoui in Olanda, Chair, Amallah, El Khannous e Zaroury in Belgio, Cheddira in Italia, Hakimi e Munir in Spagna, Boufal e Saiss in Francia. Il sampdoriano Sabiri è invece emigrato in Germania con la famiglia quando aveva 3 anni, e ha giocato con l’Under 21 tedesca. Così come ha fatto Zaroury con quella del Belgio (ed El Khannous nelle giovanili). Ziyech, Amrabat e Aboukhlal hanno a loro volta presenze nelle Under dell’Olanda, mentre Hakimi è stato a lungo corteggiato dalla Spagna. Invece, alla fine sono stati “riconquistati” dal Marocco.

Esempio Regragui 

Lo stesso allenatore Walid Regragui è nato nella grande periferia parigina, ma ha sempre avuto il Marocco nel cuore. Ex nazionale, ha iniziato in panchina facendo il secondo del c.t. Taoussi, poi ha allenato il Fus di Rabat, è andato in Qatar a vincere il campionato ed è tornato a casa portando il Wydad sul tetto continentale e, ora, i Leoni dell’Atlante alla semifinale Mondiale. L’Africa fa storia con un allenatore locale, attaccatissimo al Paese dei suoi genitori come tanti dei suoi ragazzi. Ed è una storia fino a questo momento bellissima.

Commenti

Post popolari in questo blog

Dalla periferia del continente al Grand Continent

Chi sono Augusto e Giorgio Perfetti, i fratelli nella Top 10 dei più ricchi d’Italia?

I 100 cattivi del calcio