DETROIT (MICHIGAN)


di AA. VV. 
DIZIONARIO NBA 2021

Se a Cleveland si consolano nella propria miseria pensando che, tutto sommato, sull’altra sponda del lago Erie si sta peggio, in quella che una volta era conosciuta come Motor City ci si aggrappa al ricordo delle tante cadute e delle altrettante rinascite. 

Per molti versi, la storia di Detroit potrebbe essere considerata come paradigma di quella dell’intera nazione. 

Autentica capitale mondiale dell’industria automobilistica nella prima metà del ventesimo secolo, meta di immigrazione proveniente soprattutto dagli stati del sud, Detroit ha vissuto i decenni successivi sulle montagne russe dei cicli economici. 

La delocalizzazione dell’industria pesante ha messo in ginocchio la città a fine anni sessanta e poi, in modo ancora più grave, nel 2013, quando l’aggregato urbano più importante dello stato del Michigan è stata la prima città di grandi dimensioni a dichiarare la bancarotta. 

L’opera di ricostruzione del tessuto cittadino, in buona parte finanziata e controllata da imprese private, è tuttora in corso e disegna un destino incerto. 

Detroit, oggi come oggi, è un esperimento futuristico che prevede la gestione privata di servizi essenziali come il coordinamento delle forze dell’ordine o l’erogazione dell’energia elettrica e acqua. 

La città, d’altronde, era e rimane un cantiere aperto in cui mettere alla prova la convivenza tra le varie etnie, con le rivolte del 1967 come culmine massimo di conflittualità, e quella tra capitalismo e progresso, connubio messo a dura prova dai fortissimi squilibri economici tra le fasce di popolazione. 

E proprio l’atmosfera di continua incertezza, sempre in bilico tra ripresa e rovina, ha generato un contesto artistico cittadino con pochi pari nel paese. Soprattutto per quanto riguarda la scena musicale, Detroit può vantare un curriculum che rivaleggia con le solite New York e Los Angeles, prime della classe per antonomasia. 

Dalla leggendaria Motown, etichetta fondata a fine anni cinquanta da Barry Gordon Jr. e rampa di lancio per gente come Stevie Wonder, Marvin Gaye e i Jackson 5, passando per il proto-punk di MC5 e Stooges a cavallo tra anni sessanta e settanta fino a Eminem e The White Stripes, campioni d’incassi degli anni zero, e alla florida scena techno che da almeno due decenni è tra le più importanti a livello mondiale. 

Playground di riferimento: Palmer Park, asfalto-murales pazzesco e parte dei 60 campi rifatti dai Pistons. 

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