HOOPS MEMORIES - Bernard King, Re per una notte
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27 aprile 1984, Joe Louis Arena, Detroit (Michigan)
Playoff NBA, Eastern Division, primo turno, gara-5
Detroit Pistons-New York Knicks 123-127 (OT)
di CHRISTIAN GIORDANO, Black Jesus
Il capitano dei Knicks 1983-84 è Bernard King, 27enne di Brooklyn che il giorno dell’investitura piangeva dalla commozione.
Prima ancora che newyorchese, l’ex leggenda dei playground della City era un Knick «dentro» e coach Hubie Brown ne aveva fatto il perno dell’attacco: l’illimitato bagaglio di finte, di movimenti, specie lo spin move (la rotazione su se stesso), e l’incredibile velocità di rilascio nel tiro, costituivano un potenziale offensivo devastante. Secondo Marv Albert, storico telecronista dei bianco-blu-arancio, «l’arma più pericolosa e spettacolare nella storia dei Knicks».
Quell’anno New York raggiunge tranquillamente i playoff ed è allora che King, ala di 1.,99 per 93 kg scarsi, si erge a protagonista assoluto.
Contro Detroit stabilisce un nuovo record NBA segnando 23 punti consecutivi; poi, a 42,6 di media nella serie, costringe i favoriti Pistons alla quinta e decisiva partita. «Showdown in Motown», titolano i giornali: la resa dei conti nella Città dei motori. In inglese però fa rima.
Ora: che alla Joe Louis Arena, davanti a 21.208 invasati, avrebbe fatto «caldo», non ci voleva un meteorologo per intuirlo; ma che la colonnina di mercurio si sarebbe fermata sui 48º C, chi poteva immaginarselo? Come non bastasse, per Brown diluviava sul bagnato: capitan King, il suo uomo più rappresentativo e pericoloso, aveva due dita slogate e l’influenza. Peggio di così…
Con le dita medie fasciate, il ginocchio sinistro cronicamente malconcio e il fisico così debilitato dalla febbre da fargli rinunciare al riscaldamento, per lo stoico King e i suoi Knicks sembrava finita. Ma il Re non era pronto ad abdicare poiché, per dirla con le parole del suo coach, «solo i grandi riescono a concentrarsi sul gioco e a neutralizzare il dolore». E King, grande, lo era per davvero.
Dall’altra parte Chuck Daly, per limitarlo, le prova tutte: sostituzioni, raddoppi, cambi di marcatura, trappole difensive. Niente. Quel King - per parafrasare il mitico trainer Mickey della saga Rocky - continuava ad attaccare come un maledetto: sul 106-98 Knicks, a 1’33” dalla sirena, il suo score dice 34 (alla fine saranno 44, più 12 rimbalzi).
Per New York, adesso, sembra fatta. A quel punto però un altro grande decide che è giunto il momento di scrivere la storia. Isiah Thomas, la bandiera dei Pistons, mette in scena uno dei più straordinari spettacoli mai visti su un parquet NBA: e in quegli ultimi 93” realizza 16-punti-16 consecutivi. Oooveeertime!
La svolta, all’inizio del supplementare. Su un’errata conclusione centrale di Louis Orr, con sette-otto uomini in area a presidiare il canestro Bernard, sbucato dal nulla, prende l’ascensore e schiaccia a due mani. I Knicks riacciuffano partita e serie. Grazie a King. Re per una notte.
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