Shaqiri, un «Braccio di Ferro» che fa scherzi a tutti, ma non alla mamma
Xherdan è un jolly in ogni senso: fa il simpatico e gioca in tutti i ruoli d’attacco. Fisico da culturista, ha l’obbligo di chiamare casa a fine partita: «Per dire che sto bene»
di Pierfrancesco Archetti, La Gazzetta dello Sport
L’Inter ha deciso di ridere, forse per dimenticare definitivamente le tensioni mazzarriane. Se Lukas Podolski è un burlone, ora ne è arrivato un altro che mette il sale nell’acqua dei compagni, e se certi italoargentini potrebbero covar vendetta, nessun problema: Xherdan Shaqiri era abituato alle reazioni di Mario Mandzukic, sua vittima, croato di scorza dura e permalosa. Baby Popeye, per i lineamenti fisici da Braccio di Ferro, può seppellirti con una risata come con un dribbling, ha le qualità primitive da ala, un Thomas Haessler ma adeguato ai tempi, quindi velocissimo, coperto di muscoli e capace di uscire dal binario esterno. Rientra, tiene la palla bassa, vede la porta, ha un sinistro calibrato, riguardare le tre reti all’Honduras in Brasile, e un destro da non buttare. Il problema è che nel Bayern era riserva di Franck Ribéry in tutto: in campo, nel ruolo di ideatore di scherzi e di lanciatore di calzini. «Non vi farò annoiare», era il suo motto. Ma ha preferito andarsene anche perché non è entrato in sintonia con l’era «guardiolana». Jellato, perché troppe volte KO quando lo erano anche il francese, Arjen Robben e pure Mario Götze, un altro che lo ha sorpassato; contrariato per lo scarso utilizzo, nonostante 52 presenze di Bundesliga, 11 gol e 10 assist in due stagioni e mezza; e anche sospettato di nostalgia verso Jupp Heynckes, con cui ha sussurrato di sentire più fiducia.
IL PASSO
Anche se per gli svizzeri questi sono due passi indietro in carriera, come ha scritto ieri Blick, per l’Inter è una scelta di speranzosa controtendenza. Il livello tecnico-economico del nostro movimento non permette acquisti di prima scelta, ma un conto è essere un maturo scarto di altri campionati, messo in disparte per deficit fisici, un altro essere una riserva ventitreenne di uno dei migliori club del mondo: panchinaro perché ci sono altri più forti, non per consunzione o sazietà. Shaqiri ha assaggiato finora il successo (13 titoli fra Bayern e Basilea), la ribalta internazionale (due Mondiali, 26 gare in Champions dai gironi, 42 in nazionale), la scalata sociale poiché è arrivato dal Kosovo, ha lavorato anche come commesso nell’abbigliamento, non è cresciuto negli agi svizzeri. Mente aperta, bouquet tattico vario: può coprire i tre ruoli dietro al centravanti nel 4-2-3-1, ma pure sa muoversi da seconda punta, Pep lo ha messo anche falso nove, oppure è sceso fino a laterale difensivo. Per abituarsi all’Italia, ha segnato due dei suoi tre gol nelle vera Champions alla Roma. Inoltre i grandi confronti non lo impauriscono: quando il Bayern passò da Basilea, settembre 2010, chiesero a Schweinsteiger chi conoscesse dei rivali: «L’allenatore e quel ragazzo che ha segnato all’Inghilterra». Era Shaq, al primo centro in nazionale; era quello poi arrivato a Monaco con i nomi di fratelli e sorella sulle scarpe; quello che ha sventolato le bandiere della Svizzera e del Kosovo accanto alla Champions appena vinta a Wembley; quello che ha aggiunto anche il simbolo dell’Albania quando l’ha incontrata con la nazionale svizzera. E ha firmato un appello a Blatter per dare una rappresentativa alla sua terra d’origine.
LE DIMENSIONI
Se si infortuna sono guai, perché i polpacci misurano 44 cm e la conferenza delle cosce arriva a 60, ma lui racconta di non bivaccare in sala pesi, «altrimenti non mi muoverei più, già a guardare gli attrezzi cresco». Il «Nano magico», dai 169 cm, ha raccontato di aver l’obbligo di telefonare a sua madre quando finisce le partite «per dire che sto bene e farla dormire», ha un reddito che accontenta tutta la famiglia e il padre non ha più ansie da disoccupato. «Cerco di dare quanto mi hanno dato»: soprattutto avergli risparmiato il conflitto balcanico. La riconoscenza gli suggerisce anche visite frequenti all’Augst, il suo primo club, lasciato a 10 anni per il Basilea con il quale è passato da raccattapalle a idolo. Nel festeggiare un titolo dal balcone del municipio, Shaqiri accese un bengala e gli arrivò una multa dalle autorità svizzere. A Milano, dovesse piovere un trofeo, non correrà il rischio di sanzione. Almeno questo è un passo avanti.
Pierfrancesco Archetti, La Gazzetta dello Sport
L'IDENTIKIT di XHERDAN SHAQIRI
NATO IL 10 OTTOBRE 1991, A GJILAN (KOSOVO)
RUOLO TREQUARTISTA
ALTEZZA 169 CM PESO 72 KG
Xherdan Shaqiri è nato a Gjilan (Kosovo) e si è trasferito in Svizzera a un anno. Ha iniziato a giocare nel 1999, è passato al Basilea nel 2001, a 10 anni. Ha debuttato nel luglio 2009 nel campionato svizzero e nel marzo 2010 con la nazionale, amichevole contro l’Uruguay.
Altri soprannomi: Squalo e Messi delle Alpi
15 GOL IN NAZIONALE
Nel 2010, a meno di 19 anni, è stato convocato al Mondiale sudafricano, dove ha giocato 12’ con l’Honduras. A Brasile 2014 ha giocato 4 gare da titolare segnando una tripletta all’Honduras. In totale ha segnato 15 gol con la nazionale
LE SUE SQUADRE
BASILEA 2001-2012
BAYERN MONACO 2012-2015
INTER dal 2015
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