Se Kelly riemerge c’è Roche che va giù


La Parigi-Nizza segnala il curioso destino dei due irlandesi. Due anni fa era fermo Roche e l’altro andava come il vento. L’anno scorso in grande difficoltà Kelly e incredibilmente forte Stephen. E quest’anno? La corsa a tappe francese ha scandito una nuova realtà… 

di René Martin 
BS n. 4, aprile 1988 

Roche cercava disperatamente di convincere i suoi interlocutori che la sua fuga dall’albergo della sua squadra verso casa non nascondeva nulla di drammatico. Non si capiva se era più preoccupato di sminuire l’entità del fatto dinanzi agli occhi dei giornalisti o a se stesso. 

Il campione del mondo ha trascorso un brutto inverno ed alla ripresa dell’attività si è fatto cogliere impreparato. In troppe polemiche si è trovato coinvolto. La sua immagine ne ha certamente risentito e lui ne è consapevole. Quei suoi occhi azzurri, quel suo saper parlare trova ora spettatori meno ingenui, anche se il suo modo di interpretare il mestiere in molte occasioni è stato sublime. 

Aveva bisogno di un ritorno in bicicletta prorompente per cancellare tutto. Per far dimenticare che a gennaio era già pronto a rinnegare i contratti con la Fagor perché il titolare dell’azienda, a fronte del suo enorme impegno economico, voleva che la sua squadra avesse un occhio di riguardo per il calendario spagnolo. Per far dimenticare che Philippe Crépel, il manager che lo aveva portato via dalla Carrera, era rimasto disoccupato dopo aver messo in piedi la Fagor stessa. Per spezzare subito una catena di liti che rischia di diventare troppo lunga: Peugeot, Carrera, Fagor. Insomma, aveva bisogno di ritornare ad esprimersi al meglio nell’attività che più soddisfazioni gli aveva dato: il corridore. Ma per la seconda volta (la prima era accaduta in Spagna, alla Vuelta Valenciana), Roche aveva dovuto arrendersi. Aveva partecipato alla cronometro a squadre alla vigilia della Parigi-Nizza, poi tornato in albergo, aveva fatto una doccia ed era fuggito a casa. 

“Non sono fuggito – afferma l’irlandese – ho parlato con Valcke. Non avevo nient’altro da dire, a nessuno. Era una decisione inevitabile”. 

- L’operazione al ginocchio che lei ha subito, ha provocato molte illazioni. Di cosa si è trattato con esattezza? 

“Di una semplice fibrosi al ginocchio sinistro. Sono stato operato il 20 novembre a Épinay-sur-Seine dal professor [dottor Jean-Baptiste] Courroy”. 

- Ma se si trattava di una cosa così semplice, perché questi problemi? 

“La convalescenza mi ha costretto a tardare l’inizio della preparazione. Quando sono tornato in bicicletta, avevo voglia di fare bene e subito: ho forzato i tempi. La cicatrice ha faticato a rimarginarsi a causa del movimento su e giù del ginocchio. I problemi sono stati la conseguenza della mia voglia di fare: appena avevo la sensazione di stare un po’ meglio, via in bicicletta a lavorare. Ma un lavoro duro non favorisce di certo la guarigione completa”. 

- Le interruzioni sono dovute allora… 

“…alla necessità di pazientare un po’”. 

Ma sono in molti a storcere il naso dinanzi a queste spiegazioni. Ci si domanda se Roche dice tutta la verità o se cerca invece di proteggere se stesso alla ricerca di un rendimento più dignitoso. Già nel 1986 ha sofferto per tutta la stagione senza riuscire praticamente a concludere nulla. 

“Non accetto il confronto con l’operazione del 1985. Non avevo nemmeno la certezza di poter continuare questo mestiere. Avevo seri motivi di preoccupazione. Ora invece non è in discussione la possibilità che io possa continuare il mio lavoro”. 

