𝗭𝗥𝗜𝗡𝗝𝗦𝗞𝗜 𝗠𝗢𝗦𝗧𝗔𝗥, 𝗟'𝗔𝗡𝗜𝗠𝗔 𝗖𝗥𝗢𝗔𝗧𝗔 𝗖𝗛𝗘 𝗦𝗣𝗜𝗡𝗚𝗘 𝗟𝗔 𝗕𝗢𝗦𝗡𝗜𝗔 𝗩𝗘𝗥𝗦𝗢 𝗟'𝗘𝗨𝗥𝗢𝗣𝗔



di Lorenza Suriano
Sottoporta - Il Calcio Internazionale, 24 agosto 2023

Per la prima volta nella sua storia anche la Bosnia-Erzegovina avrà una squadra nelle fasi finali di una competizione UEFA.

Si tratta dello Zrinjski Mostar, che contro il LASK Linz si gioca l’accesso all’Europa League dopo aver eliminato gli islandesi del Breidablik.

Un traguardo che segue la rocambolesca e sfortunata sconfitta ai playoff di Conference dello scorso anno, contro il più blasonato Slovan Bratislava ai calci di rigore.

Aria pura per la federazione bosniaca che negli ultimi anni è stata spesso in difficoltà.

La nazionale, dopo il mondiale brasiliano del 2014, è andata incontro a una serie di spedizioni fallimentari corollate da svariati cambiamenti alla guida tecnica e tentativi di reclutamento non andati in porto.

La Bosnia inoltre, a livello di coefficiente UEFA, si trova soltanto al 41esimo posto, immediatamente dietro Irlanda del Nord e Isole Far Oer.

Il paradosso, in tutto ciò, è che lo Zrinjski Mostar è una società di fortissima identità croata.

Il club fu fondato nel 1905 da un gruppo di studenti croati per gran parte appartenenti all’alta borghesia cittadina.

La denominazione di Zrinjski deriva dall’antica famiglia nobile croata Zrinski.
Nikola Zrinski, bano della Croazia nel XVI secolo, in particolare è considerato un eroe nazionale in Croazia e Ungheria, poiché difese l’Impero Asburgico dagli Ottomani di Solimano il Magnifico.

La denominazione attuale, Hrvatski športski klub Zrinjski Mostar indica espressamente l’appartenenza croata.

Durante la Seconda Guerra Mondiale, lo Zrinjski partecipò al campionato dello Stato Indipendente di Croazia, Stato-fantoccio di Italia e Germania fondato nel 1941 e controllato dagli Ustascia.

Stabilitasi la Jugoslavia di Tito, il comportamento dello Zrinjski fu visto come favoreggiamento alla propaganda croata, e questo portò al ban da tutte le competizioni federali.

I Plemici tornarono all’azione nel 1992, e nel 2000 si unirono alla nuova Premijer Liga bosniaca.

I primi anni furono deludenti. Questo spinse la società a cercare nuovi sponsor e accrescere gli investimenti, nel tentativo di portare lo Zrinjski ai vertici del calcio bosniaco.

Tentativo riuscito, visto che nel 2004/2005, anno del centenario, è arrivato il primo titolo, poi bissato nel 2008/2009.

Sono gli ultimi dieci anni però ad aver contrassegnato il cambio di marcia.

Dal 2013/2014 la squadra erzegovina ha trionfato per ben sei volte, tra cui le ultime dur consecutive edizioni. L’annata appena conclusa ha inoltre visto lo Zrinjski Mostar vincere per la prima volta sia il campionato che la coppa nazionale contro i rivali cittadini, il Velež.

Il derby sulle rive del Narenta è uno dei più significativi della regione balcanica, con implicazioni politiche, etniche e religiose.

Mostar è infatti quasi perfettamente divisa a metà tra bosgnacchi e croati, in leggera maggioranza.
Si tratta di due dei tre principali gruppi etnici in Bosnia-Erzegovina.

Nella seconda metà del novecento il Velež si è affermato come squadra della città ed è diventato il club bosniaco di maggiore successo nel calcio jugoslavo, raggiungendo persino i quarti di Coppa UEFA.

In seguito alla nascita di stati e campionati nazionali, con annessa restaurazione dello Zrinjski, la suddivisione etnica è diventata un aspetto preponderante.

Il Velež Mostar, il cui simbolismo rimanda alla defunta Jugoslavia (basti pensare alla stella rossa nello stemma), è diventato la squadra dei bosgnacchi, i bosniaci musulmani, mentre lo Zrinjski Mostar è tornato ad essere il simbolo della rappresentanza croato-cattolica.

I Rođeni (“nativi”) dovettero persino abbandonare il loro vecchio stadio poiché nella parte ovest della città, quella croata: così il Bijeli Brijeg è diventato il nuovo impianto casalingo dei Plemići.

Per raggiungere lo Stadion Bilino Polje Zenica, teatro designato per la finale di coppa dell'anno scorso, le due tifoserie in partenza da Mostar hanno dovuto seguire due diversi percorsi per evitare scontri. Durante l’esecuzione dell’inno nazionale prima della gara, i tifosi dello Zrinjski hanno rivolto la schiena verso il terreno di gioco rifiutandosi di cantare.

L’identità croata dello Zrinjski è visibile anche nelle scelte di campo.
Spesso il club si è affidato a tecnici croati (o comunque di etnia croata), come l’attuale Krunoslav Rendulic. Discorso che vale ancora di più per i calciatori. Nell’attuale rosa dello Zrinjski figurano 18 giocatori croati o con doppio passaporto.

Una politica che la società persegue da tempo, e che gli ha permesso di poter godere in passato delle giocate di un giovanissimo Luka Modrić.

Tre dei quattro giocatori andati in gol contro il Breidablik sono croati: Matija Malekinusic, Antonio Ivancic e il giramondo Tomislav Kis. 
Sono croati i due acquisti più importanti di questa sessione di mercato, tra l’altro vecchie conoscenze del calcio italiano, Filip Bradaric e Dario Canadjija. 
Croato è anche il maggiore talento della squadra, il fantasista Mario Cuze, cresciuto nel settore giovanile della Dinamo Zagabria e match-winner del derby di coppa.

L’eccezione è Nemanja Bilbija, centravanti vecchie maniere che può contare il record di miglior marcatore nella storia dello Zrinjski e della Premijer Liga, oltre che degli ultimi tre titoli di capocannoniere.

In Bosnia sperano che l’impresa dello Zrinjski dia una spinta all’intero movimento e temono che invece possa creare un gap ancora maggiore con il resto del campionato.

A capo della società ci si barcamena nel tentativo di mantenere l’equilibrio tra l’affiliazione ad una federazione e gli spiriti ribollenti nella tifoseria. L’unica certezza che rimane, e che è giusto riconoscere, è quindi la bontà delle scelte tecniche che hanno portato a questo punto. 

Lorenza Suriano

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