Visentini rispondi: lo sai che i corridori ti considerano un pallone gonfiato?


Processo ad un campione che in due anni di professionismo ha vinto solo una piccola corsa e per giunta senza Saronni e Moser al via

Dicono che ti manca la saggezza e che non sai soffrire perché sei nato ricco e perché ti piace troppo il mondo. Anche i tecnici storcono la bocca... 
«Per ora dico solo che non sono stato aiutato, che sono stato costretto a correre male, che ho i mezzi per battermi alla pari con Moser e Saronni nelle corse a tappe. Ho venduto le due moto, venderò anche la Ferrari. Ho dato dimostrazioni di classe più d'una volta. Non si inventa un 6'04" nell'inseguimento e non si fanno certe scalate e certe crono se non si ha birra in corpo. Ne riparleremo».

di BEPPE CONTI
Bicisport n. 12, dicembre 1979

Roberto Visentini, chi sei? Attorno al ragazzo che veste alla moda, dai tratti signorili, dall'agiatezza evidente in ogni suo gesto, la disputa continua. C'è chi lo definisce oggetto misterioso, chi scommette su di un talento naturale, chi punta il dito indice contro la tempia ad indicar che è vuoto dentro, chi scuote la testa sorridendo amaro e chi infine addita a responsabili i giornalisti: lo abbiamo montato troppo, al di là dei meriti acquisiti in bicicletta.

Roberto Visentini in due anni da professionista ha vinto soltanto una frazione a cronometro della cronostaffetta, nel '78 a Morrovalle in una giornata d'agosto calda e vuota, senza Moser, Saronni ed altri big. Eppure di lui si è scritto davvero parecchio, ne parla la gente ciclofila, ne discutono i tecnici, ne parlano i corridori stessi.

Roberto Visentini è corridore atipico del quale forse non è superfluo ricordare le origini per descrivere il personaggio. Suo padre conduce un'avviata impresa di pompe funebri. Famiglia agiata. Roberto cresce ragazzo vincente, bello, coi soldi, le ragazzine che fanno la ronda attorno, il desiderio di primeggiare sempre. Sceglie la bici perché è nato e vive in una zona ciclisticamente fertile, il Bresciano, Salò, il lago di Garda. Ma pur pedalando, alza spesso la testa per aggiornarsi sul mondo contemporaneo. Veste jeans alla moda, scarpe a punta, viaggia in Ferrari, gli piacciono le moto di grossa cilindrata, ama lo sci e le discese folli sulla neve, ama il successo e se stesso.

Da ragazzino conquista un titolo mondiale juniores, il segno che la bici non è venuta per caso. Ma alla sua seconda stagione da professionista fallisce clamorosamente tutto. Attorno a lui Italo Zilioli aveva creato la CBM Fast-Gaggia, che addirittura chiude i battenti dopo una disastrosa annata. Tante corse, neppure un successo. Perché, Visentini?

«Perché come rendimento il mio è stato metà della metà di quello che doveva essere. Si fa in fretta a spiegarne i motivi: innanzi tutto non sono andato molto d'accordo con i miei patron. Prima del Giro d'Italia c'era bisogno di un rodaggio in qualche corsa importante. Invece niente... mentre Saronni correva in Romandia, trovando la forma per la maglia rosa, io ero a casa che mi allenavo. A fin Giro nonostante tutto andavo forte, lo dimostra il risultato dell''ultima cronometro, all'Arena. Al Giro di Svizzera avrei trovato l'ideale terreno per un riscatto. Ma la squadra non ci è voluta andare. E al campionato italiano ovviamente rendevano di più coloro che arrivavano da una gara a tappe».

- Hai avuto problemi anche con Zilioli?

«No, con lui tutto bene. I compagni mi aiutavano, ma non troppo. Nel finale di stagione poi ognuno faceva la propria corsa. Una cosa logica: pensavano già a trovare una sistemazione per l'anno prossimo. E dire che sono quasi sempre stato bene. Soltanto che mi sentivo senza morale, deconcentrato. E dire che ho fatto più sacrifici quest'anno che non l'anno scorso...».

Ecco, i sacrifici. La storia delle moto, della Ferrari, delle ragazzine, di una vita che tende a sconvolgere le abitudini e le regole del gioco alle quali i ciclisti devono sottostare. Appena ne accenniamo Visentini alza la voce:

«Ci sono troppi ficcanaso in giro. Troppa gente che non si fa gli affari suoi, che rompe quel che dico io. Le moto le ho vendute tutte e due, la Ferrari è una macchina come un'altra. Non so cosa ci sia di strano a viaggiare con quella. Ma venderò anche quella, comprerò una Ritmo, così vedrò se qualcuno avrà ancora qualcosa da dire».

- Questa gente chi sarebbe? Ricevi insulti, improperi quando passi staccato in vetta ad una salita?

