HOOPS PORTRAITS - Operazione Yao Ming: progettato in laboratorio


di CHRISTIAN GIORDANO ©
la Repubblica © - ed. nazionale, 21 ottobre 2005

«Il Dragone che fa Yao». Dovesse uscirne l'edizione italiana, il titolo potrebbe essere questo. Solo che le fusa di quel gattone di 2,24 per 138 chili di talento e marketing, non sarebbero rassicuranti. Anzi. 

Il solo pensiero che la teoria sia concepibile, prima ancora che fattibile, fa rabbrividire: Yao Ming, centro cinese degli Houston Rockets della NBA, sarebbe stato progettato in laboratorio. Non in senso strettamente genetico, ma programmato a tavolino: facendo accoppiare i futuri genitori, ritenuti "adatti" in seguito a un complicato e ovviamente segretissimo processo di selezione "naturale" per talento, struttura fisica e atteggiamento mentale. Una specie di Frankenstein del parquet. 

È l'arditissima e inquietante tesi sostenuta in Operation Yao Ming: The Chinese Sports Empire, American Big Business, and the Making of an NBA Superstar, libro-choc (diffidare dalle pubblicazioni propagandate per tali prima ancora che escano) scritto per la newyorkese Gotham Books dal giornalista americano Brook Larmer, in uscita negli USA a novembre. 

L'autore, ex corrispondente di Newsweek a Buenos Aires, Miami, Hong Kong e a Shanghai, dove vive, è al primo libro e ha scelto come tema il bersaglio grosso. In tutti i sensi. 

Gli scenari già aperti e quelli che potrebbero aprirsi sono inquietanti. Perché si andrebbe oltre i già allarmanti confini del doping scientifico importato da tecnici e istruttori in fuga in Cina dopo il crollo dei Paesi ex comunisti. 

Gente che produce in serie nuotatrici baffute e ginnaste eterne bambine senza forme. Qui siamo al Gattaca dello sport, e lo scenario - per quanto fanta-giornalistico più che fantascientifico possa sembrare - merita riflessioni. Anche perché la Cina corre. Tanto, forse troppo. 

I lavori per la consegna degli impianti per Pechino 2008 sono in anticipo sui tempi contrattuali, però cominciano a circolare troppe voci sul tributo in vite umane richiesto dalla improrogabile e milionaria scadenza olimpica. 

Inoltre, nel calderone vanno messi gli espropri attuati dal regime in nome di appalti iper-corrotti e assegnati da anni; la sospensione imposta dalla FIFA alla Federcalcio di Taiwan per le ingerenze su dirigenti corrotti compiute da dirigenti cinesi. 

Niente scandalismi, ma occhi e orecchie bene aperti, dunque. Con una duplice avvertenza. Attenzione al "razzismo" bidirezionale. 

Da una parte, quello del mondo occidentale che finge di non sapere che in Cina esistono zone, come la Manciuria, ed etnie la cui popolazione può arrivare a stature elevatissime. Ed è quello strisciante ma non meno insidioso, di avvistare demoni anche dove non ci sono. 

Dall'altra, l'eccesso opposto, che punta il dito sulla classica operazione commerciale su scala globale, che fa del 25enne cinese il centro del mondo dello sports-biz per il dopo-Jordan. 

L'importante, come recita un antico proverbio cinese, è «non guardare il cielo dal fondo del pozzo». Se ne vedrebbe solo un pezzetto.

CHRISTIAN GIORDANO ©
la Repubblica - ed. nazionale, 21 ottobre 2005

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