Visentini: che idiozia pensare che un ricco non sappia soffrire!
Il giovane campione a Gabriella Savelli
da “A tu per tu” di Bicisport n. 12, dicembre 1979
Caro Roberto,
sono una ragazza di un paio di anni più giovane di te e credo che le nostre storie siano più o meno uguali, con la differenza che la tua è pubblico dominio mentre la mia si ferma ai confini del paese. Lo sfondo è lo stesso: una figlia di papà che, finite le scuole, non si cerca il posto di lavoro perché tanto ha il papà che la mantiene, ama la vita comoda ed altre belle cose (ma la gente come fa ad essere così cattiva?) ma con un'unica grande passione: il ciclismo. Poi è arrivato il posto di lavoro che mi ha costretto a seguire il Giro d'Italia solo sui giornali ed appunto leggendo un articolo pubblicato sulla "Gazzetta dello Sport" sono rimasta quasi di sasso e mi sono messa a riflettere. L'articolo era intitolato "il giovin signore con la caduta è diventato uomo" ed io penso che non c'è bisogno di cadute perché un "signore" diventi uomo: un "signore" può essere benissimo un uomo anche se è un tipo taciturno, anche se ha la luna di traverso, anche se si alza da tavola senza mangiare e se poi ha il compagno di camera che non lo sopporta perché è benestante., allora è meglio che cambi stanza. O nella tua squadra sei segnato a vista perché benestante e tutti ti evitano? E poi, che barba con la storia che stai bene; non sei stanco anche tu di sentirla? Non c'è nessun giornalista che non abbia cominciato una intervista chiedendoti: "Ma chi te lo fa fare di correre in bicicletta?". Non credi che sia ora di darci un taglio? Pensi forse che quando smetterai di fare del ciclismo e penserai ad un'altra professione nessuno ti rinfaccerà di essere benestante? Oramai questa storia ti si è appiccicata addosso e non te la toglie più nessuno. Sperando di non averti annoiato, ti chiedo scusa se ciò fosse successo, ti saluto e ti auguro un ottimo 1980. Ciao.
Gabriella Savelli, Gazzada (VA)
Non avrei praticamente niente da aggiungere alla tua lettera molto comprensiva. Hai già detto tutto. Purtroppo anche nel ciclismo sono difficili da abbattere certe convinzioni che diventano come tabù. Il principale è quello che, chi è ricco o anche soltanto benestante, non sappia soffrire. Se ho intrapreso questa carriera sapevo benissimo quel che mi ha aspettava. Eppure tutti mi sono addosso se faccio una volata in moto, o magari anche soltanto se uso la moto per comodità e subisco un piccolo tamponamento. Certo, non corro per mangiare come altri: anche per questo se nel 1980 non avrò "sfondato" lascerò perdere. Il 1979 è stato piuttosto disgraziato ma la colpa non è né del mio carattere né delle comodità della mia vita, ma soltanto della sfortuna. Sono lieto di aver trovato una ragazza che è in sintonia. Grazie e ciao.
Roberto Visentini
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