Quella maglia iridata che tanto lo ha fatto gioire, giace in un cassetto inutilizzata. Gli è stata consegnata tardi. In Spagna, alla Vuelta Valenciana, avrebbe dovuto correre con una maglia provvisoria. La sua bella maglia l’ha inaugurata a Parigi nella crono-squadre, ma neanche il tempo di gioirne che dal ginocchio arrivavano brutti segnali. “Non un dolore forte, irresistibile. Un fastidio crescente che ti impedisce di lavorare bene. Facessi qualsiasi altro lavoro, nemmeno me ne accorgerei. Spingendo sui pedali, è un’altra cosa”. 

Così è sfumata la Parigi-Nizza e la Milano-Sanremo. Rimane da vedere la scelta tra Vuelta e Giro. Proprio questo è stato uno degli argomenti che avevano provocato la rottura con Mondragon, presidente della Fagor, e gli altri dirigenti della grande azienda spagnola che sponsorizza la squadra. Ora, anche questo grave motivo di attrito sembra essere passato in secondo piano. 

“Per ora, mi ha detto Mondragon, si preoccupi solo di guarire”. Ed in effetti Stephen non pensa ad altro, anche se in un momento di sconforto ha ammesso che ormai è già tardi per pensare di poter fare grandi cose alla Vuelta e forse è tardi anche per il Giro. “Spero di tornare alla condizione migliore per il Tour de France: sarà quello il mio obiettivo principale”. 

Ma già qui tornano a galla i più diffidenti: ma se è solo un problema di allenamento, possibile che ci voglia tanto tempo per essere competitivo? 

Da tutta la vicenda comunque potrebbe essere proprio Torriani, patron del Giro d’Italia, a trarre vantaggi. Infatti più lunghi si rivelano i tempi di recupero dell’irlandese, più è difficile che egli possa partecipare alla Vuelta che comincia un mese prima del Giro. Bisognerà aspettare per vedere cosa succede. È certo per ora che tutto quanto ha ricevuto nel 1987 sembra un ricordo lontano, una piccola parentesi in una carriera fatta di sofferenze e di problemi. Proprio a Nizza Kelly ha trovato di nuovo il sorriso dei tempi andati. Il suo 1987 aveva deluso tutti, lui per primo. Un po’ di sfortuna, una condizione che in molte circostanze non si era rivelata brillante come in passato, gli avevano impedito di emergere sui traguardi a lui più congeniali. 

Kelly paga oggi – sosteneva Moser – il suo modo scriteriato di correre. Ha sempre corso troppo, logorando un motore che con il passare degli anni ha tempi di recupero sempre più lunghi. Per tornare a vincere le corse importanti, deve mettersi in testa di restare a casa qualche volta, di correre per onore di firma qualche altra, di giocare forte sulle date che più gli interessano. Se lui affronta ogni gara come una Parigi-Roubaix, vincerà sempre di meno…”. 

Evidentemente il rosso irlandese ha capito la lezione e nella cronoscalata finale, seppure insidiato da vicino da corridori di nome ed in gran condizione come Pensec, Pascal Simon e Fignon, ha offerto una prestazione spettacolare tornando alla vittoria. 

È questo il periodo della stagione a lui più congeniale. 

Le corse in linea della prima parte della stagione lo hanno sempre visto protagonista e quest’anno vuole arricchire il suo bottino. 

“La corsa che più desidero vincere è il Giro delle Fiandre perché è l’unica che manca al mio palmarès del blocco di gare belghe, ma non vi nascondo che sarei pronto a rinunciare per una Roubaix che è la corsa che più di tutte mi affascina”. 

Non nasconde il suo dispiacere per le disavventure del suo connazionale, ma nell’augurargli una pronta guarigione, Sean avanza la speranza che la ruota della fortuna sia favorevole a lui quest’anno, soprattutto per i grandi appuntamenti in linea. Insomma, a dispetto di quanti hanno visto rivalità tra i due, Kelly e Roche sembrano decisi a rimanere a galla insieme alternandosi sullo scalino più alto. 

René Martin

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