FOOTBALL PORTRAITS - Gabriel Heinze, El Gringo vincente (2012)


di CHRISTIAN GIORDANO ©
Guerin Sportivo ©

Boccoli d’oro e sguardo tenebroso da sciupafemmine, ma è tutt’altro che tenero l’arcangelo Gabriel Iván Heinze (pronuncia “einse”). 

El Gringo, lo “straniero” o il “biondo” nello slang argentino, è un duro che sa solo vincere. Lo ha fatto in Inghilterra (Man Utd), in Spagna (Real Madrid) e due volte in Francia (PSG e OM). E con l’Argentina: oro olimpico ad Atene 2004, e tre finali perse, 2 di Copa America (Perù 2004 e Venezuela 2007) e una di Confederations Cup (Germania 2005). 

Sarà dura riuscirci con questa Roma, ma la sfida è affascinante. Per tutti. Svincolato dal Marsiglia, ha firmato per un anno a gettone: 600mila euro più bonus legati alle presenze. A quota 25, rinnovo automatico fino al 2013. 

Parte come terzo centrale difensivo dietro l’amicone e compagno di nazionale Nicolas Burdisso, decisivo nella trattativa, e Juan (operato all’anca), ma il ds Walter Sabatini è convinto, a ragione, che l’argentino di Crespo (19-4-1978) giocherà tanto. E bene, magari come vice del più offensivo José Ángel da terzino sinistro: ruolo per cui allo United si scontrò con Alex Ferguson, che infatti prese Patrice Evra. 

Padre tedesco e madre italiana, Heinze è il tipico prodotto da esportazione del calcio argentino. 

Inizia nel Newell’s Old Boys di Rosario e dopo sole 8 presenze, a 18 anni è già in Spagna, al Valladolid, che senza farlo giocare lo presta allo Sporting Lisbona: 5 presenze e un gol e il ritorno, per due anni, nella Liga. 

Lo chiama il Paris Saint-Germain, oltre 100 gare in tre stagioni e la Coppa di Francia 2004. Poi il Man U per 6,9 milioni di sterline, con tanto di debutto con gol (nel 2-2 col Bolton) e troppi infortuni, con la stagione 2005-06 saltata quasi del tutto prima per il crac al crociato a settembre contro il Villarreal in Champions League e poi con il KO di aprile nella squadra riserve. 

Lascia i Red Devils con la Coppa di Lega 2006 e la Premier League 2007, chiusa da capitano nelle ultime due giornate (con Chelsea e West Ham) e per 12 milioni di euro vola al Real Madrid con cui vincerà subito la Liga e la Supercopa. Dopo David Beckham e Ruud van Nistelrooy è il terzo ex Man United in merengue. Non è ancora lo squadrone dei Galácticos 2.0, ma in difesa Heinze affianca un veterano come Fabio Cannavaro e future star come Sergio Ramos. 

Con la rielezione di Florentino Pérez alla presidenza, nel 2009, torna in Francia col biennale propostogli dal Marsiglia, e conquista campionato e coppa, togliendosi anche lo sfizio di due reti in Champions: al Milan e allo Zurigo. 

Per lui non una novità, tenuto conto del ruolo e delle caratteristiche: fortissimo di testa nonostante la stazza (1,78 x 72), in carriera ha segnato 27 gol in 420 partite di club e 3 in 71 con la nazionale. 

Nella Selección ha debuttato il 30 aprile 2003, 3-1 in amichevole alla Libia. Nonostante la stagione persa per infortunio, José Pekerman lo ha portato al Mondiale di Germania 2006 ma senza farlo giocare. Titolare nella Copa América 2007, apre il 3-0 in semifinale contro il Messico con un colpo di testa su punizione di Juan Román Riquelme. Ma in finale la favorita Argentina sarà travolta 3-0 dal Brasile del miglior Adriano visto in verdeoro. 

Uno dei fedelissimi del Ct Diego Armando Maradona per la durezza del tackle pari solo alla feroce determinazione, segna di testa all’esordio a Sudafrica 2010: 1-0 alla Nigeria su corner di Juan Sebastián Verón nella partita delle 8-occasioni-8 sciupate da Messi. 

Idolo dei tifosi all’Old Trafford come al Vélodrome, dove gli intonavano cori a ogni pallone strappato agli avversari, alla Roma ha preso il 5 che fu di Falcão. Arrivato indietro di condizione per la Copa América, ha faticato parecchio nel test contro il Valencia. Ma già dalla presentazione ha ammaliato tutti. Poliglotta (parla spagnolo, francese e inglese), carismatico, gran professionista, ha tutto per diventare il Leonardo capitolino, e presto un idolo anche della Curva Sud. 

Gli manca forse la squadra per fare ciò che ha sempre fatto in carriera: vincere. Ma se la giovane Roma di Erik Lamela, Bojan Krkic (e Luis Enrique) era in cerca di una chioccia per imparare come si fa, non poteva scegliere meglio. 
CHRISTIAN GIORDANO ©
Guerin Sportivo ©, agosto 2011

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