«No, ci mancherebbe solo quello. Allora freno, scendo di bici e meno ci mi ha insultato. Solo che spesso mi chiedono perché corro, chi me lo fa fare... Ma è il mio mestiere, lo faccio perché mi appassiona».

- Ricordo che al passaggio tra i professionisti dicesti: un paio d'anni e pi se non sfondo smetto e mi metto a fare il maestro di sci. I due anni sono passati, in pratica non hai mai vinto una grossa corsa...

«Sì, ma mi sono reso conto di avere dei grossi numeri. Per questo continuo. Moser e Saronni quando sono a posto mi battono soltanto in volata. In salita e a cronometro so far meglio di tutti gli altri. Appena troverò l'ambiente giusto vedrete cosa sarò in grado di combinare».

- Allora ti ritieni un campione?

«Prima d'essere tale bisogna vincere le corse. Me ne rendo conto. Però non si fa 6'04" sui cinque chilometri la prima volta che vai in pista, se non hai dei numeri. E non si ottiene quel che ho ottenuto io in salita e a cronometro in certe corse se non si è forti. E poi teniamo conto che rispetto a Moser e Saronni io non ho otto o dieci persone al mio servizio... Io devo arrangiarmi da solo».

- Dicono anche che ti arrangi piuttosto bene con le ragazze.

«Col sesso è una questione di testa. Di amiche ne ho tante, lo ammetto ma so cosa devo fare, so come deve comportarsi un ciclista. A loro mi dedico solo quando l'attività è sospesa...».

- Insomma, qual è il tuo difetto?

«L'unico è quello di esser fermo in volata. Altri non ne vedo. La grinta non mi manca di certo. So soltanto io la fatica che ho fatto all'ultimo Giro d'Italia per mancanza di preparazione... E dirò di più. A Moser e Saronni invidio soltanto quello, la volata. In una corsa a tappe in chiave futura proprio non mi fanno paura. Né l'uno né l'altro».

Ecco, lui ha spiegato chi è Roberto Visentini. Ma gli altri che dicono? Chi sei Roberto Visentini?

Saronni tra i colleghi è il più spietato. In Visentini non ha mai creduto. Hanno la stessa età, Roberto batteva Beppe da dilettante in salita. Adesso Beppe senza acredine espone il suo pensiero.

«Voi giornalisti lo avete sempre sopravvalutato. E non solo voi. Contrattempi nel corso di una stagione ne hanno tutti. Ma ditemi cosa ha combinato Visentini di concreto in due anni, sul piano dei risultati. A quanto mi risulta non ha mai vinto. E allora? E' inutile cercar altre spiegazioni. Ha dei limiti. Non so se di carattere, di fisico, ma ha dei limiti. Mi pare evidente, mi pare superfluo star qui ancora a discuterne. O allora parliamo di altri dieci o venti giovani come lui che promettevano e che poi non hanno mantenuto le promesse. Perché sempre e soltanto Visentini? Perché viaggia in Ferrari?».

Nessuno che prenda le sue difese tra color che son neutrali? Sì, c'è Boifava. Lo voleva all'Inoxpran un anno fa, ci fu addirittura la grana della doppia firma. Si andò davanti all'avvocato dell'UCIP, Visentini rimase con Zilioli per dar vita ad una nuova squadra ma adesso Boifava non lo ha più voluto. Perché?

«Perché lui non è più venuto. Si sente sacrificato con Battaglin. Soprattutto con questo Battaglin. Ma vedrete che Visentini verrà fuori perché ha dei grossi numeri. Purtroppo ha dei limiti di carattere. Non lo cambi più ormai. E' troppo impulsivo, sempre nervoso, inquieto. Un atleta dovrebbe star più calmo. Ma va a cronometro, va in salita, se alla San Giacomo trova l'ambiente giusto vedrete cosa farà. Perché io abito vicino a lui, lo conosco bene, escludo che non faccia l'atleta. Va in giro in Ferrari ma al pomeriggio e non alla sera. E si allena, si cura».

Ferretti, il tecnico che ha scoperto e plasmato Contini fa quasi l'ironico nel parlare di colui che doveva esplodere ma non è esploso.

«Tre sono i motivi alla base del fallimento di Visentini. Il primo chiama in causa la stampa. Forse avete esagerato a parlar bene di lui, perché mancava un uomo nuovo nel ciclismo attuale. Il secondo motivo sono le sue disgrazie. Il terzo, beh... quella caduta in moto forse è stato il segno che non sempre sa fare il corridore...».

Chi è, non si sa ancora, però l'età non è un mistero: ventitré anni nella prossima annata agonistica. Come si fa a non credere più in un ventitreenne animato da tanti buoni propositi? Come si fa a condannarlo definitivamente?
Beppe Conti

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